Immaginate un governo che misura il vostro impegno civico e lo quantifica in un punteggio; poi lo rende noto a tutti, su un tabellone, come accade allo stadio. Provate a pensare ai cittadini come concorrenti di un gioco il cui obiettivo è socializzare. Per vincere si adottano strategie diverse. A volte si compete; altre volte, invece, si stringono alleanze. I vincitori di questa sfida sociale vengono celebrati (e i perdenti biasimati) pubblicamente, in una sorta di “allucinazione di massa, vissuta consensualmente”, come quella descritta da William Gibson, il padre del cyberpunk.In questo caso però non si tratta né di
un’allucinazione, né dell’ipotesi fantasiosa frutto della fervida immaginazione
di un visionario. Vi parlo della realtà. I residenti di Santa Monica, in
California, esprimono il proprio gradimento sulle varianti urbanistiche che
l’amministrazione cittadina vorrebbe introdurre nei quartieri presso cui
abitano, scorrendo a destra o sinistra sullo schermo dei propri
smartphone. Lo fanno tramite un’
applicazione
molto simile a quella ideata per incontrare l’anima gemella: Tinder. Gli
abitanti di Boston, invece, condividono in tempo reale con l’ufficio del
sindaco le informazioni sul traffico, la micro-criminalità, l’accesso al Wi-Fi
gratuito e lo smaltimento dei rifiuti. La condivisione delle informazioni contribuisce
a comporre un punteggio sulla città,
pubblicato online. Nel Nuovo
Messico, ad Albuquerque, è possibile scaricare un’
applicazione per cellulari
con cui monitorare – e registrare – gli atti di gentilezza cui si assiste
durante la giornata. Migliaia di chilometri più a sud, in Perù, si può
tracciare
il percorso
di avvoltoi addestrati che, muniti di videocamera Go-Pro
e rilevatore di posizione, cercano discariche illegali di rifiuti.
Spostiamoci dall’altra parte
dell’oceano, in Europa. I dublinesi possono vincere fino a duecento euro in
voucher se
aiutano il
sindaco
a identificare l’esatta collocazione di bagni pubblici e
fontane nei parchi cittadini. I madrileni che hanno un’idea per migliorare la
propria città possono condividerla attraverso un
sito web dedicato. Le idee che
ricevono il maggior numero di “mi piace” vengono discusse dal consiglio
municipale, che le vota e, in caso di maggioranza favorevole, si impegna a
realizzarle. Qualcosa di simile accade a
Barcellona. Anche qui i residenti possono
presentare proposte online, votarle, e impegnare così l’amministrazione
cittadina a realizzarle.
Proseguiamo il nostro viaggio,
spostiamoci verso Est. A
Mosca si ricevono
punti se si partecipa attivamente alle consultazioni pubbliche organizzate dal
sindaco. Con questi punti si può pagare il parcheggio, acquistare il biglietto
per una corsa in metro, oppure partecipare a una riffa e vincere due biglietti
per assistere alla prima dell’opera. Nella città cinese di
Suining,
invece, i punti si ricevono (o si sottraggono) in base all’adeguatezza del
comportamento tenuto in società. Vi prendete cura di un familiare anziano?
Cinquanta punti per voi. Vi arrestano per guida in stato di ebbrezza? Avete
perso cinquanta punti. In base al vostro punteggio, potreste avere diritto a
saltare la fila all’ufficio di collocamento, oppure vedervi privati della
possibilità di accedere al pronto soccorso più vicino.
Vi affascina o vi preoccupa sapere che
ovunque, nel mondo, i governi sperimentano l’utilizzo di elementi ludici per
governare? La risposta di Eugeny Morozov è ironica: l’attività di governo
trasformata in gioco, vista da vicino, non ricorda affatto una innocente
partita a Tetris.
Inauguro oggi una serie di post
dedicati al tema della “
gamification”
delle politiche pubbliche. Nei prossimi mesi racconterò, ponendole a confronto,
le politiche pubbliche che fanno uso di elementi di gioco. Nel farlo, esplorerò
il potenziale, e cercherò di comprendere i limiti, della
gamification del potere pubblico.
È un obiettivo ambizioso. Anzitutto,
perché molti dei problemi giuridici, economici, politici e culturali che pone
la
gamification delle politiche
pubbliche sono ancora privi di soluzioni. Poi perché, fino a oggi, nessuno ha
sviluppato un sistema per valutare l’impatto prodotto dalla
gamification sui sistemi di governo; né
esistono studi che descrivono quali competenze siano necessarie per progettare
politiche pubbliche che, sfruttando l’inclusione di elementi ludici, siano
anche efficaci. Soprattutto, nessuno ha ancora risposto a una domanda cruciale:
è davvero possibile promuovere una società migliore attraverso i giochi?
Sarà un viaggio interessante, un modo per contribuire al
dibattito sul potere pubblico del futuro, sulle immense potenzialità che offre
la tecnologia e sui rischi che a quelle, inevitabilmente, si legano.
*Gianluca Sgueo, Global
Media Seminar Professor, NYU Florencewww.gianlucasgueo.itGames,
Powers & DemocraciesTwitter
@GianlucaSgueo