“SUD: Progetti per ripartire”: cosa è emerso dalla due giorni promossa dal Ministro per il Sud e la Coesione territoriale

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Un’iniziativa di ascolto e di confronto si è svolta, il 23 e 24 marzo, per riflettere su priorità e metodi in vista dell’elaborazione definitiva del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e della definizione delle politiche per il Sud. Nel frattempo è stato annunciato dalla ministra Mara Carfagna e dal ministro Renato Brunetta che 2.800 nuovi tecnici verranno assunti, nel giro di 100 giorni, nelle pubbliche amministrazioni meridionali proprio per rafforzare le strutture che dovranno seguire i lavori delle opere previste nel PNRR. Tiriamo un po’ le fila di questi eventi

26 Marzo 2021

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Maria Ludovica Agrò

Curatrice scientifica di FORUM PA Sud, Co presidente gruppo di lavoro MENA OCSE per le PMI e l’imprenditorialità

Photo by Helena Lopes on Unsplash - https://unsplash.com/photos/PGnqT0rXWLs

Approccio concreto e operativo. Vietato lamentarsi (o, almeno, solo lamentarsi), obbligatorio onorare la richiesta di portare sul tavolo come contributo costruttivo alle decisioni urgenti che le condizioni in cui versa il Sud richiedono, fabbisogni ben individuati e sostenuti da dati, proposte e progetti. Lo spirito di concretezza è infatti indispensabile per mettere a frutto le risorse del PNRR con un orizzonte di spesa al 2026, ma anche i Fondi strutturali cofinanziati della nuova programmazione da spendere entro il 2030 e le risorse nazionali di coesione con dead line al 2032. Questo l’orizzonte emerso dalla due giorni di confronto “SUD – Progetti per ripartire”, promossa dalla ministra per il Sud e la Coesione territoriale, Mara Carfagna, in vista dell’elaborazione definitiva del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dell’Accordo di Partenariato 2021-27. In evidenza anche la necessità di un rilancio del dialogo istituzionale e sociale, che poggia sulla convinzione che sia necessario uno sforzo corale per portare a termine la sfida di avviare la riduzione del divario che affligge da troppo tempo il Mezzogiorno d’Italia. Vediamo meglio cosa è emerso…

I numeri del Mezzogiorno, un quadro preoccupante

L’intervento del Presidente del Consiglio, Mario Draghi – che in apertura ha sottolineato la necessità di spendere bene le risorse che per il solo PNRR fino al 2026 valgono circa la metà dei 191,5 MLD€ complessivi messi a disposizione dall’UE per il nostro Paese e ridurre i tempi di realizzazione delle opere – ha preceduto la descrizione del contesto in cui il Mezzogiorno oggi si trova. Il reddito pro capite del Mezzogiorno è pari al 55% di quello su cui può contare un cittadino del centro Nord, il tasso di disoccupazione è doppio mentre l’occupazione è inferiore di 20 punti percentuali, anche le prospettive di vita sono più basse sia per gli uomini che per le donne. Inferiori le prestazioni di tutti i servizi pubblici, scuola e sanità in primis, fortissima l’emigrazione all’estero e verso il nord, che già ha fatto perdere in dieci anni l’equivalente di una città come Palermo e promette spopolamento e fuga di capitale umano formato nelle università del Sud, anch’esse, tuttavia, nella media con indicatori peggiori di quelle del centro nord.

Dalla consultazione pubblica ai tavoli di lavoro per definire le priorità per il Sud

Otto i tavoli tematici coordinati da parlamentari: università, lavoro, mobilità, scuola, transizione ambientale, salute, innovazione digitale e  ricognizione della questione meridionale, per un totale di 193 interventi e 36 ore di una campagna di  ascolto che ha coinvolto ministri, sottosegretari, i presidenti delle otto regioni, i sindaci delle città metropolitane e tre sindaci di piccoli comuni, rettori, aziende e rappresentanze di associazioni attive per il Mezzogiorno, completata dai contributi provenienti dalla consultazione pubblica online, che rimarrà aperta fino al 31 marzo.

Un lavoro estremamente complesso tirare le fila di questo enorme bacino di visioni, analisi e proposte ma che offrirà, questa la speranza e l’intenzione della Ministra, un elenco di priorità per una stagione di riscatto. Priorità che potranno essere declinate solo nella consapevolezza della loro forte interconnessione, dell’orizzonte di visione che in alcun modo potrà essere quello tragicamente breve del “consenso” della legislatura: un programma di lungo respiro, dunque, per più governi e più generazioni. Lo spazio assicurato ai precedenti Ministri ha fatto capire che non si ripartirà a tutti i costi da zero, ma che c’è la volontà di valorizzare quanto di buono è stato fatto.

La questione meridionale è il tema economico più discusso nella nostra storia unitaria e la lezione della Cassa del Mezzogiorno è da valorizzare per il disegno unitario di sviluppo che ha posto in atto, con l’obiettivo di ridurre e possibilmente chiudere il divario, obiettivo che fino al 1970 sembrava su buoni binari: il Paese cresceva e il Sud recuperava. Ma il Paese da 25 anni cresce poco e dopo il 2008 e le due crisi il divario si è allargato e il Sud non recupera più e resta sempre più indietro.

PNRR: cosa serve al Sud per non perdere questa occasione

Il PNRR deve mirare all’inclusione e deve porre rimedio ai divari territoriali, obiettivo primario delle risorse, e non basteranno gli investimenti pubblici e privati su capitale umano e produttivo, ma sarà indispensabile che i progetti siano ben gestiti e i traguardi intermedi (target milestones) siano raggiunti, unica condizione per poter ricevere le risorse successive all’anticipo legate appunto al raggiungimento dei risultati.

Per fare questo da molti è stata invocata la semplificazione delle procedure, ma anche una non sovrapposizione di competenze nei procedimenti amministrativi e il rafforzamento delle strutture che divengano solide ed efficienti sia a livello di PA centrale che locale, per irrobustire la capacità amministrativa di attuazione.

Per onorare questa esigenza indicata da tutti come strategica, occorrerà che i 2.800 nuovi tecnici che verranno assunti nel giro di 100 giorni nelle pubbliche amministrazioni meridionali (come annunciato nel corso di una conferenza stampa dalla ministra Mara Carfagna e dal ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta) siano non solo distribuiti come è stato anticipato fra amministrazioni che gestiscono parte del PNRR (regioni, città metropolitane e comuni), ma che questo avvenga dopo aver rivisto le competenze degli enti, aver assicurato che ci siano centrali di progettazione e di committenza a servizio di più comuni molto piccoli e che sia garantita l’esistenza di strutture competenti di accompagnamento a servizio di più enti locali.

Bisognerà anche salvaguardare l’aggiuntività sia delle risorse del PNRR che di quelle di coesione, assicurando che le politiche ordinarie facciano il loro compito relativamente agli investimenti (che dal 2008 per il SUD  si sono dimezzati, scendendo da 21 mld€ a 10 mld€),  ma anche per l’adozione di misure di parte corrente da affrontare con strumenti ordinari, così da garantire le risorse per la gestione successiva degli investimenti fatti…asili nido, assistenza agli anziani, edilizia  scolastica, tempo pieno, infrastrutture di mobilità, solo per fare qualche esempio.

Un cambio di passo nella gestione delle risorse

L’approccio multidimensionale del PNRR ha sottolineato il Ministro Franco è adatto ad affrontare le problematiche del Mezzogiorno perché le problematiche aggredite sono molte – strutture fisiche e immateriali, scuola, politica attive del lavoro, salute, transizione ecologica e digitale – tuttavia il PNRR non risolverà la questione meridionale, perché non è realistico poter superare i divari in sei anni. Bisogna tuttavia tenere presente che il disegno di una politica nazionale per il Sud ha al suo attivo altre risorse che la legislazione nazionale ha stanziato e che ammontano per il prossimo decennio a  circa 200mld€ e che su obiettivi comuni europei possiamo agire in modo coordinato con  rilevanti mezzi per affrontare i problemi, avendo a disposizione anche i fondi strutturali della programmazione  2021-2027 e gli 8 mld€ del React EU ancora a disposizione, che fanno da ponte fra le due programmazioni, oltre al Fondo sviluppo e Coesione un pacchetto che vale 100 mld€.

È necessario un cambio di passo nei tempi di impiego delle risorse, rafforzando le strutture tecnico operative che gestiscono le risorse e i progetti, una stretta collaborazione interistituzionale di ministri, regioni, città metropolitane e comuni, un ruolo attivo delle Università, delle associazioni e di tutti gli attori in campo per un’azione corale.

Per sua natura la politica di sviluppo deve essere unitaria e non frazionata, non può prescindere dall’individuazione delle filiere promettenti che riallaccino il Sud al Nord del Paese e anche le misure incentivanti necessitano di essere rilette in modo coordinato e sinergico.

Industria e ricerca come leve di sviluppo, digitale e transizione verde come parole chiave

Gli spunti più interessanti emersi, alcuni posti già al centro delle riflessioni condotte nelle due edizioni di Forum PA SUD 2019 e 2020, sono da riportare a numerosi interventi in tutti i tavoli, che hanno sottolineato come il SUD non crescerà solo con il turismo, ma che sono necessari industria e ricerca. Una politica industriale che declini transizione ecologica e digitale è irrinunciabile.  Il reddito delle aree industriali del Sud, anche se in crisi, è più alto rispetto ad altre zone perché comunque l’industria è in grado di creare più opportunità di occupazione.

Il Mezzogiorno può trarre molti vantaggi dalla transizione verde essendo la bioeconomia e l’economia circolare una chiave di sviluppo privilegiato del SUD che si trova ad essere in questo senso green field. La ricerca assicura l’innovatività delle risposte ed è necessaria sia in campo strettamente industriale che sanitario.

Ecco alcuni spunti che possiamo evidenziare: la grande opportunità delle rinnovabili, idrogeno verde più a lunga scadenza, ma biomasse e energie rinnovabili a breve, che garantirebbero per loro stessa natura occupazione legata al  territorio e sviluppo di nuove e necessarie professionalità, chiusura del ciclo della rigenerazione dei rifiuti e attenzione alle materie prime seconde; tema della cura come grande questione pubblica, nuova organizzazione della sanità territoriale guardando non solo al rapporto posti letto popolazione ma anche posti letto e distanza in km; portualità strategica nel Mediterraneo e ruolo delle ZES, che saranno rafforzate nella governance e nelle opportunità di attrazione perché giudicate strumento cruciale di sviluppo, per cui è stato proposto un interessante sistema integrato; rafforzamento delle capacità progettuali e maggiore ruolo alle città in rapporto diretto con il Governo centrale; rivedere il rapporto Stato regioni, laddove questo non ha apportato valore aggiunto. Un cambio di passo nella cultura digitale, tanto da arrivare a suggerire che i prossimi segretari e dirigenti dei comuni debbano essere dei data scientist, e che le assunzioni per la PA debbano essere effettuate sulla base delle professionalità necessarie a gestire il cambiamento.

Conclusioni: una riflessione importante, con alcuni aspetti ancora in ombra

Due elementi che mi sembra di poter citare come filo rosso di questa due giorni, i più  significativamente positivi fra tutti anche perché condivisi anche dal  ministro dell’Economia, sono: il superamento della spesa storica come criterio per la determinazione dei livelli essenziali di prestazione, unito alla rivendicazione dei diritti dei cittadini del Sud a vedere in pieno rispettato il dettato dell’articolo 3 della costituzione; il focus con monitoraggio continuo sull’attuazione e il rafforzamento della capacità di progettazione e di spesa legato allo snellimento delle procedure e alla modifica del Codice degli appalti in aderenza alla normativa UE, con una significativa riduzione dei tempi di attraversamento amministrativo. Speriamo che questo secondo punto sia declinato non tramite provvedimenti derogatori, ma sperimentando procedure destinate poi a divenire ordinarie.

Grandi assenti in termini di contributo innovativo le analisi del fabbisogno e politiche di genere, mentre le donne al SUD sono fortemente svantaggiate. Sono state spesso evocate, ma non hanno ottenuto un proprio spazio di ragionamento. Fra tutte spicca la proposta dell’accompagnamento delle studentesse alle STEM con una best practice già sperimentata in Sicilia.

Infine giudico molto positivo che si sia deciso di fare emergere dalle varie missioni del PNRR un capitolo SUD: pur presente come priorità trasversale, non era facile capire il disegno complessivo sul Mezzogiorno. Tracciare un disegno organico visibile di come si interverrà e come anche i suggerimenti di questa due giorni verranno tradotti in misure e come le risorse verranno destinate, aggiunge chiarezza a un’azione politica e amministrativa che si candida a condurre il Sud fuori dalla trappola di un ritardo di sviluppo sociale ed economico durato troppo a lungo.

Molto significativo, e lo cito per questo in chiusura, l’appello appassionato del maestro Muti per la cultura grande vittima della pandemia, che nutre lo spirito di speranza e senza la quale si perde identità, dignità e benessere. Bene ha fatto la Ministra ad affidare la rilevanza di questo aspetto ad un appello. La cultura è un tema trasversale e non settoriale che deve alimentare ogni riflessione. 

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