IA e fake news minacciano la fiducia nei governi: il ruolo della statistica e dei dati di qualità

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La manipolazione delle informazioni online ha un pericoloso effetto di generare sfiducia nei confronti dei sistemi pubblici e delle istituzioni: per questo, nell’era della digitalizzazione della comunicazione e dell’intelligenza artificiale generativa, uno dei compiti fondamentali della pubblica amministrazione è di comunicare col cittadino in modo certificato e affidabile. Il Digital Talk organizzato da FPA in collaborazione con Istat ha guardato esattamente alla sfida di un’informazione corretta e imparziale nell’era dell’IA, evidenziando il contributo che può dare la statistica nel promuovere la cultura del dato di qualità

25 Ottobre 2024

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Patrizia Licata

Giornalista

Digital Talk di FPA e Istat “Big data e disinformazione: il ruolo della statistica nell’era dell’IA" del 4 ottobre 2024

“Nelle speranze di molti, l’ascesa dei social media avrebbe dovuto democratizzare l’accesso alle informazioni e fornire un nuovo mercato digitale delle idee. Oggi vediamo fin troppo chiaramente che questa visione era a dir poco ingenua .La diffusione della disinformazione ha prodotto l’incapacità di mettersi d’accordo persino sui fatti di base”. Queste dichiarazioni di Paolo Gentiloni, commissario europeo per gli Affari economici e monetari, rese durante il suo recente intervento a Venezia, alla quinta conferenza del Soft Power Club, forniscono un quadro chiaro di come i canali digitali abbiano rappresentato un’arma a doppio taglio per la diffusione delle informazioni.

I rischi oggi sono esacerbati dall’ascesa dell’intelligenza artificiale, che permette una manipolazione avanzata dei dati e dei contenuti. Uno studio presentato l’anno scorso da Freedom House, organizzazione in difesa dei diritti umani, ha sottolineato come l’IA stia incidendo ulteriormente sulla disinformazione online, mettendo in discussione la fiducia nelle informazioni che circolano sul web. Più di recente, uno studio condotto dal Center for Countering Digital Hate, organizzazione no-profit britannica che lavora per fermare la diffusione dell’incitamento all’odio e della disinformazione online, ha rilevato che l’utilizzo dell’intelligenza artificiale ha fatto aumentare in un anno del 130% le fake news che circolano in rete.

Questi temi sono stati al centro del recente Digital Talk organizzato da FPA in collaborazione con Istat su “Big data e disinformazione: il ruolo della statistica nell’era dell’IA”. I big data, intesi come grandi volumi di dati generati da diverse fonti, offrono opportunità straordinarie per l’innovazione e la conoscenza, ma esistono anche algoritmi sofisticati in grado di manipolarli per creare narrazioni false o fuorvianti, che vengono diffuse rapidamente attraverso i social media e altri canali digitali. La disinformazione che ne deriva polarizza le opinioni pubbliche, fino a minare lo stesso processo democratico.

“La disinformazione ha l’effetto di creare una forte sfiducia del cittadino verso le istituzioni e la PA è chiamata a rispondere con progetti di comunicazione integrati che partono dall’analisi dei comportamenti degli utenti per poi cercare di contrastarli”, ha affermato Alessandra De Marco, Ufficio per l’informazione e la comunicazione istituzionale, Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, intervenuta al Digital Talk. “Noi stiamo puntando su campagne che evidenziano l’importanza della verifica delle fonti e dei dati che si condividono. Un quarto dei cittadini italiani appartiene a un cluster che definiamo ‘cittadini distanti’, perché non si informano quotidianamente da fonti professionali, ma ritengono di informarsi correttamente attraverso i social network e la messaggistica. Il primo compito delle istituzioni è avvicinare queste persone e dare credibilità alle informazioni veicolate attraverso i propri canali ufficiali, social compresi”.

IA e fake news: il ruolo della statistica

In questo contesto la statistica ufficiale ha un ruolo fondamentale, come dimostra il lavoro che sta conducendo Istat nel veicolare dati e informazioni verificate e nel favorire la cultura del dato tra i cittadini. L’intelligenza artificiale in questo senso rappresenta uno strumento che aiuta gli statistici.

“Noi oggi lavoriamo su una quantità di dati enorme e di origini disparate. L’intelligenza artificiale ci può dare una mano rendendo il nostro lavoro più efficiente senza andare a scapito della correttezza, della qualità e della pertinenza del dato; quindi, usando modelli di IA che abbiano prima verificato”, ha dichiarato Serenella Ravioli, Direttore Centrale per la comunicazione, informazione e servizi ai cittadini e utenti, Istat. Per quanto riguarda la messaggistica e i social, così usati oggi dagli utenti, soprattutto della Generazione Z, per “informarsi”, Ravioli ha detto che le istituzioni devono partire costruendo una presenza credibile su questi stessi canali.

“Non dobbiamo rischiare di arrivare in ritardo e riconcorrere anziché governare il processo”, ha affermato Ravioli. “Credo che tutti i comunicatori pubblici, così come gli statistici, debbano lavorare a questo processo di costruzione di modelli che restituiscono dati ai cittadini portando valore pubblico”.

Il necessario governo umano dei modelli

Istat ha un ruolo importante nell’insegnare ai cittadini ad accedere a dati validi e combattere la disinformazione, secondo Massimo Fedeli, Capo Dipartimento Sviluppo di Metodi e Tecnologie per la Produzione e Diffusione dell’Informazione Statistica, Istat. L’istituto di statistica – che ha di recente rinnovato il sito proprio nell’ottica di facilitare ulteriormente la ricerca e la fruizione di informazioni certificate -, vuole dare il suo contributo all’alfabetizzazione digitale dei cittadini.

Fedeli ha ricordato come molto spesso si parli delle competenze tecniche per lo sviluppo di algoritmi e nell’addestramento dei modelli, ma si dimentichino le competenze fondamentali.

“Bisogna creare le basi culturali che rendano consapevole chi utilizza l’IA di quali sono potenzialità e rischi”, ha affermato Fedeli. “Questo vale anche per i dipendenti della PA. Istat sta già investendo in questo ambito insieme all’HR, perché dobbiamo saper scegliere quale algoritmo o modello usare, come addestrarlo e con quali limiti applicarlo. Le domande ai sistemi di IA le facciamo noi e i contenuti li mettiamo noi: c’è un importante ruolo svolto dal governo umano di questi strumenti”.

La sfida della formazione e della comunicazione

Anche Alessandro Rinaldi, Vice Direttore Generale presso Centro Studi delle Camere di commercio, ha ricordato il ruolo fondamentale delle competenze nell’arginare i rischi di bias, ovvero le temute discriminazioni in cui può cadere il software di IA. “È importante fare formazione ed essere veloci, perché i cambiamenti sono rapidissimi e non facciamo in tempo a classificare una tecnologia che già diventa obsoleta. Questa è la sfida che chiama in causa anche i centri studi come il nostro, oltre al mondo della statistica”, ha affermato Rinaldi. 

“Dobbiamo declinare la formazione in modo nuovo sia verso i dipendenti che i cittadini, e anche fare comunicazione in modo nuovo”, secondo Mario Nobile, Direttore Generale AgID. Oggi AgID sta mettendo a punto le sue linee guida sull’IA, con un’attenzione particolare alla raccolta e al trattamento dei dati e alla loro qualità nella PA.

“Tutti i soggetti che usano l’intelligenza artificiale, non solo le PA”, ha affermato ancora Nobile, “devono lavorare sul bias, che è un tema molto sfaccettato, perché non indica solo errori o pregiudizi, ma la rispondenza del sistema di IA a ciò che impone la legge. E che potrebbe variare da un Paese all’altro”.

Dati di qualità per costruire fiducia e coesione sociale

Per tutti gli speaker intervenuti al Digital Talk organizzato da FPA con Istat, la grande sfida della statistica ufficiale e delle istituzioni in genere è disporre di dati di qualità, perché un dato certificato è un dato in cui hanno fiducia i cittadini e che aiuta a costruire un’informazione obiettiva.

Nel contempo, le istituzioni devono svolgere un’azione di alfabetizzazione digitale, formando nei cittadini le competenze che servono a navigare la complessità dell’informazione e della disinformazione online e ad estrarne i dati affidabili che permettono – a cittadini e policymakers – di prendere decisioni e di essere a loro volta comunicatori credibili e consapevoli anziché strumento di diffusione di contenuti falsi o discriminatori.

“La fiducia, come ha detto Robert Putnam, è una componente essenziale della coesione sociale”, ha affermato il commissario Gentiloni nel citato intervento. “Le nostre istituzioni rimarranno credibili se saranno in grado di affrontare le grandi sfide economiche e sociali del nostro tempo: crescita sostenibile, clima, sicurezza, intelligenza artificiale”.

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