Sharing economy 2016, l’anno delle regole. Partiti i lavori a Roma e Bruxelles
Dalla proposta di legge italiana (al momento depositata in bozza) all’Agenda europea per l’economia collaborativa in arrivo nei prossimi mesi, passando per l’impegnativo e promettente lavoro di “cerniera” tra Bruxelles e i territori sotto l’egida del Comitato delle Regioni, il 2016 si preannuncia un anno importante.
9 Febbraio 2016
Chiara Buongiovanni
Partiamo da Roma. Come “promesso” dall’on. Tentori alla Collaborative week 2015, il 27 gennaio è stata depositata la bozza di proposta di legge “Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell’economia della condivisione“. In questo modo l’attesa legge cd sulla sharing economy entra ufficialmente nella fase dei “lavori preparatori dei progetti di legge” e il suo iter potrà esser monitorato attraverso la scheda dedicata sul sito della Camera. “Non appena procederemo al deposito definitivo della proposta di legge presenteremo il testo pubblicamente e apriremo la fase di raccolta contributi”, rassicura la Tentori, membro dell’Intergruppo innovazione e nostra referente al Tavolo di discussione “Piattaforme della sharing economy. Proposte per il legislatore italiano”. L’iniziativa legislativa porta la sua firma (insieme a quella di altri).
Dunque, sul fronte nazionale stay tuned (e facciamo il possibile per accelerare e aprire i lavori parlamentari).
In stretto collegamento, le iniziative che si intensificano e si formalizzano a Bruxelles.
La Commissione si impegna sull’Agenda europea dell’economia collaborativa
Facendo propri i dati previsionali di PwC, per cui l’attuale traffico di 13 miliardi di euro generato nei cinque principali settori della condivisione (finanza peer-to-peer; condivisione e scambio alloggio; staffing on line; car sharing e condivisione di video e musica) arriverà su scala globale a 300 miliardi nel 2025 e valutando che un terzo dei consumatori europei nel 2015 si è dichiarato propenso ad aumentare la propria partecipazione nell’economia collaborativa, la Commissione europea è entrata ufficialmente “sul pezzo”.
Infatti, si è formalmente impegnata a rilasciare un’Agenda europea dell’economia collaborativa, nell’ambito della nuova strategia di rafforzamento e rinnovamento del Digital single market alla luce delle dirompenti innovazioni tecnologiche e di mercato degli ultimi anni e delle conseguenti accelerazioni in termini di opportunità e istanze. (Comunicazione 550 del 28 ottobre 2015).
Sostanzialmente, la Commissione riconosce che è necessario un ambiente regolatorio chiaro e bilanciato che permetta lo sviluppo dell’imprenditoria legata all’economia collaborativa, garantendo la protezione dei lavoratori, dei consumatori e di altri interessi pubblici e assicurando, al tempo stesso, che non siano imposti limiti regolatori non necessari su operatori di mercato nuovi o esistenti, a prescindere dal modello di business che ne caratterizza l’operato. In questo senso la Commissione si fa garante affinché le legislazioni nazionali non blocchino lo sviluppo dell’economia collaborativa in modi ingiustificati . Si impegna, inoltre, a mettere in piedi un sistema di monitoraggio per tracciare gli sviluppi a livello locale, nazionale, di azienda e di settore.
L’Agenda europea per l’economia collaborativa, in sintesi, conterrà linee guida su come le norme europee esistenti siano da applicarsi ai modelli di business dell’economia collaborativa, verificherà eventuali vuoti normativi e monitorerà lo sviluppo del nuovo modello economico. In termini di diritto europeo, le basi delle azioni intraprese dalla Commissione in materia di economia collaborativa, come chiarito dalla stessa Commissione, risiedono in un corpus normativo esistente: Direttiva sui servizi, Direttiva sull’eCommerce, norme europee in materia di diritti dei consumatori e ovviamente previsioni pertinenti contenuti nei Trattati. In collegamento con il “Digital Single Market” la Commissione ha lanciato, lo scorso settembre, la consultazione pubblica sul tema “Regulatory environment for platforms, online intermediaries, data and cloud computing and the collaborative economy”, dedicando appunto una sezione ai temi dell’economia collaborativa e delle piattaforme che la abilitano. A fine gennaio sono stati pubblicati i primi risultati, in forma molto sintetica. Niente di troppo nuovo per l’economia collaborativa: sostanzialmente la richiesta di linee guida chiare e di migliore informazione da parte di chi opera sul mercato, meno impellente la richiesta dal lato consumatori. La Commissione si è impegnata ad includere i risultati della Consultazione nell’Agenda prossima alla pubblicazione.
Il Parlamento europeo dà la sveglia ai
MEPs
A fine anno, da Bruxelles, è arrivato un interessante studio del
Parlamento europeo, che coglie “la tempesta perfetta del nuovo paradigma”,
riconoscendo come lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie stiano spingendo a una modifica sostanziale di norme sociali, tecniche, economiche e
industriali. Lo studio “Collaborative economy- Impact and Potential of Collaborative Internet and Additive Manufacturing”, considera la
questione da un punto di vista molto più ampio e si attesta come
un
primo studio a cui seguiranno altri di dettaglio e focus più specifico. In particolare, questa prima ricerca si propone di stilare “opzioni di policy” proprio per aiutare I
policymaker che si trovano a fronteggiare dinamiche e fenomeni così nuovi e
così ricchi di opportunità. La preoccupazione esplicita del gruppo di ricerca è
proprio questa: l’Europa rischia di adottare un approccio limitato al fenomeno dell’economia collaborativa e delle sue potenzialità
in termini di sviluppo economico e sociale. L’obiettivo è evitare la definizione di soluzioni normative prima che il
fenomeno sia stato ben compreso.
Cinque
i focus tematici:
Collaborative Internet Technologies, Big
Data and Open Data
, Crypto Currencies e Additive
Manufacturing Technologies.
Last but not least il parere del CoR. Il parere del Comitato delle Regioni dal titolo “Local and regional dimension of the Sharing Economy” – che aveva raccolto nei lavori preparatori i contributi del primo Tavolo “Piattaforme della sharing economy” dello scorso ottobr – è stato approvato il 4
dicembre a larghissima maggioranza. La relatrice, Benedetta Brighenti, vicesindaco
di Castelnuovo Rangone ne sottolinea così la portata: “Il testo del Parere
rappresenta un unicum nei processi del policymaking europeo, perché di ampio
respiro e con un occhio attento alla governance locale e alle energie e alle istanze
delle città e dei territori”.
Ora la cosa più importante è considerare
questo come “un primo step dove è stato messo nero su bianco cosa
pensano i territori. Gli elementi secondo me fondamentali per analizzare
cosa succederà in futuro sono le proposte che sono dentro al Parere, in cui
chiediamo all’Unione Europea non solo di evidenziare il tema (e di averlo ben
presente) ma anche di
finanziare progetti pilota, sviluppare
conoscenza sul tema
e di creare tavoli di discussione per
delle proposte legislative”.
Dunque, una volta approvato il Parere, si apre una seconda fase nel lavori del Comitato delle Regioni sul tema dell’economia collaborativa. “Da ora in poi – conclude Benedetta – dareigrandissima attenzione alle applicazioni concrete per la governancelocale, perché agire su questa scala ci permette di affrontare il tema a tuttotondo, trovando strade e soluzione di bilanciamento degli interessi che, come è noto, possono essere confliggenti. Su questo fronte l’Italiacon le sue sperimentazioni urbane e territoriali può sicuramente portare degli esempi importanti”.
Dunque un 2016 in cui il modello dell’economia collaborativa potrebbe superare l’hype iniziale e le sperimentazioni “di nicchia” per entrare con più decisione e impatto nelle filiere di produzione del valore economico, ma non solo.
Per chiudere, allargando le frontiere, date un’occhiata alle previsioni “The Top 10 Sharing Economy Predictions for 2016, by the Experts“, curate dal magazine Shareable. Secondo gli autori, lo sviluppo di piattaforme e di cooperative di lavoratori, la crescente sensibilità al tema dei commons, l’evoluzione del coworking, una vera a propria esplosione di servizi in condivisione abilitati dalle tecnologie stanno finalmente aprendo nuove frontiere. Frontiere promettenti ma anche sfidanti per l’ordine “costituito”.
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