“Nutrire Trento”: un progetto culturale, un tavolo di lavoro e una piattaforma sulle politiche del cibo, dalla produzione allo smaltimento
Il progetto “Nutrire Trento” rappresenta un percorso di “apprendimento” non solo per i cittadini, ma anche per l’amministrazione comunale, che si è posizionata su una materia tradizionalmente di competenza provinciale, dedicandole risorse e competenze, nella convinzione che rappresenti una leva fondamentale di sviluppo economico e sostenibile del territorio. Ce lo racconta Paola Fontana, capo progetto agricoltura e promozione del territorio per il Comune di Trento
30 Settembre 2021
Clara Musacchio
Ricercatrice FPA
Francesca Carboni
FPA, project officer ICity Club
Un progetto culturale che sensibilizza, un tavolo di lavoro che si confronta, una piattaforma che aggrega, una mappa che segnala in tema di sostenibilità agroalimentare, consumo consapevole, nuovi equilibri tra campagna e aree urbanizzate. È il progetto “Nutrire Trento”, che si inserisce in una rinnovata relazione tra l’università e l’amministrazione comunale, sancita nel 2016 da un protocollo d’intesa per la collaborazione su aspetti giuridici dell’azione amministrativa, sicurezza, partecipazione sociale, sviluppo economico, innovazione smart e mobilità. Ce lo ha raccontato Paola Fontana, capo progetto agricoltura e promozione del territorio del Comune di Trento.
“Si tratta di un progetto partecipato, che si pone l’obiettivo di trovare modi innovativi e sostenibili per ‘nutrire la città’ – esordisce Paola Fontana -. Il Comune di Trento, sebbene sia fortemente terziarizzato, è il comune agricolo più grande della provincia, con 940 ettari di produzione biologica, che rappresenta oggi il 50% della produzione totale: un volto del territorio che aveva bisogno di essere conosciuto, sostenuto e sviluppato. Il cuore pulsante dell’iniziativa è rappresentato da un tavolo di lavoro ‘a composizione variabile’, un tavolo con la porta sempre aperta, come amiamo definirlo, al quale oltre il Comune e l’Università partecipano scuole, produttori economici, professionisti, associazioni di categoria, enti di ricerca e, in base all’iniziativa in atto, altri attori di volta in volta coinvolti”.
Ma quali sono le iniziative avviate nell’ambito del progetto e quale la risposta dei cittadini? “Una delle prime iniziative è stata la diffusione di ‘cartoline’ sul territorio per la raccolta di stimoli, contributi e suggerimenti da parte dei cittadini. La città ha dimostrato molta curiosità e interesse verso il tema esprimendo un reale bisogno di informazioni sull’agricoltura, sulla reperibilità, la tracciabilità e la qualità dei prodotti. Allo stesso tempo, l’amministrazione comunale, ha potuto sviluppare una propria posizione programmatica su una materia tradizionalmente di competenza provinciale come quella dell’agricoltura e, più in generale, sulle politiche del cibo, dalla produzione, allo smaltimento. Il progetto è caratterizzato anche da una connotazione educativa sulla reperibilità e la stagionalità dei prodotti, volta a sviluppare sensibilità, soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione, sugli impatti o sugli stimoli che il cibo può realizzare rispetto al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità previsti dall’Agenda 2030”.
Il progetto è stato avviato grazie a una forte volontà politica, dopodiché un grande punto di forza è stata la partecipazione a “reti” italiane ed europee sul tema, come sottolinea Fontana: “I primi passi sono stati l’individuazione all’interno dell’organizzazione amministrativa di una competenza specifica in materia di agricoltura, l’inserimento di questa tematica nei documenti di programmazione e la destinazione di risorse e ruoli specifici, come il mio. Un secondo step abilitante è stato il subentro del Comune nel Milan Urban Food Policy Pack, una rete di più di 200 città che condividono esperienze e pratiche sulle politiche del cibo. Anche se le condizioni di provenienza e di contesto sono estremamente diversificate, questa rete è utilissima perché offre stimoli e suggerimenti su processi che tutti possono mettere in atto. Sulla spinta di quello che aveva fatto Milano, ad esempio, durante i mesi del lockdown abbiamo raccolto tutto il cibo che era rimasto nelle mense per redistribuirlo, grazie alla collaborazione con le associazioni del territorio. Infine, con i programmi europei ‘Greencycle’ e ‘SATURN’ il progetto ha goduto di un respiro europeo, che è sempre importante in iniziative di questo tipo, e abbiamo trovato supporto per la creazione della piattaforma partecipata dedicata agli operatori e per la rilevazione dell’impatto ambientale della fornitura del cibo”.
Infine, uno sguardo al futuro non può prescindere dal ruolo che nel settore agricolo sta già avendo e avrà il digitale. “Su questo fronte c’è ancora molto da fare – conclude Fontana -. L’innovazione del settore risente almeno di tre fattori: l’età media dei produttori, che è molto elevata; i livelli di scolarizzazione e il fatto che spesso l’agricoltura rappresenta un impiego part time: molte persone si sono ritrovate nel settore per vicende familiari, magari hanno creato una piccola azienda, ma questo non rappresenta il loro impiego principale e senza un impegno strutturato, è molto difficile spingere la transizione digitale. Naturalmente ci sono eccezioni, aziende molto evolute create da persone, spesso molto giovani, che pur non avendo una storia familiare con questo settore lo hanno scelto come vocazione di vita. In questi casi la visione imprenditoriale è molto più ampia e sicuramente può fare da apripista a nuove esperienze”.
Il Comune di Trento partecipa a ICity Club, l’osservatorio della trasformazione digitale urbana di FPA.