Guerra aperta al degrado urbano: il caso Milano

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Ci sono gli ex cinema De Amicis, Splendor, Luce, Maestoso e Adriano, l’ex palazzo Inps di via Toffetti e l’ex Grand hotel Brun, senza contare diverse villette, nell’elenco delle aree ed edifici privati che versano in stato di abbandono stilato dal Comune di Milano e per cui l’amministrazione richiede l’immediato intervento da parte dei proprietari. Gli immobili, distribuiti in tutte le nove zone della città e dalle tipologie più varie, sono stati individuati grazie alla collaborazione delle associazioni di quartiere con l’obiettivo di portarle a nuova vita, nel rispetto del decoro urbano e dell’interesse generale.

21 Luglio 2014

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Eleonora Bove

Ci sono gli ex cinema De Amicis, Splendor, Luce, Maestoso e Adriano, l’ex palazzo Inps di via Toffetti e l’ex Grand hotel Brun, senza contare diverse villette, nell’elenco delle aree ed edifici privati che versano in stato di abbandono stilato dal Comune di Milano e per cui l’amministrazione richiede l’immediato intervento da parte dei proprietari. Gli immobili, distribuiti in tutte le nove zone della città e dalle tipologie più varie, sono stati individuati grazie alla collaborazione delle associazioni di quartiere con l’obiettivo di portarle a nuova vita, nel rispetto del decoro urbano e dell’interesse generale.

A Milano è guerra aperta agli immobili di proprietà privata che versano in uno stato di degrado o abbandono da almeno cinque anni o che ne sia inutilizzato il 90% della superficie. Con il nuovo regolamento edilizio adottato dal Consiglio Comunale approvato lo scorso 14 aprile l’amministrazione avvia una vera e propria azione di recupero e riqualificazione di intere aree dismesse della città, nel tentativo di rigenerare e ricucire il tessuto urbano, che non ammette sconti e che per questo ha fatto molto discutere.

Il Comune infatti, accertato lo stato di abbandono, di degrado urbano, di incuria e di dismissione delle aree o degli edifici, diffida i proprietari ad eseguire interventi di ripristino, pulizia e messa in sicurezza, nonché di recupero degli edifici sotto i profili edilizio, funzionale e ambientale. E se i proprietari non interverranno? L’ente locale potrà richiedere “l’attribuzione a tali beni di una destinazione pubblica, di interesse pubblico o generale”, così recita l’articolo 11.

In realtà la destinazione pubblica è una delle opzioni (che richiede comunque un ulteriore passaggio di discussione in consiglio comunale) che il Comune si riserva. L’amministrazione può scegliere di provvedere in via sostitutiva all’esecuzione di interventi di manutenzione e di pulizia degli immobili, nonché a mettere in sicurezza le aree. Le relative spese sostenute dovranno essere rimborsate dai proprietari entro 30 giorni dalla richiesta e, in difetto, tali spese saranno riscosse coattivamente con la procedura prevista dalla normativa vigente. Inoltre, in caso di inottemperanza agli ordini impartiti, è prevista una sanzione commisurata a 500 euro per mq.

L’ultimo tassello ad un lavoro che dura ormai da due anni per cambiare un regolamento che risale al 1999, il Comune di Milano lo ha aggiunto proprio nei giorni scorsi: la Per un totale di 160 unità di proprietà privata. Il Comune ha già provveduto a notificare la diffida agli interessati, i quali entro 60 giorni sono tenuti a presentare un progetto preliminare per l’esecuzione degli interventi edilizi, per la sistemazione e la manutenzione o per la loro riconversione funzionale, specificando modalità e tempi per l’esecuzione degli interventi di recupero urbano e di riqualificazione sociale e funzionale.

Il censimento che ha permesso di mappare edifici e aree edilizie è stato “costruito e aggiornato grazie alle associazioni, ai Consigli di Zona, ai cittadini” ha spiegato la vicesindaco Ada Lucia De Cesaris. L’elenco è  così il risultato delle rilevazioni effettuate da associazioni ed enti impegnati sul territorio, che hanno portato alla nascita di una banca dati in continuo aggiornamento, pronta ad accogliere nuove segnalazioni da parte dei Consigli di Zona e dei cittadini e suscettibile, quindi, di ulteriori integrazioni o modifiche.

Tutte le situazioni, in particolare quelle più critiche (compresi i casi di fallimento), sono state oggetto di puntuale verifica da parte degli uffici competenti. In questa prima fase l’attenzione si è concentrata sui casi noti di abbandono e degrado di interi immobili, aree e cantieri, spesso in essere da anni e di forte impatto sui quartieri e sui cittadini. Sono comprese nell’elenco anche le situazioni per le quali è già stata accertata una progettualità in corso o che sono in fase di definizione, con l’intento di monitorarne l’andamento.

Un’iniziativa, questa del Comune di Milano, che parte dalla convinzione che il degrado prodotto dagli immobili abbandonati abbia pesanti ricadute sul territorio, sui singoli quartieri, sulla vita quotidiana delle persone. Termini come “decoro urbano”, “interesse generale” sono tenuti spesso a confrontarsi, o anche scontrarsi, con il diritto legato alla proprietà privata. Se dovessimo dare una definizione puntuale al concetto di “decoro urbano” non la troveremmo facilmente. Questa è connaturata all’idea stessa di città che va oltre la dimensione sociale che la compone e fa riferimento alla componente urbanistica nel senso più pieno del termine. Città quale luogo e spazio fisico complessivo in cui strade, piazze, giardini pubblici e privati, edifici e costruzioni di varia natura e utilizzo coesistono come gli elementi naturali nell’ambiente. Si presenta quindi l’idea, che abbiamo più volte avanzato, che la città debba essere intesa quale ecosistema, in cui le parti convivano in modo armonioso e suoi cittadini con esse. Il tempo rimane la dimensione fondamentale, l’evoluzione che questi elementi subiscono richiede una continua ridefinizione.

 

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