Il Regolamento per i beni comuni compie un anno: 25 Comuni lo hanno già adottato

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Mentre sono 57 i Comuni che lo stanno per approvare, oltre 4mila persone hanno scaricato gratuitamente il Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni ideato e realizzato da Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà, in collaborazione con il Comune di Bologna.

20 Febbraio 2015

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Redazione FORUM PA

Articolo FPA

Mentre sono 57 i Comuni che lo stanno per approvare, oltre 4mila persone hanno scaricato gratuitamente il Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni ideato e realizzato da Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà, in collaborazione con il Comune di Bologna.

Al di là dei numeri il Regolamento sta valorizzando e liberando energie in tutto il Paese, dimostrando che prendersi cura dei beni comuni materiali (parchi, portici, piazze, beni culturali) e immateriali (cultura, memoria collettiva, integrazione, sport) conviene perché da essi dipende la qualità delle nostre vite.

Un anno fa, il 22 febbraio 2014, il testo è stato presentato ufficialmente a Bologna, primo Comune italiano ad approvarlo, e donato a tutti i Comuni italiani con la possibilità di adattarlo alle proprie necessità e caratteristiche.

Il bilancio di un anno intenso conferma il fatto di aver risposto ad una esigenza: erano necessarie delle nuove regole che traducessero il principio costituzionale di sussidiarietà (articolo 118 comma 4 della Costituzione) e permettessero un’alleanza tra cittadini e amministrazioni per lo svolgimento di attività di interesse generale e per la risoluzione di problemi collettivi.

Per la costruzione di questa alleanza il “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani” prevede la realizzazione di un “patto di collaborazione”, un accordo tra cittadini attivi e pubblica amministrazione.

I primi patti stipulati riguardano interventi di cura e manutenzione del verde, di strade, piazze e portici; passeggiate anti-degrado; rimozione del vandalismo grafico; gestione condivisa di edifici pubblici inutilizzati (ad esempio una ex anagrafe) per la promozione di attività culturali; manutenzione delle strade bianchecorsi gratuiti di sport (pugilato).

Quando gli abitanti di un paese o di un quartiere cittadino autonomamente si assumono la responsabilità di curare un vicolo, una piazza, un bene culturale, etc. essi mettono in campo risorse e capacità di ogni genere: tempo, competenze professionali, esperienze, strumenti di lavoro, soldi, mezzi di trasporto, relazioni sociali. Tutto questo ha un enorme valore, che va molto al di là del miglioramento della qualità dei beni comuni, perchè ha un effetto fondamentale nel rinsaldare i legami della comunità, sviluppando rapporti reciproci fondati sulla fiducia e producendo capitale sociale, che a sua volta è un fattore di sviluppo economico.

In tutti i Comuni in cui il Regolamento è stato adottato il Consiglio comunale lo ha approvato all’unanimità o, in alcuni casi, con l’astensione delle minoranze. Questo dimostra che ci sono temi, come appunto la cura dei beni comuni da parte dei cittadini stessi, intorno ai quali noi italiani, sempre pronti a contrapporci in fazioni, riusciamo invece a trovare un accordo.

Fino a pochi mesi fa in tutti gli incontri pubblici prima o poi inevitabile arrivava la domanda sul perché un bravo cittadino che paga le tasse dovrebbe prendersi cura del giardinetto pubblico sotto casa o della scuola del figlio. Sarebbe compito dello Stato.

Secondo noi ogni cittadino ha diritto di esigere dalle istituzioni che facciano il proprio dovere e non è tenuto a prendersi cura della sua città. Crediamo però che quelle persone che vogliono invece prendersi cura dei luoghi in cui vivono, integrando gli interventi pubblici per migliorare la qualità dei beni comuni di cui tutti usufruiscono, dovrebbero essere facilitate e non più sanzionate.
A questo appunto serve il Regolamento, a legittimare i cittadini attivi.

Quella domanda da qualche tempo non ci viene più posta. Ora è (quasi) normale essere un cittadino attivo.

 

Fonte: Labsus

 

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