Le smart cities viste da Carlo Ratti: una ventata stupefacente (ma semplice) di inaspettate e possibili applicazioni tecnologiche

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Il 17 maggio a FORUM PA 2012 si è tenuta la prima Giornata dedicata a “L’impegno delle amministrazioni per le smart city e le smart community”, evento organizzato in collaborazione con Asset Camera, l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma. In quell’occasione Carlo Ratti, ingegnere e professore al MIT di Boston, nonchè fondatore del gruppo di ricerca SENSEable City Lab, ha illustrato, attraverso filmati e case history, concetti e confini – illimitati, è anche sembrato – delle tecnologie applicate alle smart city.

17 Maggio 2012

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Tiziano Marelli

Oltre al vento classico che regolarmente spazza – senz’altro piacevolmente, unito al sole che finora non è mancato mai – le passerelle esterne di FORUM PA, ad essere investita dal vento dell’innovazione tecnologica in tema di smart cities è stata tutta la numerosa platea rimasta quasi ipnotizzata dall’intervento che Carlo Ratti ha tenuto in apertura di mattinata alla Fiera di Roma. È successo nell’ambito della prima Giornata dedicata a “L’impegno delle amministrazioni per le smart city e le smart community”, evento organizzato in collaborazione con Asset Camera, l’Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma. Ratti è ingegnere e professore al MIT (il Massachusetts Institute of Technology di Boston), ha fondato il gruppo di ricerca SENSEable City Lab, è riconosciuto come uno dei massimi esponenti mondiali del settore e la sua performance a FORUM PA non ha fatto altro che rafforzarne – se mai ce ne fosse stato bisogno – fama e reputazione anche dalle nostre parti.

Ventate di novità anche stupefacenti, si diceva, ma anche molto colore, come quello rimandato dai filmati e delle case history che nell’ora abbondante di esposizione tenuta dal professore hanno contribuito perfettamente ad illustrare concetti e confini – illimitati, è anche sembrato – che le tecnologie applicate alle smart city possono comportare. Ratti ha esordito sottolineando come le città “non abbiano mai prosperato come negli ultimi due decenni, e la loro crescita si può paragonare a quella che si è sviluppata nel mondo della Formula Uno: negli anni 90 erano i meccanici che lavoravano molto sulla struttura delle vetture, invece ora le attenzioni sono quasi completamente concentrate sulla tecnologia, grazie ai mezzi che questa ci mette disposizione”.

Guarda la video intervista a Carlo Ratti

Una tecnologia che deve sempre più “venire in soccorso” dello sviluppo dei centri urbani, anche perché dal 2009, per la prima volta nella storia dell’uomo, ben metà della popolazione mondiale (3,3 miliardi di persone) si è concentrata nelle città. Nel particolare, per Ratti, “questo significa che il 50% degli esseri umani copre solo il 2% della superficie del pianeta consumando però ben il 75% della sua energia e producendo l’80% di emissioni di anidride carbonica”. Una concentrazione che non è destinata a ridimensionarsi negli anni, anzi: stando a quanto già lo stesso Ratti ha avuto modo di dichiarare in più occasioni, nel 2030 ad abitare nelle città saranno cinque miliardi di individui, ed è evidente che il “sovraccarico umano” non potrà essere sopportato dai centri urbani così come erano concepiti nel passato (e in buona parte lo sono anche adesso) ed il bisogno di smart cities e smart communities non resteranno – né potranno restare – ancora a lungo concetti ad appannaggio di una schiera ristretta di addetti ai lavori, ma dovranno invece diventare un concetto condiviso visto il bisogno di migliorare la qualità della vita e adeguarla alle nuove-future esigenze abitative urbane.

E qui sono cominciati gli esempi, che proprio per la loro semplicità di realizzazione hanno ancor più dato la sensazione dello stupefacente che può suscitare l’applicazione tecnologica meditata e intelligentemente portata a compimento.

Il primo di quelli portati all’attenzione dei partecipanti di FORM PA convenuti all’appuntamento è stato dedicato ai rifiuti urbani. Inserendo dei chip in alcune confezioni di prodotti (il campione era formato da 3.000 confezioni diverse) si è potuto verificare e tracciare il loro “viaggio” dopo lo smaltimento classico avvenuto nei bidoni si quartiere: si è così scoperto che molti di questi rifiuti, partiti da Boston, hanno viaggiato per migliaia di chilometri per compiere intere circumnavigazioni del continente americano, raggiungendo anche posti lontanissimi, ma pure tornando indietro o restando “parcheggiati” a pochi – pericolosamente e in maniera del tutto inquinante – minuti “da casa”. Attraverso questo – tutto sommato – piccolo e quasi (appunto) semplice esperimento portato prontamente a conoscenza della popolazione residente, tutta la città ha potuto vedere con i propri occhi dove finiva l’immondizia buttata, fin nei casi più singoli e particolari. Questo ha generato stupore, e in alcuni casi – documentati – ha contribuito a cambiare le abitudini di consumo e la grande attenzione verso il problema. Ma, soprattutto, l’azione ha dimostrato che possedendo questo tipo di informazioni un sistema nel suo insieme può essere ottimizzato facilmente (come conseguenza a latere dell’operazione “individua-rifiuti”, un ladro che si era introdotto nel laboratorio dove era stato messo a punto l’esperimento e che fra le altre cose aveva rubato dei chip serviti allo scopo, ha potuto essere “ritrovato” agevolmente nel giro di poco tempo: episodio che ha inaspettatamente aperto nuovi scenari in termini di “pulizia” e vivibilità in una città che si vuole attrezzare in senso smart nel modo ancora più ampio…).

Utilizzando invece le immagini scattate dai turisti (americani e italiani) in visita in Toscana e pubblicate in passato sul sito Flick (quindi messe a disposizione degli utenti e senza che si violasse nessun tipo di privacy), si sono potute supportare ipotesi di studio sui flussi turistici in quella particolare zona del nostro Paese, e anche notare le differenze di gradimento dei diversi siti della zona fra turisti Usa e nostrani (molto più legati alle strette e costrette indicazioni date dalle guide turistiche i primi, diversamente sparsi sul territorio per naturale conoscenza diffusa dei posti i secondi). Analisi delle ondate di turismo che sono diventate recentemente tracciabili grazie alle tracce lasciate dai telefonini, “segnali” chiari e forti nel rilasciare indicazioni sugli spostamenti nei territori molto precise e dettagliate: nel particolare, questo è servito per uno studio portato a termine a Singapore, capace anche di far prendere nota sul diverso uso dei taxi da parte dei turisti, a seconda dei rovesci atmosferici.

Ancora, dopo un incarico ottenuto dal Governo britannico, con le stesse modalità è stata portata a termine un’analisi sull’organizzazione del territorio che ha portato alla luce l’esigenza – addirittura – di un ridisegno delle regioni inglesi rispetto a quanto concepito finora, il tutto nell’ambito di un progetto più complessivo, “The Human Network”.

Sempre con i telefonini e attraverso una semplice app dedicata, è stato anche possibile sperimentare il calcolo dell’emissione di anidride carbonica in ciascun individuo in zone ben precise, a seconda dei mezzi usati per gli spostamenti: dati finali che se rapportati a numeri considerevoli di persone posso rivelarsi utilissimi in termini di cura della persona e dell’ambiente.

E vale senz’altro citare anche l’esperienza di Guadalajara, in Messico, che il presidente Calderon vuole trasformare in “città creativa digitale” e per questo ha chiesto aiuto al Mit di Ratti, che ha già avviato la trasformazione virtuale del luogo puntando sul riuso degli ambienti originali trasformandoli in spazi-lavoro senza intaccarne storia e struttura: anche in questo caso, a giudicare dalle immagini proposte, una sfida vinta e pronta per essere portata a termine.

Per andare “oltre” a tutto questo (che è già tanto), il professore e ingegnere (entrambi i ruoli sono ricoperti nel modo migliore possibile) ha spiegato anche che fra un anno – grazie ad un accordo con Indesit – tutti gli elettrodomestici prodotti dall’azienda italiana “sbarcheranno” su Internet in maniera “attiva” e diventeranno a tutti gli effetti utenti con i quali interagire, con ricadute indubbie – ha affermato – sulla qualità della vita di chi ne potrà usufruire. Come? Beh, per capirlo nel modo più preciso basterà aspettare davvero pochissimo, e in fondo il nostro frigorifero andava (va) bene così, anche se non sappiamo (ancora) cosa ci siamo persi finora. Senz’altro, anche questa novità di difficile comprensione “smart” non “raffredderà” (visto l’oggetto) per niente la voglia di conoscenza e partecipazione al futuro tecnologico che ci attende: Carlo Ratti ha convinto tutti quelli che lo hanno ascoltato – quindi anche noi – che vale senz’altro la pena crederci e parteciparvi attivamente.

Nelle prossime settimane sarà disponibile il filmato presentato da Carlo Ratti a FORUM PA 2012

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