Gli artigiani tornano in città e stavolta sono digitali: i Fab Lab alla conquista dell’Italia
Manifattura hi-tech, FabLab, spazi di condivisione: sembra che la rinascita del nostro Paese stia passando per la strana commistione tra l’innovazione a base digitale e la tradizione del nostro saper-fare artigiano. Ma i Fab-Lab (fabrication laboratory) sono ancora poco conosciuti al grande pubblico. Per questo ce li siamo fatti spiegare in maniera semplice da Filippo Sessa, uno dei co-founder del Fab Lab Napoli.
24 Febbraio 2014
Francesca Battistoni
Manifattura hi-tech, FabLab, spazi di condivisione: sembra che la rinascita del nostro Paese stia passando per la strana commistione tra l’innovazione a base digitale e la tradizione del nostro saper-fare artigiano. Ma i Fab-Lab (fabrication laboratory) sono ancora poco conosciuti al grande pubblico. Per questo ce li siamo fatti spiegare in maniera semplice da Filippo Sessa, uno dei co-founder del Fab Lab Napoli.
Come spesso accade tutto è iniziato è iniziato negli Stati Uniti. Più precisamente al MIT di Boston, all’interno del quale, nel 2001, il Center for Bits and Atoms, ha organizzato un corso interdisciplinare che analizzava le interazioni tra informatica e fisica. Il titolo era “How to Make (almost) Anything”. Oggi in Italia si contano 43 Fab-Lab (fabrication laboratory) censiti recentemente da Wired in una mappa e recentemente è stata anche costituita la Fondazione Make in Italy Cdb onlus per rafforzare il movimento dei makers, per diffondere il valore della rete e della cultura digitale e per far crescere le palestre-laboratorio di fabbricazione digitale. Di fatto, sembra che la rivoluzione dei Fab-Lab anche nel nostro Paese sia un fenomeno da tenere d’occhio. Ma cosa sono e come funzionano i FabLab?
Filippo a te la parola…
I FabLab sono dei laboratori attrezzati con tecnologie di prototipazione rapida (le ormai famose stampanti 3D, ma non solo), animati da una community variegata di persone con diverse passioni, attitudini e competenze, che credono nell’approccio "learning by doing" e che desiderano dare forma alle proprie idee.
E voi siete uno di questi laboratori?
Noi siamo nati a marzo del 2013 presso HUB SPA. FabLab Napoli nasce dall’incontro tra me – che sono un ingegnere – e Antonio Grillo, designer industriale e dalla nostra esigenza di avere un posto dove creare nuovi prodotti, sperimentare con le tecnologie e i materiali e aggregare passioni, esperienze e competenze diverse. Il laboratorio è aperto per due giorni la settimana al pubblico e in quelle giornate oltre a noi ci sono mediamente due o tre "host", utenti senior che hanno maturato esperienza sulle macchine, che guidano i nuovi utenti in un utilizzo proficuo ed in sicurezza delle attrezzature.
Che tipi di attività svolgete?
Le attività sono divise principalmente in due tipologie: attività di laboratorio, dove si utilizzano le macchine e le tecnologie disponibili e attività formative, esplicate attraverso dei workshop. Come dicevo ci sono due giorni di apertura al pubblico in cui è possibile portare i propri progetti al fablab ed utilizzare le macchine, ricevere i consigli e la supervisione di utenti senior e della community. Poi ci sono dei workshop di 2 ore circa che organizziamo periodicamente su ognuna delle tecnologie che abbiamo al lab (Arduino, Stampante 3D. Fresatrice CNC, Plotter da Taglio) e dei workshop più strutturati, che durano due giorni circa, sulla prototipazione elettronica e sulla modellazione e stampa 3d. Inoltre organizziamo corsi di robotica per bambini, workshop di progettazione parametrica avanzata e corsi professionalizzanti per artigiani che vogliono avvalersi delle nuove tecnologie per aggiungere valore ai loro processi.
Una delle caratteristiche del modello è quindi la rete?
Certamente! Noi ad esempio siamo in rete con tutti i FabLab italiani con cui ci scambiamo contenuti, risorse e sviluppiamo sinergie. Il network è molto importante perché non ti fa sentire solo in questa scommessa e perché ti supporta nelle scelte.
Come vivete il rapporto con la città?
Il Fablab è un vero e proprio centro culturale dedicato alla fabbricazione (classica e digitale), alla sperimentazione ed alla creatività; e sebbene nasca tenendo presente le linee guida stabilite da Mit di Boston, si evolve sulla base della risposta delle communities locali, sia di privati cittadini che imprenditoriali. Il contesto urbano, quindi, è il contesto di riferimento per un fab lab ed è anche la base da cui partire per progettare.
Quale credete che sia il valore aggiunto per il territorio, specie nel nostro Mezzogiorno?
Il FabLab è l’anello mancante tra l’accademia, la ricerca e l’impresa, propone un nuovo modo di lavorare, più diretto e più orientato alla concretizzazione di un progetto in pochi passi, per poterne subito testare le risposte e raccogliere i primi feedback. Il FabLab è un posto dove nascono e si concretizzano delle idee, almeno nella loro forma di base, si creano delle competenze e si gemmano anche delle idee imprenditoriali. In una realtà come il Sud Italia, dunque, è molto importante aprire spazi di questo tipo perché diventano luoghi di aggregazione e soprattutto possibilità di auto-impiego e di crescita professionale.
Insomma i Fab lab si presentano come nuovi centri produttivi, centri di ricerca applicata, luoghi di mediazione tra imprese e innovatori, centri di aggregazione sociale, formazione ed autoimprenditorialità. E se dopo questa intervista con Filippo il concetto vi sembra un po’ fumoso è solo perché non ne avete mai visitato uno. Per chi volesse rimediare cogliamo l’occasione per segnalare due importanti eventi proprio a Napoli.
Uno si svolge proprio in questi giorni ed è “Innovazione e tecnologia: la due giorni al DiARC con il Mediterranean FabLab” evento dedicato all’innovazione e alle nuove opportunità professionali nell’epoca della terza rivoluzione industriale. Lunedì 24 e martedì 25 febbraio presso la facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.