Vivere senza Province, si può. La ricetta del Friuli Venezia Giulia che punta sulle UTI
Il Friuli Venezia Giulia, Regione a Statuto Speciale ha abolito a luglio 2016 le Province con legge costituzionale. Daniele Gortan e Milena Grion di ComPA FVG ci aiutano a mettere a fuoco i tratti distintivi del processo di riorganizzazione sistemica del loro territorio
2 Febbraio 2017
Chiara Buongiovanni
Prima ancora del Referendum costituzionale e dell’esplosione dell’emergenza istituzionale amministrativa sull’intero territorio nazionale, c’è una Regione italiana che ha deciso di fare a meno delle Province e ci è riuscita. Il Friuli Venezia Giulia, Regione a Statuto Speciale ha abolito a luglio 2016 le Province con legge costituzionale. Ma il passaggio davvero rivoluzionario sta probabilmente nella fase successiva a cui si sta alacremente lavorando: la riorganizzazione sistemica del territorio.
Così mentre con ordinanza n. 1027 del 20 gennaio 2017 il TAR del Lazio ha sollevato la questione di costituzionalità sull’obbligo (ex legge 56/2014) di esercizio associato delle funzioni per i piccoli Comuni, Daniele Gortan e Milena Grion di ComPA Friuli Venezia Giulia ci aiutano a mettere a fuoco i tratti distintivi del processo di riordino nella loro Regione, evidenziando più di qualche punto utile per la questione “nazionale”.
“L’introduzione dell’associazionismo comunale nella nostra Regione – spiegano – risale al 2006, con la prima legge regionale di riforma degli enti locali. La legge incentivava i Comuni a creare delle Associazioni intercomunali, ovvero delle organizzazioni di enti senza personalità giuridica con scopo di gestione associata dei servizi.”
L’obiettivo evidentemente era dare risposte migliori ai territori, ma anche rendere l’erogazione del servizio sostenibile per gli stessi enti. Daniele e Milena ci ricordano infatti che il Friuli Venezia Giulia conta 216 comuni molti dei quali collocati in zone montane, con una popolazione inferiore ai 1000 abitanti.
“A questa prima riforma – continuano – è seguita la legge 26/2014 che ha istituito un nuovo organismo all’interno della Regione: le UTI – Unioni Territoriali Intercomunali. Questa norma è uno dei pilastri del riordino territoriale portato avanti dalla Giunta e già descritto nelle linee di mandato della Presidente Serracchiani. La visione è quella di una pubblica amministrazione che funzioni in termini di sistema di Regione – Comuni”.
Nel luglio 2016 è stato poi raggiunto l’obiettivo più radicale: l’abolizione delle Province, a seguito di modifica dello Statuto regionale.
Dunque, sintetizzando, sul territorio del Friuli Venezia Giulia ci sono oggi la Regione, i Comuni e le forme obbligatorie di gestione associata dei servizi, così come declinate dalla legge 26/2014 in termini di UTI.
Come funzionano le UTI e in cosa si distinguono dalle Unioni dei Comuni della legge Delrio?
“Le UTI – ci spiega Milena Grion – sono obbligatorie per tutti i Comuni. Il territorio della Regione è stato suddiviso per legge in 18 UTI che aggregano 216 comuni. Ad oggi sono effettivamente attive diciotto UTI, ma non tutti i Comuni ne hanno sottoscritto gli Statuti, per cui alcuni di essi non sono parte di un’Unione. Precisamente sono 51 i Comuni che attualmente non rientrano nelle UTI. Su quest’ultimo dato ci sono due considerazioni da fare. Primo: alcuni Comuni non condividendo l’impianto della legge non hanno ancora aderito; secondo: è prevista una gradualità nel passaggio della gestione dei servizi alle UTI che troverà compimento nel 2018″.
Riguardo al trasferimento delle funzioni, Milena precisa che il legislatore regionale ha previsto che su alcune funzioni ci sia trasferimento totale alle Unioni, ossia l’intero processo decisionale riguardante quella funzione fa capo all’Assemblea dell’Unione, costituita dai Sindaci dei Comuni aderenti. Altre funzioni vengono invece gestite dall’Unione in avvalimento. Questo significa che, nel secondo caso, l’Unione è il gestore, ma le decisioni restano in capo ai Consigli comunali. Inoltre la legge prevede che – oltre alle funzioni obbligatorie – i Comuni abbiano facoltà di trasferire in UTI tutte le funzioni che riterranno opportuno.
Interessante l’azione che la Regione, insieme ad Anci Friuli Venezia Giulia, ha messo in campo a supporto della riorganizzazione territoriale.
“La Regione – ci spiega Daniele Gortan, direttore ComPA FVG – ha fatto un accordo con ANCI FVG affinché si potesse mettere in campo un percorso di accompagnamento per gli enti, di tipo formativo e di supporto organizzativo”.
Un processo di riorganizzazione implica infatti la disponibilità di competenze di natura amministrativa ma anche e soprattutto gestionale di cui spesso i Comuni sono sprovvisti. “La difficoltà – sottolinea Milena – sta nel fatto che il personale deve abituarsi a lavorare in un contesto diverso e il problema maggiore è che non abbiamo oggi delle managerialità in grado di gestire questo personale. Ad oggi solo poche UTI hanno un direttore”. E aggiunge “Per i Sindaci, poi, spesso si tratta di imparare a esercitare in modo diverso il proprio ruolo, che oggi necessita di abilità di negoziazione e costruzione di visione per poter attivare politiche di area vasta di cui sono loro i principali responsabili ed attori assieme alla Regione e agli attori socio economici del territorio”.
Ma la Regione, ben consapevole delle difficoltà, non rimane a guardare.
“Credo che le difficoltà che stiamo vivendo rientrino in un processo naturale di trasformazione organizzativa”, conferma. Insomma ci si trova nel bel mezzo di una sfida. E qui interviene ComPA FVG. ComPA nasce infatti come un ente che vuole accompagnare ed essere a servizio degli enti locali su territorio regionale per offrire loro supporto nella gestione della quotidianità. Associazione di diritto privato, tra enti datoriali pubblici, quali Anci, Uncem, Federsanita, ComPA offre servizi a tutti gli associati. Inizialmente orientato alla formazione di tipo tecnico, ha poi visto un allargamento di aree e competenze interne, andando a offrire servizi di formazione ma anche di consulenza organizzativa, confrontandosi con enti nazionali e internazionali, attraverso un’area dedicata alla progettazione europea.
“Avendo costruito una specializzazione molto forte – conferma Milena Grion – siamo per gli enti del territorio punto di riferimento. Ben tredici UTI hanno chiesto il nostro accompagnamento in termini di formazione e consulenza. Dallo scorso anno, su richiesta di Anci, abbiamo creato un nuovo servizio attraverso dei Centri di competenza che altro non sono che gruppi di funzionari pubblici riconosciuti nel sistema come esperti. Con questi gruppi, che noi coordiniamo e aiutiamo a crescere, abbiamo organizzato un servizio di erogazione di pareri su richieste tecniche da parte degli enti. Abbiamo così valorizzato le competenze che già esistono mettendole a sistema. In quest’ottica organizziamo periodicamente corsi di “formazione formatori”, dedicati ai funzionari affinché oltre a competenze tecniche acquisiscano anche competenze didattiche, diventando formatori dei loro colleghi”.
Se dovessero lanciare un alert ai territori che stanno cercando di lavorare nella stessa direzione, pur in un contesto di forte incertezza normativa, Milena Grion e Daniele Gortan concordano sul porre attenzione all’elemento “tempo”. “In Regione – spiegano- si sta lavorando sull’analisi di nuovi processi e modelli organizzativi dal 2004. Per i territori passare da una logica di adempimento e procedimento a una di processo e servizio richiede del tempo e delle azioni di supporto strategico. Su questo, per essere efficaci, bisogna essere lungimiranti e non frettolosi”.
Insomma, Roma non è stata costruita in un giorno ma neanche le gestioni associate.