Comunicazione pubblica digitale: quali garanzie di qualità al tempo dei social e dell’AI

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Sono molte le sfide aperte per i comunicatori pubblici e numerose le traiettorie di ricerca, anche rispetto a scenari tecnologici che mutano in fretta per l’introduzione di soluzioni di intelligenza artificiale di tipo generativo. Occorre mettere sempre più al centro la qualità della comunicazione pubblica digitale per permettere alla PA di distinguersi nell’overload comunicativo e nella tossicità degli ambienti di Rete, per essere orientata ai bisogni, agli usi e ai linguaggi dei cittadini, per garantire trasparenza e accountability ed evitare di deteriorare la qualità del dibattito pubblico in un contesto caratterizzato da una crescente sfiducia verso le istituzioni

16 Novembre 2023

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Alessandro Lovari

Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università di Cagliari

Foto di AbsolutVision su Unsplash - https://unsplash.com/it/foto/article-de-journal-dentreprise-WYd_PkCa1BY

Cosa significa fare comunicazione pubblica digitale oggi? Quali trasformazioni stanno apportando i social media e l’intelligenza artificiale alla comunicazione del settore pubblico? Perché è importante per i comunicatori pubblici porre attenzione alla qualità dei contenuti prodotti a livello istituzionale negli spazi digital? Si tratta di un tema, quello della qualità della comunicazione pubblica negli ambienti digitali, che è entrato da qualche anno nell’agenda di ricerca dell’accademia italiana e che è stato al centro di un recente seminario organizzato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy. L’incontro, dal titolo “La qualità della comunicazione pubblica istituzionale nell’era digitale”, si è svolto il 13 settembre scorso, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Cagliari e il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale di Sapienza Università di Roma.

La comunicazione pubblica nell’era digitale: numeri in crescita

Numerosi studiosi e studiose hanno evidenziato come la comunicazione pubblica in Italia sia cresciuta, grazie alla spinta della sperimentazione di nuove interfacce digitali (come app e chatbot) e in seguito all’istituzionalizzazione de facto dei social media come canali di comunicazione istituzionale. Questo fermento ha avuto un’accelerazione d’uso e di visibilità in seguito allo scoppio della pandemia da Covid-19 che ha permesso alla comunicazione istituzionale di riacquisire un ruolo centrale nei consumi mediali dei cittadini e nell’attenzione mediatica. Dal lockdown del marzo 2020 durante tutte le fasi acute della crisi pandemica è infatti aumentato il numero delle amministrazioni pubbliche, da quelle centrali agli enti locali, che hanno aperto canali istituzionali su piattaforme digitali come Facebook, Twitter (oggi X), YouTube e Instagram.

La visibilità si è espressa attraverso un’iperproduzione di messaggi, ma anche in un investimento di corredi visuali inediti soprattutto nel digitale, con l’uso di tecniche di storytelling e l’ibridazione con i linguaggi della comunicazione d’impresa e della comunicazione politica. Flussi accompagnati da un diluvio di dati e dalla lotta alla disinformazione divenuta ormai problema pubblico.

É aumentata quindi la quantità della comunicazione istituzionale: quantità delle pratiche, delle superfici comunicative, dei flussi informativi, ma anche dei professionisti che gestiscono l’interfaccia social della PA nei confronti dei cittadini e degli operatori dei media che oggi sempre più necessitano di fatti da trasformare in notizie, al di fuori dei rituali tradizionali delle media relation.

Chi è stato coinvolto da questo processo? Comunicatori e comunicatrici che già lavoravano per le amministrazioni, nuovi assunti al servizio della comunicazione digitale (ad esempio social media manager o figure simili), ma anche agenzie di comunicazione integrata che hanno attivato e/o aumentato le collaborazioni con istituzioni pubbliche per la realizzazione e pianificazione di campagne digital (anche sulla spinta dei bandi del PNRR), o per gestire canali social istituzionali, attraverso attività di outsourcing del servizio.

Cosa significa comunicazione pubblica di qualità

Accanto a questa quantità, virtuosa e spesso spinta da community di innovatori, occorre costruire un processo di riflessione critica sui suoi effetti e sui suoi elementi strutturali. Oggi è importante riflettere non solo sulla quantità dello sforzo che tutti assieme abbiamo fatto per riportare al centro delle agende pubbliche e politiche la comunicazione istituzionale. Occorre fermarci a ragionare – anche in maniera critica – sull’impatto che tale quantità ha avuto nei cittadini, e soprattutto chiederci cosa significa comunicazione pubblica digitale di qualità e quali sono i fattori da cui dipende.

Ma cosa si intende per qualità? Secondo il dizionario Treccani, qualità è l’insieme delle proprietà che caratterizzano una persona, un animale o qualsiasi altro essere, una cosa, un oggetto o una situazione, o un loro insieme organico, come specifico modo di essere, soprattutto in relazione a particolari aspetti e condizioni, attività, funzioni e utilizzazioni.

La qualità è un concetto multidimensionale, studiato da numerose discipline, su cui convergono visioni diverse. In tale ottica occorre focalizzare l’attenzione su elementi chiave di natura interna e su variabili di scenario esterno che possono determinare l’efficacia e l’efficienza dei flussi comunicativi. Perché la comunicazione, come gli studi su di essa, non avvengono in un vacuum, come sottolineano Fuchs e Qiu (2018), e quindi occorre misurarsi con problemi organizzativi e contesti in evoluzione.

Per cui analizzare la qualità della comunicazione pubblica digitale significa da un lato mappare le condizioni organizzative e i fattori contestuali che abilitano (o rallentano) una produzione efficace ed efficiente di comunicazione e informazione di pubblica utilità dentro alle istituzioni pubbliche. Dall’altro occorre approfondire se la comunicazione pubblica erogata dalla PA è riconosciuta come utile ed è percepita come tale dai cittadini, e quindi necessita di essere comparata con le percezioni dei pubblici di riferimento che ne fruiscono. Le due percezioni devono essere messe in relazione e fatte dialogare tra loro per costruire una mappa dinamica della qualità che non sia troppo schiacciata su uno dei due poli, o miope nel non considerare l’altro.

Si tratta di temi sui quali la ricerca universitaria ha iniziato a porre attenzione con sguardi disciplinari diversi, focalizzandosi sul quadro d’insieme dell’ecosistema informativo, o su specifici segmenti del settore pubblico, come, ad esempio, il Governo, il Ministero della Salute, le regioni, i singoli comuni, le aziende sanitarie territoriali e le università. In una prospettiva critica è evidente come, in numerose occasioni, questo flusso comunicativo istituzionale sia stato parzialmente efficace, rimanendo intrappolato in resistenze burocratiche e nelle logiche algoritmiche delle piattaforme digitali. Oppure non sia stato compreso e/o decodificato correttamente dal sistema dei media e dai suoi principali destinatari, i cittadini. Perché come affermano Fleischer and Burton (1995) la misurazione della qualità non deve essere vista come un lavoro extra, ma piuttosto come parte delle normali operazioni delle organizzazioni.

Qualità della comunicazione pubblica social: un progetto di ricerca

In tale contesto il Progetto di ricerca “La Qualità della Comunicazione Pubblica Social”, realizzato dal Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Cagliari e dal Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale di Sapienza Università di Roma, nelle sue prime due annualità ha studiato questo concetto attraverso numerose attività, grazie all’uso di software specifici (ad es. Crowtangle, Nvivo), attraverso diverse piattaforme (Twitter, Facebook, ma anche i siti web istituzionali), analizzando le reazioni dei pubblici connessi e la voce dei comunicatori e delle comunicatrici che si sono misurate su questi temi durante la pandemia.

Riadattando l’”Information System Success Model” di DeLeone e McLean al contesto pubblico e allo scenario digitale, il team di ricercatori di Cagliari e Sapienza, ha applicato i sei livelli del modello alla comunicazione istituzionale a livello di ministeri e amministrazioni centrali. In particolare queste tematiche sono stati indagate attraverso trenta interviste in profondità a testimoni privilegiati (capi uffici stampa, social media manager, responsabili della comunicazione) per approfondire le innovazioni e le resistenze delle culture organizzative italiane, che hanno permesso di far emergere il senso attribuito dai professionisti al concetto di qualità e le diverse dimensioni di questo tema.

In particolare dalle oltre 24 ore di interviste, analizzate con un approccio tematico, emergono diverse dimensioni: la qualità della comunicazione pubblica vista come affermazione dei principi di trasparenza e accountability, attribuendole un valore legato anche alla specifica normativa in materia; la qualità concepita come ottimizzazione delle routine produttive dentro alla PA e come miglioramento dell’efficacia dei testi e dei contenuti visual; la qualità come processo di dialogo costante tra l’istituzione e i pubblici (interni/esterni), in una prospettiva citizen-oriented e di pubblica utilità; infine emergono anche quelli che possiamo chiamare “negazionisti” della qualità che affermano come la qualità della comunicazione istituzionale non è perseguibile fino in fondo per le ibridazioni e a volte, la cannibalizzazione, da parte della politica, oltre che per la mancanza di vision e di risorse.

Sfide e prospettive per i comunicatori pubblici

In questo quadro sono molte le sfide per i comunicatori pubblici e numerose le traiettorie di ricerca, anche rispetto a scenari tecnologici che mutano in fretta per l’introduzione di soluzioni di intelligenza artificiale di tipo generativo.

Occorre quindi mettere sempre più al centro la qualità della comunicazione pubblica digitale per permettere alla PA di distinguersi nell’overload comunicativo e nella tossicità degli ambienti di Rete, per essere orientata ai bisogni, agli usi e ai linguaggi dei cittadini, per garantire trasparenza e accountability ed evitare di deteriorare la qualità del dibattito pubblico in un contesto caratterizzato da una crescente sfiducia verso le istituzioni.

Una qualità che deve passare inevitabilmente anche da processi di monitoraggio e verifica dei processi e delle pratiche comunicative, adottando tutte le tecniche e gli strumenti a disposizione dei comunicatori, e collaborando con il mondo accademico per progetti congiunti e per la formazione del personale. In un gioco di squadra che spesso negli anni si è fermato a mere posizioni di cortesia, senza svilupparsi in modo fattivo e collaborativo.

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