Pensare digitale: la visione strategica del futuro a #SCE2014

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L’Italia vanta una lunga tradizione nell’agire senza alcuna strategia, anche in ambito digitale. Ma i tempi sono cambiati e questa tendenza, ben radicata, deve al più presto essere invertita. Proprio a questo proposito a #SCE2014 si terrà un confronto aperto e visionario, promosso da FORUM PA e Stati Generali dell’Innovazione. Un incontro per avviare un percorso condiviso di lavoro e porre le basi di una visione strategica per il futuro del Paese. Con questo articolo si apre un confronto in rete per accogliere commenti e indicazioni per definire la direzione di marcia.

6 Ottobre 2014

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Martina Cardellini

L’Italia vanta una lunga tradizione nell’agire senza alcuna strategia, anche in ambito digitale. Ma i tempi sono cambiati e questa tendenza, ben radicata, deve al più presto essere invertita. Proprio a questo proposito a #SCE2014 si terrà un confronto aperto e visionario, promosso da FORUM PA e Stati Generali dell’Innovazione. Un incontro per avviare un percorso condiviso di lavoro e porre le basi di una visione strategica per il futuro del Paese. Con questo articolo si apre un confronto in rete per accogliere commenti e indicazioni per definire la direzione di marcia.

Uno nuovo scenario per agire digitale

La pervasività delle tecnologie digitali ci impone di riconoscere la necessità urgente di cambiare i vecchi paradigmi sociali ed economici. Ma per riuscire a pensare digitale non è sufficiente “considerare le tecnologie come strumento abilitante, ma vederle come elemento che compone e forma il contesto in cui si opera”, ha sottolineato Giuseppe Iacono, Vice Presidente Stati Generali dell’Innovazione. “Abitiamo un Paese che sul sentiero dell’innovazione digitale ha accumulato ritardi significativi. E ancora corre il rischio di cadere nella digitalizzazione dell’esistente”. Non è sufficiente digitalizzare, anzi non serve:lo scarto che si deve fare è quello di passare a una diversa dimensione, di cui il digitale è una parte essenziale”. In Italia abbiamo bisogno di una rivoluzione digitale che sia prima di tutto culturale: un nuovo pensare la tecnologia e il digitale. Tutto ciò è necessario per entrare in una nuova prospettiva anche di sviluppo per il paese e capire che nel ventunesimo secolo il modo di fare impresa, marketing, di concepire lo sviluppo della propria azienda e del lavoro stesso non può prescindere una maturazione profonda di una cultura digitale.

A proposito di Smart City, ad esempio, il ruolo della tecnologia non può essere un semplice contributo aggiunto per l’efficienza del contesto. Parlando di mobilità per una città intelligente, spiega Iacono, “non dovremmo banalmente parlare di una tecnologia che facilita il passaggio dell’informazione per la mobilità, ma piuttosto pensare a una mobilità diversa all’interno della comunità: il digitale non è ciò che abilita, bensì l’elemento da considerare in una nuova riconfigurazione del contesto”. 

Quale la visione per il futuro?

Fino ad oggi in Italia abbiamo per lo più fatto digitalizzazione, dimostrando in fondo di non riuscire a pensare digitale. Ora urge la necessità di aprirsi a un nuovo scenario per poter agire digitale. Lo scoglio più grande da superare per poter iniziare a pensare digitale è senza dubbio la tendenza, ben radicata nel nostro Paese, ad agire senza alcuna strategia. “Non pensiamo strategico, non abbiamo questa abitudine, ma pensiamo al rapido tornaconto”. Dopotutto passare da una visione ottusa a una visione strategica richiede una certa elasticità e confidenza nell’immaginare il futuro. Ma quanto realmente siamo capaci di pensare scenariale? Poco, pochissimo. “Avremmo bisogno di iniziare a fare esercizi di questo tipo”. All’estero questa pratica è diffusa, e soprattutto nella cultura anglosassone dove “c’è l’abitudine di creare momenti di definizione di scenari futuri per capire come indirizzare al meglio le politiche”.

Non è scontato che aumentare i finanziamenti sul digitale ed estendere la fibra ottica ci porti a condizioni di vita più desiderabili. “Da noi non si è ancora fatto nessun ragionamento serio di governance. Per cui il rischio che corriamo continuando ad operare così è di andare verso una digitalizzazione che non migliorerà la qualità di vita”. Per introdurre un concreto cambiamento dovremmo compiere un passaggio verso una nuova dimensione che dovrà essere necessariamente definita in modo strategico: “tutto ciò non è insito in nessuna tecnologia”.

Il percorso di confronto

Il passo in più che sembra opportuno oggi è quello di portare il confronto sullo scenario che si vuole costruire e sul percorso più efficace da seguire per concretizzarlo. A questo proposito la Global Agenda Council on the Future of Government del World Economic Forum, con l’identifizione di alcuni scenari possibili, può essere un utile strumento per avviare il lavoro sul tema degli scenari auspicabili. 

Inoltre nella Carta d’intenti per l’innovazione, voluta dall’associazione SGI, e alla quale hanno aderito decine di cittadini e di parlamentari, si sono identificati alcuni concetti di base per uno sviluppo strategico: la sostenibilità, l’openness, la centralità territoriale. La Carta suggerisce una direzione di marcia e delle possibili connotazioni per lo scenario da costruire. 

La proposta è quindi di avviare un confronto in rete per poi consolidarlo durante il convegno di venerdì 24 a Smart City Exhibition. Qui due punti per aprire il confronto: 

Quali caratteristiche/parole chiave devono definire lo scenario che si vuole realizzare? Ad esempio:

  • Sviluppare l’autonomia e la centralità del territorio o incrementare il coordinamento centrale?
  • Fondare sul concetto di openness la nuova amministrazione (condivisa, aperta e collaborativa) con un reale ruolo di co-progettazione dei cittadini, promuovendo sussidiarietà orizzontale e innovazione sociale, oppure puntare su un’amministrazione essenziale, efficiente e snella che lascia al settore privato la gestione sempre più ampia di servizi per la collettività?

Quali condizioni deve realizzare la polirica per costruire il percorso di realizzazione? Due spunti di riflessione:

  • Quali scelte drastiche vanno fatte nel campo della pubblica amministrazione, del mondo del lavoro, della regolamentazione delle competenze centro-territorio, delle regole di mercato, delle strategie energetiche, …?
  • Quali rischi devono essere evitati? (es. derive autoritarie, di balcanizzazione, di masificazione, di tecnocrazia, …)

Apriamo qui il confronto in vista di #SCE2014 inserendo commenti con l’indicazione delle parole chiave che dovrebbero caratterizzare lo scenario da realizzare, corredandola con le motivazioni che la sostengono e iniziando a delineare le condizioni necessarie da realizzare.

[Per iscriversi e saperne di più sull’evento]

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