CoContest vs Ordine Architetti: la battaglia simbolo della sharing economy on air su Eta Beta

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La scorsa settimana, a pochi giorni dalla presentazione della Proposta di Legge per la sharing economy (oggi alla Camera dei Deputati), la trasmissione radiofonica Eta Beta ha ospitato il primo “scontro frontale “ tra CoContest, startup che offre consulenza on line da parte di architetti di tutto il mondo, e l’Ordine che accusa il sito di concorrenza sleale. Ospitiamo una sintesi dell’intervento di Alessandro Rossi, di CoContest, rendendoci disponibili ad ospitare la controparte, dal momento che la discussione sul “caso Cocontest” apre in maniera netta e senza mezzi termini le questioni e i conflitti aperti dalla sharing economy. (Nota a margine, nel sondaggio postato da @EtaBetaRadio1 su Twitter, alla domanda “chi ha ragione?”, Cocontest ha vinto per 97 voti a 3).

2 Marzo 2016

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Alessandro Rossi, Cocontest

Come molti di voi già sanno, proprio mentre la nostra startup stava ultimando il percorso di accelerazione del prestigioso incubatore della Silicon Valley 500 Startups e stava iniziando a raccogliere i suoi primi investimenti al di là dell’Atlantico, CoContest ha iniziato a subire una lunga serie di attacchi da soggetti istituzionali (e non) proprio nel nostro paese d’origine: l’Italia.
Tutto è scaturito da una polemica, assurda e anacronistica, sul nostro brevissimo (30 secondi) spot che era stato caricato su YouTube. Da qui tramite connessioni, che francamente mi sono ancora oscure, la presunta onta subita dalla dignità della professione degli architetti a seguito del’operato di una startup innovativa (che oltre ad essere italiana pare non avere altri difetti) è arrivata fino al Presidente dell’Albo Nazionale degli Architetti e addirittura ad alcuni Parlamentari (ovviamente architetti di professione).

Siamo stati così costretti a subire un’interrogazione parlamentare (a firma di onorevoli di quasi tutti i partiti, tutti architetti ) e subito dopo una denuncia all’Autorità per la Tutela della Concorrenza, firmata niente di meno che dal Presidente dell’Albo in persona. Inoltre nei mesi successivi si sono susseguite numerose interviste pubbliche da parte di questi onorevoli parlamentari e dei funzionari dei vari Ordini (Nazionale e Provinciale) degli Architetti, in cui questi signori, spesso senza nemmeno aver aperto una sola volta il nostro sito internet come nel caso avvenuto per sua stessa ammissione dalla prima firmataria dell’interrogazione, condannavano CoContest come il più spregevole degli inganni (sia per i designer che per i consumatori), arrivando a definire una piattaforma che per i progettisti è libera e totalmente gratuita come una nuova forma di schiavitù.

A mio avviso, questo totale, cieco ed ingiustificabile ribaltamento della realtà ha l’obiettivo di proteggere le rendite di posizione di pochi professionisti privilegiati che da decenni vivono (e si arricchiscono) sfruttando migliaia di giovani stagisti; ragazzi che fino a 30-35 anni militano in studi privati per rimborsi spesa da miseria (e spesso gratis) facendo a mala pena i caddisti. Tutto questo in un contesto, quello del mercato della progettazione architettonica in Italia, dove gli architetti iscritti all’Albo sono il 10% degli architetti nel mondo (e non conto ingegneri e geometri) a fronte di una domanda interna che sì e no sarà tra l’1 e il 2% della domanda mondiale.

Dunque il rapporto tra domanda e offerta di servizi è, nella migliore delle ipotesi, 1 a 5 (se non 1 a 10) e i rappresentanti dell’Albo hanno deciso di ostacolare in qualsiasi modo lo sviluppo del player in assoluto più pro-concorrenziale di tutto il mercato, con grave ed evidente danno non solo per i consumatori italiani ma anche per tutti i professionisti italiani che già lavoravano proficuamente sulla nostra piattaforma. Senza considerare che ovviamente CoContest era (ed è ancor oggi) l’unico strumento per portare la massa dei consumatori stranieri agli architetti italiani, tamponando (se non risolvendo) così il problema strutturale del gap enorme tra domanda e offerta di servizi di progettazione in Italia.

Ma c’è di peggio, non contenti di questa condotta lesiva del mercato e degli interessi degli stessi iscritti che avrebbero l’obbligo ed il mandato di tutelare, i rappresentanti dell’Albo hanno deciso di sospendere il mio socio Filippo Schiano di Pepe (unico founder architetto) dall’Albo, di fatto privandolo della possibilità di esercitare la sua professione; proprio per aver avuto l’idea ed il coraggio di creare CoContest.
Mi verrebbe da dire: ecco come vengono ripagati gli innovatori (quelli veri, quelli che non si arrendono, quelli che non scendono a compromessi) nel nostro paese! E’ una vergogna non solo per noi ma per tutto il movimento degli startupper italiani, a cui ci si dovrebbe ribellare (mentre mi sembra che molti pseudo innovatori stiano facendo tutt’altro). Questo scempio sta avendo di fatto l’effetto di intimidire molti degli architetti iscritti all’Albo e regolarmente attivi su CoContest da tempo, tant’è che da mesi siamo pieni di messaggi ed email in cui gli architetti ci fanno presente il loro timore di intercorrere in una sanzione disciplinare nel caso in cui decidano di partecipare ai nostri contest.

Una volta intervistato il Presidente si è (ovviamente) professato aperto all’innovazione e ha cercato qualche punto dove attaccarci: la comunicazione non è chiara, a volte scrivete che il servizio tradizionale è poco plurale. La mia domanda allora è: Presidente lei come definirebbe la comparazione tra un sistema dove prendo un solo progetto ed uno dove ne prendo decine tra cui scegliere il più adatto alle mie esigenze? Se non fosse così perché i comuni allora lanciano dei concorsi?. Se il Presidente dell’Albo o qualsiasi altro architetto parlamentare fosse stato davvero aperto all’innovazione si sarebbero evitati gli insulti gratuiti mezzo stampa, le denigrazioni, le denunce senza prima fare nemmeno una chiamata e soprattutto la sospensione del mio socio Filippo, che se non ha un intento intimidatorio per gli stessi architetti, di certo ne sta avendo l’effetto. Non è troppo tardi per mostrarsi aperti all’innovazione e fare marcia indietro pubblicamente, io sono un sognatore e per questo spesso anche un ingenuo, dunque in fondo ci spero ancora.

Colgo questa occasione per fare un appunto anche sulla proposta di legge sulla Sharing Economy presentata oggi. Anche qui ho sentito diverse interviste in cui si professavano i migliori intenti, in cui si sosteneva che l’innovazione web e la sharing economy devono essere favorite e non fermate. Permettetemi di essere (eufemisticamente) scettico sui risultati e scusate anche sugli intenti iniziali. Ovviamente leggeremo con passione, interesse e concentrazione la proposta di legge, e se ci si arriverà, la legge finale (si sa come si cambi spesso dalle bozze alla legge).
Detto questo, non posso o forse semplicemente non riesco (giuro per amore per il nostro movimento Startup) ad astenermi dal fare un ragionamento che, almeno a me, sembra così ovvio e banale da costringermi a farmi delle domande viste le poche voci che sino ad oggi ho visto levarsi in tal senso. Ultimamente ho letto numerose interviste di uno startupper che invocava una regolamentazione per la sua bellissima società web innovativa. Alla fine le regole sono arrivate e banalizzando potrebbero suonare così: il tuo mercato è stato diviso in due categorie la prima aperta a chi fa il tuo servizio fino ad un massimo 5000 euro l’anno (quindi solo agli amatori, agli occasionali) e solo questi soggetti potranno essere i provider del servizio sul tuo portale. Tutti gli altri, i professionisti, quelli che il servizio lo fanno per lavoro, per mantenere se stessi e la propria famiglia, non potranno farlo sul sito. Adesso pensate allo stesso principio applicato a Uber o ad Airbnb, sarebbe come dire che un autista di Uber può fare il servizio ma solo per una corsa al giorno o una a settimana, e che il proprietario di casa che vuole usare Airbnb può sì affittare casa, ma solo un giorno al mese. Ora chiudete gli occhi e immaginate di vivere in un futuro regolato così, quante macchine di Uber pensate di trovare quando uscite dall’ufficio, piove e volete tornare a casa o andare di fretta ad una cena a cui siete in ritardo? E quante case in affitto, belle e convenienti, pensate di trovare disponibili quando vorrete andare a fare un bel weekend romantico a Parigi. Io non voglio vivere in un futuro così, solo per aver protetto qualche rendita di posizione.

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*Alessandro Rossi è co-founder della piattaforma Cocontest

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