Meno 3 miliardi di fatturato in 4 anni. La strada in salita per le TLC italiane nel Rapporto Asstel
Ieri è stato presentato il Rapporto curato da Asstel, l’associazione che, nel sistema Confindustria, rappresenta le imprese della filiera delle telecomunicazioni.
Uno dei dati emersi* è il calo di fatturato degli operatori italiani di TLC per circa 3 miliardi negli ultimi 4 anni, di cui 1,6 miliardi dal fisso e 1,4 miliardi dal mobile, con conseguenze sul resto della filiera. Nella prima metà del 2010 si è registrato un calo del 2,3% rispetto al primo semestre del 2009.
28 Ottobre 2010
Redazione FORUM PA
Ieri è stato presentato il Rapporto curato da Asstel, l’associazione che, nel sistema Confindustria, rappresenta le imprese della filiera delle telecomunicazioni.
Uno dei dati emersi* è il calo di fatturato degli operatori italiani di TLC per circa 3 miliardi negli ultimi 4 anni, di cui 1,6 miliardi dal fisso e 1,4 miliardi dal mobile, con conseguenze sul resto della filiera. Nella prima metà del 2010 si è registrato un calo del 2,3% rispetto al primo semestre del 2009.
Banda larga
Secondo i dati presentati, tra giugno 2009 e giugno 2010 la banda larga in Italia cresce del +7,3%, ma rimaniamo ultimi tra i 5 principali Paesi UE (davanti all’Italia, nell’ordine Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna). Nonostante la penetrazione della banda larga mobile sia la più alta in Europa, considerando il livello totale di penetrazione (fisso piu’ mobile) rimaniamo agli ultimi posti con il 67% (accessi per famiglie).
L’analisi
In una intervista rilasciata a margine della presentazione del Rapporto al Sole24Ore, il Presidente di Asstel – Stefano Parisi – ha invocato "la fine del tabù della net neutrality". “Mi sembra improponibile – ha argomentato – che gli operatori TLC, che investono per aumentare la qualità delle proprie reti, non possano garantire velocità maggiori e certificate ai content provider che, a parità di condizioni, sono disposti a pagare di più per offrire al proprio cliente un servizio migliore”.
Secondo l’analisi di Parisi le TLC italiane soffrono di un problema di percezione. "C’è quasi un accanimento – spiega – nell’individuarle come il settore al quale, per il solo fatto di essere molto profittevole, si può attingere per trovare risorse che diversi business non hanno la capacità di reperire sul mercato”. D’altro canto, continua, le stesse TLC pagano lo scotto di alcune criticità strutturali. “Dobbiamo fare i conti con un trend iniziato nel 2006: ricavi in diminuzione, soprattutto a fronte del calo della voce fissa e della staticità dei volumi della voce nel mobile. Il traffico dati è esploso, ma senza compensare questa dinamica”.
Sulla banda larga, il problema per Parisi è soprattutto sulla domanda.
“Nel confronto europeo l’offerta italiana è sicuramente competitiva – spiega – così come lo sono i prezzi, ma resta molto da fare per la domanda”.
In primo piano i servizi pubblici. “Nella maggior parte dei casi da noi la regola è ancora la carta, lo sportello, e il web è l’eccezione. Bisogna accelerare lo switch off verso il digitale”.
Conclude sul progetto di un’unica rete nazionale a banda ultralarga. “Stiamo facendo uno sforzo, anche con il Ministero, per trovare dei punti di convergenza. Di certo, prima di ogni cosa, serve un quadro di regole chiare e stabili che incentivi chi dovrà programmare investimenti ingenti per i prossimi anni”.