Perché l’Anno Europeo del Volontariato non riguarda solo i volontari

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Il prossimo 1 aprile Venezia ospiterà la Conferenza italiana dell’Anno europeo del Volontariato, il cui titolo completo è “Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva”. L’Anno europeo cade in una contingenza in cui, un po’ per forza di cose, si sta riscoprendo il valore non solo etico ma anche sociale ed economico delle attività spontanee a supporto delle comunità. Ma come la vedono i volontari? Di cosa avvertono maggiore bisogno loro che guardano al volontariato… con gli occhi di chi lo fa? Nelle scorse settimane a Roma, a partire dai dati dell’IBM Service Jam di ottobre, si sono confrontate le visioni di Ministero, aziende e associazioni italiane. Un interessante microcosmo da cui partire per ragionare sulle reti a sostegno del benessere delle comunità.

21 Marzo 2011

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Chiara Buongiovanni

Articolo FPA

 Il prossimo 1 aprile Venezia ospiterà la Conferenza italiana dell’Anno europeo del Volontariato, il cui titolo completo è “Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva”. L’Anno europeo cade, non a caso, in una contingenza in cui si sta riscoprendo il valore non solo etico ma anche sociale ed economico delle attività spontanee a supporto delle comunità. Ma come la vedono i volontari? Di cosa avvertono maggiore bisogno loro che guardano al volontariato… con gli occhi di chi lo fa? Nelle scorse settimane a Roma, a partire dai dati dell’IBM Service Jam di ottobre, si sono confrontate le visioni di Ministero, aziende e associazioni italiane. Un interessante microcosmo da cui partire per ragionare sulle reti a sostegno del benessere delle comunità.

Partiamo dalle dichiarazioni di principio. La Decisione con cui il Consiglio dell’Unione Europea ha ufficialmente dedicato il 2011 al volontariato (2010/37/CE) afferma che “il volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo armonioso delle società europee".

Sul sito istituzionale dell’Anno europeo del volontariato, ospitato in Italia dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, si legge che “l’Anno europeo nasce dalla volontà di incoraggiare e sostenere – in particolare attraverso lo scambio di esperienze e di buone pratiche – gli sforzi della Comunità, degli Stati membri, delle autorità locali e regionali per creare nella società civile condizioni favorevoli al volontariato nell’Unione europea”. Il Ministero riconosce nell’istituzione dell’Anno europeo del volontariato un’importante conferma del modello sociale proposto nel libro Bianco del Ministro Sacconi “La vita buona nella società attiva”.

Se, dunque, da una parte la rete è al centro di tante rilfessioni sull’innovazione e sulla tenuta sistema sociale, dall’altra si riconosce con maggiore frequenza che i “sensori” della rete spesso sono proprio i volontari e le loro organizzazioni sul territorio. A loro IBM, nell’ottobre 2010, ha dedicato un Service Jam che, su scala globale, ha raccolto il punto di vista di leader e operatori del terzo settore, volontari e amministratori pubblici da tutto il mondo. Il tema: il volontariato e le sue esigenze.

I risultati – raccolti nell’IBM Service White Paper e riportati a Roma da Fondazione IBM Italia qualche settimana fa alla presenza di rappresentanti del Ministero, del mondo non profit e del profit – possono essere una base interessante di riflessione (e speriamo non solo) in questo speciale Anno europeo, fornendo indicazioni di contenuto nonché di metodo.

I temi
Dall’IBM Service Jam, articolato su otto forum a cui hanno partecipato oltre 15.000 persone da 119 paesi diversi, Italia inclusa, con una ricca lista di Special guests , emergono quattro temi chiave su cui lavorare per valorizzare il volontariato e la sua azione sul territorio:

  • Service Learning, ovvero promuovere la cultura del volontariato nei sistemi educativi
  • Volunteer Management, ovvero valorizzare la risorsa dei volontari, sviluppando competenze di management all’interno delle organizzazioni
  • Partnership, ovvero sviluppare collaborazioni tra diversi settori (pubblico, privato, no profit)
  • Measuring Impact, ovvero misurare l’impatto sociale (il cd Social Return on Investment – SROI)

A partire dai risultati e dalle evidenze emerse dal Service Jam di ottobre, IBM ha predisposto una serie di iniziative per l’Anno europeo del Volontariato: dalla riunione di un gruppo di leader dal settore profit, pubblico e non profit per progettare, insieme all’Achieve Inc, soluzioni che integrino la cultura del volontariato nei curricula scolastici, all’impegno per la realizzazione di un tool on line di misurazione del Social Return on Investment (SROI) fino alla messa a disposizione di risorse e tecnologie per la creazione di soluzioni e metodologie di management a disposizione delle organizzazioni no profit.

Alla presentazione italiana dei risultati dall’IBM Service Jam, le associazioni presenti hanno confermato le quattro priorità, sottolineando due aspetti particolarmente interessanti: l’esigenza di un sistema informativo aggiornato e di facile consultazione a livello europeo quale pre – requisito fondamentale per l’accesso ai finanziamenti europei e la necessità di una stretta interazione tra tecnici e associazioni al fine di avere tecnologie che amplifichino e facilitino il lavoro delle organizzazioni e il servizio reso ai gruppi destinatari del loro intervento.

Il metodo
Il Service Jam di IBM e in particolare, per quel che ci riguarda più da vicino, la presentazione dei risultati in Italia ha offerto un’occasione interessante di incontro tra le associazioni, il Ministero e  il mondo profit. Sempre più aziende, infatti, oltre a proporre soluzioni dedicate al mondo no profit stanno adottando veri e propri programmi di volontariato aziendale, partendo da un dato di fatto che qualcuno con semplicità illuminata ha spiegato così: "le persone non si sdoppiano, la persona che lavora in azienda è la stessa che fa attività di volontariato al servizio della comunità. Cosi la comunità in cui operiamo dovrebbe tendenzialmente essere una, così come il bene verso cui tendiamo è quello comune”.

In questo c’è un’importante indicazione di metodo, una prospettiva di lavoro molto promettente orientata alla risoluzione collaborativa dei problemi, basata sull’interazione e sulla collaborazione tra settori diversi. Questo non vuol dire ingenuamente credere che gli interressi possano “fondersi” nell’utopica ricerca di un inopinabile bene comune, ma vuol dire costruire una coscienza comune e trasversale ai diversi settori sulla necessità di includere e collaborare, pur nella diversità legittima di interessi.

La parola chiave è integrare piuttosto che polarizzare le diverse forze in campo.

Ne parleremo a FORUM PA 2011.

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