Liberiamo le idee, la creatività e le responsabilità individuali.
Partenza inconsueta, ieri, per l’edizione 2008 di FORUM PA. Per la prima volta in diciannove anni il convegno inaugurale si è aperto con una passerella “di idee”, anziché “di politici”. Fatto salvo il saluto d’apertura di Renato Brunetta, neo ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione – per il suo “piano d’azione” mai più una PA autoreferenziale, ma che abbia famiglie, imprese e cittadini più deboli come stella polare – il dibattito è volato alto sui temi dell’ingegno e della creatività, dati per scontati in Italia eppure stranamente insufficienti ad indirizzare il Paese verso la competitività.
13 Maggio 2008
Partenza inconsueta, ieri, per l’edizione 2008 di FORUM PA. Per la prima volta in diciannove anni il convegno inaugurale si è aperto con una passerella “di idee”, anziché “di politici”. Fatto salvo il saluto d’apertura di Renato Brunetta, neo ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione – per il suo “piano d’azione” mai più una PA autoreferenziale, ma che abbia famiglie, imprese e cittadini più deboli come stella polare – il dibattito è volato alto sui temi dell’ingegno e della creatività, dati per scontati in Italia eppure stranamente insufficienti ad indirizzare il Paese verso la competitività.
Edward De Bono, l’ideatore del pensiero laterale, ha un modo affascinante di esprimere un concetto con due tratti di matita: i suoi disegni, più che le parole, ci hanno spiegato cosa vuol dire pensare in maniera creativa e quali sono i vantaggi di un pensiero innovativo. Arte, stile e creazione di idee: in questi tre ambiti più che altrove si declina la creatività secondo lo studioso americano. Se l’Italia eccelle nei primi due, sul terzo è indietro rispetto al contesto internazionale. Quella che manca è la creatività non a livello individuale ma di sistema, frutto dell’inefficienza complessiva più che dell’incapacità dei singoli. Lo ha spiegato bene Isaac Getz, il manager dell’innovazione, sintetizzando in poche battute gli errori che – è un classico – una società compie quando tenta di incentivare la propria capacità di innovare. Chi spende soldi per innovare, è alla ricerca della grande innovazione, tralascia la piccola e punta a brevettare, tutto e a tutti i costi. E, cosa forse ancora più grave, tende a considerare quasi esclusivamente gli innovatori di professione, i centri di ricerca e sviluppo. Gestire la creatività significa, invece, per Getz, andare a cercare ai confini delle organizzazioni, sul fronte, sul campo, lì dove è più stretto il contatto tra chi produce e chi acquista, tra chi vende e chi gestisce la logistica, tra chi sovrintende agli approvvigionamenti e chi consuma. È lì che si celano i disagi, da cui nascono le idee e la spinta a migliorarsi. Dei limiti dell’”ambiente” italiano, anche se da una prospettiva più tecnica, ha parlato anche Edward Prescott, premio nobel per l’economia nel 2004. Il declino – oggettivo – della produttività in Italia appare anche più sconcertante se confrontato ai quarant’anni, tra il 1955 e il 1995, di miracolo economico in cui l’Italia è cresciuta ad una velocità pari a quella degli Stati Uniti (fino a superarli del 10% a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta). Prescott non ha dato spiegazioni, ma ha suggerito quali potrebbero essere le azioni necessarie da intraprendere per uscire da questa crisi: incentivare le piccole aziende a crescere, eliminando lo squilibrio di “trattamento” tra piccole e grandi imprese; creare un mercato del lavoro flessibile, che non vuol dire precario ma in grado di assicurare ai lavoratori liberta di spostarsi per lavori migliori; abbattere le aliquote marginali che in Italia arrivano a sfiorare il 65%, anche a favore delle imposte dirette.
Per il sistema Italia tutto chiaro: ma che spazio ha la creatività nella Pubblica Amministrazione? Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, si è soffermato sul cambiamento di paradigma della società mondiale: da monocentrico, come è stato per tutta la storia dell’uomo, il mondo è divenuto policentrico. Da un’unica autorità che decide e comunica ai suoi terminali, oggi assistiamo ad una moltiplicazioni dei centri decisionali, in un sistema che trova il proprio equilibrio in un dialogo ed un confronto continuo, sulla base del principio della responsabilità del singolo. La Pubblica Amministrazione non può rimanere estranea a questo processo, deve accettare e far accettare di liberare le responsabilità individuali: solo in un contesto in grado di valorizzare questa dimensione i contributi dei tre pensatori internazionali assumono valore per la nostra amministrazione pubblica.
De Rita ha tratto dalla discussione delle considerazioni molto interessanti. Vale la pena di seguire l’intervento in video… eccovene un estratto. Arrivederci a domani a FORUM PA.