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Internet come servizio pubblico essenziale (ma ancora troppe persone ne sono escluse)

Internet come servizio pubblico essenziale (ma una parte importante rimane senza)
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In questa intervista a Pablo Sanchez Chillon, di Sánchez Chillón Abogados, a cura di Gianni Dominici, si pone l’attenzione su un servizio che, ad oggi, diventa ogni giorno sempre più essenziale: Internet.

28 Aprile 2020

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Redazione FPA

Sembra strano parlare ancora di digital divide nel 2020; eppure, c’è ancora una grande fetta della popolazione italiana che non ha accesso a Internet, o comunque che non lo usa. In Italia, secondo i dati Istat contenuti nel Rapporto “Cittadini e ICT” diffuso a dicembre 2019, il 76,1% delle famiglie dispone di un accesso a Internet e il 74,7% di una connessione a banda larga; nelle aree metropolitane la quota delle famiglie cha naviga su broadband sale al 78,1%; nei comuni fino a 2mila abitanti tale quota scende al 68,0%. Nel 2019 il 67,9% della popolazione di 6 anni e più ha utilizzato Internet (nei tre mesi precedenti l’intervista), con un leggero incremento rispetto al 2018 (66,4%); ad aumentare è soprattutto l’uso quotidiano (da 51,3% al 53,5%).

Internet come servizio pubblico essenziale (ma una parte importante rimane senza)

Numeri ancora non sufficienti, soprattutto in un periodo storico in cui i servizi pubblici si trasferiscono in Rete. Soprattutto durante l’emergenza COVID-19, abbiamo notato come chi non possiede un accesso a Internet diventi una sorta di cittadino di Serie B.

Proprio di questo abbiamo parlato con Pablo Sanchez Chillon, di Sánchez Chillón Abogados, intervistato da Gianni Dominici nell’ambito di #road2ForumPA2020, il percorso di avvicinamento a FORUM PA 2020, manifestazione che quest’anno prevede due tappe: la prima tutta digitale dal 6 all’11 luglio, la seconda dal 4 al 6 novembre.

L’intervista

“Parlavamo qualche tempo fa di Internet vedendolo come un servizio pubblico, come se fosse la raccolta dei rifiuti” dice Chillon, “ma adesso senza questo servizio non puoi essere un cittadino al 100%. C’è una parte importante della popolazione che rimane fuori da tutto”.

Parlando di digital divide, Chillon propone una visione più ampia: “Esiste anche un “divide edilizio”. In questi giorni a casa, oltre alla mancanza di infrastrutture, c’è anche la mancanza di terrazze, balconi e spazi all’aperto: non è lo stesso essere chiusi a casa se non hai possibilità di uscire qualche volta, rimanendo attaccato allo schermo. E questo lo dico da urbanista”.

L’emergenza Coronavirus, quindi, ha fatto emergere differenti situazioni di divide che, naturalmente, escludono una fetta della popolazione.

Infine, il Coronavirus ci ha insegnato anche il concetto di comunità: “Con questa emergenza abbiamo riscoperto l’idea di comunità: ci siamo ritrovati con i vicini, gente con cui magari non abbiamo mai interagito. Adesso questa idea di comunità sulla quale si sta fondando la ripartenza, mette insieme il fatto che tutti noi collaboriamo, all’insegna della solidarietà. Dobbiamo far tesoro di questo, perché quando passerà tutto questo, sarà interessante lavorare sull’idea di comunità, facendo collaborare i cittadini con la pubblica amministrazione”.

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