Sharing economy: in Europa un progetto pilota per dare spazio alle piccole realtà

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Come si pone l’Unione Europea rispetto al tema della sharing
economy? E quale ruolo deve ricoprire la politica di fronte al cambiamento che
sta avvenendo e alle problematiche che si porta dietro? Nel giorno della presentazione della proposta di legge italiana (già fonte di accese e polarizzate discussioni), la riflessione di
Daniele Viotti, europarlamentare che nel giugno 2015 ha presentato un progetto
pilota sulla sharing economy, approvato a dicembre scorso e per il quale sono
stati inseriti nel bilancio dell’Unione europea 2 milioni e mezzo di euro. Un
progetto che, sottolinea Viotti, vuole sostenere le realtà di dimensioni minori,
che mettono al centro il modello peer to peer e rischiano di essere oscurate dalle
grandi piattaforme.

2 Marzo 2016

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Daniele Viotti, europarlamentare*

C’è una frase che più di tutte mi è rimasta nella mente da quando ho iniziato ad occuparmi di sharing economy. È il titolo di un articolo: “C’è sharing e sharing”. A testimonianza che il fenomeno è complesso e nuovo, è una sfida che la politica deve sapere comprendere e gestire.

Siamo di fronte a una nuova prospettiva, uno scenario possibile in grado di rimettere in moto l’economia creativa attraverso la collaborazione e la condivisione delle conoscenze e dei mezzi, che guardi allo sviluppo sostenibile, in contrasto allo spreco di risorse naturali che operiamo nel mondo.


Una nuova economia che non punta solo al profitto ma che è anche e soprattutto sociale. Il vero motore, la vera forza sta nella collaborazione tra le persone, nella condivisione di spazi, di esperienze, nella messa in rete di talenti.


“C’è sharing e sharing” mi è rimasto impresso perché le distinzioni vanno fatte per capire cosa si muove, ma soprattutto per evitare quello che viene definito “rischio uberizzazione”, cioè che nel dibattito si individui il fenomeno con il caso Uber, bloccando così il confronto a fronte di una forte polarizzazione delle posizioni.


Un’opportunità per l’Europa e per la politica


Da quando ho iniziato a occuparmi di questa materia ho intravisto in questo una grande opportunità per l’Europa, le sue istituzioni e per la politica.


Le esperienze di sharing sono simili nei vari stati membri, alcune di queste travalicano i confini e hanno bisogno di un ripensamento delle legislazioni nazionali. Se la tecnologia, la rete, le esperienze non possono essere racchiuse in confini statali, sarebbe interessante che fosse l’Unione a fare il lavoro di raccordo tra le diverse realtà e a dare risposte alle questioni aperte, pe esempio: come regolamentiamo un servizio come Uber accusato di concorrenza sleale, di illegalità, di sfruttamento dei lavoratori? come ci poniamo nei confronti nei confronti di Airbnb che offre soluzioni di pernottamento a prezzi più convenienti degli alberghi grazie a persone che condividono le loro case? come affrontiamo dal punto di vista normativo una realtà che non era prevista, come la regolamentiamo senza frenare o circoscrivere il fenomeno, per non rischiare di limitare la sua evoluzione, la sua spinta creativa? L’Unione europea su questo terreno può sperimentare la propria capacità di essere inclusiva e guida per il continente. E l’Italia può ritagliarsi il ruolo di portatore di innovazione creativa.


La politica deve fotografare ed essere consapevole del cambiamento che sta avvenendo, deve sapere affrontare le varie situazioni e le problematiche che si presentano, deve saper fare uno sforzo di prospettiva, in ottica continentale, deve sostenere nel miglior modo possibile questo cambiamento.


La strada percorribile


Così, a proposito di sostegno, a giugno 2015, ho presentato come parlamentare europeo un progetto pilota sulla sharing economy. Tecnicamente un progetto pilota è un finanziamento europeo che viene destinato a iniziative solitamente molto settoriali ma dall’alto potenziale aggiunto.


I progetti per essere approvati devono, innanzitutto, essere coerenti con le linee di bilancio europeo e prevedere azioni che non siano inseribili dentro altri programmi comunitari già in funzione. Normalmente vengono destinati ai progetti dai 500 mila euro al milione e mezzo di euro. Più rari, ma presenti, casi in cui sono stati stanziati due o tre milioni di euro.


La presentazione del progetto pilota era una delle vie percorribili per poter incidere sulle politiche legate a questo tema, un primo importante varco nelle Istituzioni europee, un passo nella direzione che avevo intrapreso dopo la mia elezione con una serie di iniziative atte a conoscere e far conoscere meglio la tematica sul territorio nazionale.


Per la definizione della bozza di progetto pilota utilissimi sono stati gli incontri realizzati in Italia, da Milano a Calvanico, passando per Bologna. Ho incontrato esperti, appassionati, imprenditori, ho raccolto punti di vista differenti, testimonianze, suggerimenti, idee e ho analizzato le maggiori esigenze. E’ stato un viaggio per l’Italia molto interessante che voglio continuare a fare.


Il progetto: 2 milioni e mezzo di euro


Nel mese di dicembre il progetto pilota è stato approvato e sono stati inseriti nel bilancio dell’Unione europea 2 milioni e mezzo di euro ad essi dedicati. Al di là della valutazione economica (sono tanti o sono pochi?) il dato è che l’Europa sia intenzionata a investire sul settore e lo ritiene un tema sempre più centrale. Nello stesso periodo sono usciti i risultati di uno studio commissionato dal Parlamento europeo sugli impatti e il potenziale dell’economia collaborativa, novità sulla sharing sono state inserite nel Digital Single Market ed è stato approvato il parere del Comitato delle Regioni.


Quello del progetto pilota è un vero e proprio percorso a tappe. A gennaio la Commissione europea ha selezionato un team di alti funzionari interni che hanno il compito di portare alla realizzazione concreta il progetto. Nella fase di presentazione, infatti, di un progetto, si individuano linee guida e scenari entro cui muoversi, ma è con la fase successiva di studio e implementazione che si definisce con esattezza a cosa saranno destinati quei fondi.


Gli incontri con il team sono stati due sinora nei quali è stata individuata una lista di interventi possibili su cui verranno realizzate valutazioni di fattibilità. Si va dalla questione della raccolta e lo scambio di esperienze tra Stati membri alla creazione di strumenti finanziari per promuovere la sharing economy, dalla realizzazione e condivisione di strumenti tecnologici a strumenti di garanzia.


Un progetto che punti alle piccole realtà


L’idea da cui nasce questo progetto pilota è quello di orientarsi verso le esperienze di dimensioni minori, nelle quali l’aspetto sociale è importante tanto quanto o di più rispetto alle logiche meramente commerciali. L’assenza di un confine chiaro dei fenomeni di sharing economy, come ho detto precedentemente, rischia di oscurare l’esistenza di questo tipo di realtà, cannibalizzate mediaticamente dalle grandi piattaforme.


Con il progetto pilota possiamo dare spazio a queste realtà sostenendole con strumenti concreti. Possiamo mettere al centro il modello peer to peer, quegli esperimenti, ancora limitati nel numero e nell’impatto, ma che possono diventare fondamentali come risposta a un momento di difficoltà economica e sociale.


*Daniele Viotti http://www.danieleviotti.eu/bio/

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