Rom: fallimento della burocrazia o delle politiche?
Di fronte a tragedie come quella che ha vissuto Roma domenica sera le parole ci vanno strette, ma è impossibile tacere sentendo parlare di “maledetta burocrazia!” o ascoltando improvvide richieste di poteri speciali.
Spostati come rifiuti ingombranti, di quelli di cui non sai come liberarti, da un campo abusivo al nulla e, quindi, necessariamente a un altro campo abusivo più nascosto, più in disparte; tenuti fuori da tutti i piani di edilizia popolare e di insediamenti abitativi; evitati come la peste da chi non li conosce, né mai li conoscerà se quella che si diffonde è la strategia della paura, la popolazione Romanì resta, come sempre, ai margini della nostra vita sino a che un rogo non ce la riporta davanti nel modo più tragico.
8 Febbraio 2011
Carlo Mochi Sismondi
Di fronte a tragedie come quella che ha vissuto Roma domenica sera le parole ci vanno strette, ma è impossibile tacere sentendo parlare di “maledetta burocrazia!” o ascoltando improvvide richieste di poteri speciali.
Non servono molte righe per ripercorrere la storia degli interventi per l’integrazione dei Rom (non li chiamate nomadi, per favore) nella Capitale.
La promessa di tenerli lontani attraverso severi sgomberi in successione ha contribuito a far vincere le elezioni; la promessa fatta loro che una volta sgomberati avrebbero avuto una casa ha evitato problemi di ordine pubblico: entrambe le promesse non si sono realizzate.
Spostati come rifiuti ingombranti, di quelli di cui non sai come liberarti, da un campo abusivo al nulla, e quindi necessariamente a un altro campo abusivo più nascosto, più in disparte; tenuti fuori da tutti i piani di edilizia popolare e di insediamenti abitativi; evitati come la peste da chi non li conosce, né mai li conoscerà se quella che si diffonde è la strategia che punta sulla paura, la popolazione Romanì resta, come sempre, ai margini della nostra vita sino a che un rogo non ce la riporta davanti nel modo più tragico.
E ancora più tragico diventa se l’atroce e annunciata tragedia non ci spinge a ripensare daccapo la direzione intrapresa, non ci insegna che l’integrazione è l’unico percorso possibile, non ci aiuta a capire, ma spinge il vertice politico a chiedere più potere, più mezzi, più velocità per continuare una strada al fondo della quale non ci sono nuovi cittadini, ma “campi regolari” (ossimoro grottesco per un popolo che ormai è nomade per bisogno, non per vocazione), lontani, ai margini, fuori dalla vista degli elettori, più o meno ordinati e più o meno militarizzati.
Certo le semplificazioni sono rischiose e l’integrazione non è facile, ma non è impossibile. Altre città ci hanno provato, centinaia di famiglie si sono integrate: hanno casa, lavoro e figli che vanno a scuola. Soluzioni diverse dall’emarginazione sono possibili.
La prima strada, per cercare nuove strade, non può che essere la conoscenza: per questo vi propongo tre punti di vista diversi, così tanto per provare a pensare che dietro i pregiudizi, dietro le incomprensioni, dietro le paure (reciproche) ci sono persone e che, almeno per le amministrazioni, devono esserci i cittadini e i loro diritti, specie di quelli più deboli. E seppure le soluzioni non sono semplici, almeno capire chi sono i più deboli in questa storia non è difficile!
Il primo è quello della Comunità di S.Egidio:
È una tragedia che chiede alla città di fermarsi. ….. Per i Rom non si sa fare l’unica cosa necessaria: un’abitazione dignitosa, vivibile e una conseguente, costante politica di inserimento scolastico. Leggi tutto
Il secondo è del Vice-Presidente ANCI delegato per le politiche della sicurezza e dell’immigrazione, Flavio Zanonato, sindaco di Padova che dice:
Questo è il giorno del dolore. Ma già da domani, è necessario uscire dall’ottica dell’eterna “’emergenza rom” e avviare un Piano d’azione nazionale, condiviso a livello interistituzionale, concordato con i territori e con i rappresentanti dei cittadini Rom e Sinti, in cui ciascun attore coinvolto assume ed esercita pienamente le proprie responsabilità e competenze. L’ANCI ha già richiesto in audizione parlamentare, nel maggio scorso, la definizione di tale Piano, che punti verso il graduale ma definitivo smantellamento dei campi, trovando soluzioni abitative adeguatamente integrate nel territorio, garantendo l’adempimento dell’obbligo scolastico e un inserimento lavorativo regolare, in un’ottica di progressiva stanzialità di queste comunità’.” leggi tutto
Il terzo è di una piccola protagonista: Giulia, sei anni e quindici sgomberi alle spalle. Questa in sintesi la sua storia:
Giulia si sveglia alle cinque e mezzo. Si veste alla debole luce di una pila. Non c’è elettricità. Non c’è riscaldamento. Non c’è niente da mangiare per colazione. Tutte le mattine, cammina più di mezz’ora nei campi. Prende un autobus. Poi due treni della metropolitana. Un altro bus. E ancora un pezzo a piedi. Fino alla scuola elementare, quartiere Ortica, periferia Est di Milano. Due ore e mezzo all’andata. Due ore e mezzo al ritorno. Cinque ore di viaggio al giorno per stare con i compagni di classe. L’unico luogo dove Giulia è soltanto una bambina. E non una romena rom. Essere rom in una città moderna dovrebbe rimanere un dettaglio personale. Come essere cristiano, musulmano, ebreo, ateo, lombardo, pugliese, immigrato… Leggi tutto.
Sono, a mio parere, spunti preziosi.
Oggi sono commosso e indignato, ma non sono ingenuo: so delle difficoltà, dei furti, della “diversità” sbandierata, dell’intolleranza, del rischio politico che si assume chiunque invochi integrazione e accoglienza per il popolo rom. Su questo tema, quindi, più che dare giudizi, vorrei un dibattito, una risposta delle amministrazioni e dei cittadini . Se questo dibattito si aprirà, gli daremo cittadinanza al FORUM PA di maggio in un evento dedicato a questi “nuovi cittadini” così difficili da accogliere!