Le città cambiano e crescono. Cambia il loro modo di comunicarsi (?)

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Con la Legge n. 56 "Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni" si sta finalmente giungendo ad un punto di svolta per la nuova geografia istituzionale. Le dieci grandi città interessate dalla riforma, insieme alle altre quattro situate nelle regioni a statuto speciale, sono chiamate a trasformarsi rapidamente, e non soltanto istituzionalmente, per cogliere le migliori opportunità e vincere le sfide più complesse che questo cambiamento lascia già intravedere. Per far comprendere i radicali cambiamenti a cui andranno incontro i cittadini e le imprese, sarà necessario modificare profondamente anche il modo di comunicare e di confrontarsi con la popolazione.

16 Giugno 2014

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Martina Cardellini

Con la Legge n. 56 "Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni" si sta finalmente giungendo ad un punto di svolta per la nuova geografia istituzionale. Le dieci grandi città interessate dalla riforma, insieme alle altre quattro situate nelle regioni a statuto speciale, sono chiamate a trasformarsi rapidamente, e non soltanto istituzionalmente, per cogliere le migliori opportunità e vincere le sfide più complesse che questo cambiamento lascia già intravedere. Per far comprendere i radicali cambiamenti a cui andranno incontro i cittadini e le imprese, sarà necessario modificare profondamente anche il modo di comunicare e di confrontarsi con la popolazione.

Sono ormai venticinque anni circa che in Italia si discute di Città Metropolitane e si produce materiale normativo[1] per istituirle. Tuttavia ad oggi siamo ancora ad un nulla di fatto, anche con la Legge n. 56 del 7 aprile 2014 si sta finalmente giungendo ad un punto di svolta per queste nuove geografie istituzionali. Le dieci grandi città interessate dalla riforma, insieme alle altre quattro situate nelle regioni a statuto speciale, sono chiamate a trasformarsi rapidamente, e non soltanto istituzionalmente, per cogliere le migliori opportunità e vincere le sfide più complesse che questo cambiamento lascia già intravedere.

Basta uno sguardo all’infografica di Cittalia – Fondazione ANCI Ricerche per rendersi conto di come cambierà la demografia delle città metropolitane. In otto città su dieci la popolazione crescerà di oltre il 50%.

Le città metropolitane allargheranno sostanzialmente il proprio bacino demografico andando a coincidere con i territori delle province. L’attuale riforma istituzionale ci impone di prestare particolare attenzione al modo in cui queste città vengono vissute da chi le abita, le attraversa, o semplicemente le fruisce come turista. Proprio per informare, aggiornare il pubblico sui cambiamenti in corso legati all’attuazione della riforma della governance territoriale, oltre che per animare il dibattito in materia aggregando e fornendo dati, analisi e contenuti sulle nascenti città metropolitane, Cittalia il centro studi di ANCI ha messo in cantiere un nuovo prodotto web: il Diario Metropolitano. "Spesso la rappresentazione che abbiamo delle nostre città è critica", ha affermato Paolo Testa, direttore di Cittalia intervenuto a FORUM PA 2014. "La questione della percezione passa molto attraverso il modo in cui le città si raccontano e comunicano".

Il rischio più concreto del passaggio alla dimensione metropolitana è che "il cittadino lo percepisca come un nuovo, successivo e ricorrente allontanamento nella sua possibilità di interagire con il sindaco della propria municipalità", ha affermato Carla Piro, capo ufficio stampa del Comune di Torino.

I neonati territori metropolitani avranno necessità di nuove politiche e assetti amministrativi, nonché di nuovi strumenti di racconto per comunicare e avvicinarsi di più a chi le abita. La comunicazione delle città metropolitane dovrà coinvolgere sia le classiche strutture già esistenti (uffici stampa, portali web), sia nuove strutture che si andranno a creare e che contamineranno le precedenti. Per questo sarà necessaria l’integrazione fra piattaforme, metodologie e strumenti diversi, anche attraverso il coinvolgimento di attori collaterali. "Mettere insieme, come in una maglia, una serie di progettualità di comunicazione varie e multiattoriali è la chiave, anche per il coinvolgimento della cittadinanza" ha osservato Giacomo Biraghi, esperto di nuovi sistemi urbani e fondatore di Secolo Urbano.

Alcune città stanno già iniziando a sperimentare nuove forme di comunicazione e racconto del territorio. Per esempio Milano città metropolitana è un portale, un ambiente virtuale per raccontare cosa succede in città e informare i cittadini su eventi, incontri, e offrire loro la possibilità di esprimere il proprio punto di vista. Un sito che racconta e ascolta: nato "coinvolgendo il più possibile i cittadini nel processo di creazione", ha spiegato Francesco Locatelli, consulente centro studi PIM.
Anche Torino, pur non avendo ancora un portale dedicato esclusivamente a questo, sta già sperimentando nuove forme di comunicazione: quella che tra tutte ha riscosso più successo ha visto i social come protagonisti. Nel capoluogo piemontese, in particolare, si è fatto ricorso massiccio a Facebook in occasione delle difficoltà createsi durante le proteste del movimento dei forconi. L’informazione minuziosa e spicciola che è stata diffusa per raccontare lo stato della città ha raccolto forti riscontri positivi e ha permesso all’amministrazione di rendersi conto per la prima volta del valore dello strumento.

"Oggi si inizia ad avere la consapevolezza che non si può prescindere da nuovi mezzi come i social media", ha sottolineato Francesco Di Costanzo, direttore e autore di Cittadini di Twitter. "Le città metropolitane hanno bacini più ampi, più massa critica per attivare questi processi. Le città hanno appeal e di certo non hanno problemi di carenza di follower". Le grandi città dovrebbero spingersi oltre e compiere un passo successivo: riuscire a "offrire un servizio, non solo twittando i comunicati stampa, ma realizzando una sorta di URP tramite i social network".

Per innescare tutto questo è essenziale però innovare i processi, perché le nuove forme di comunicazione richiedono una rivoluzione radicale nelle procedure e nei meccanismi decisionali. Attivare nuovi canali di comunicazione se i processi rimangono quelli ordinari sarebbe un tentativo destinato a fallire. Naturalmente soltanto un forte endorsement politico può supportare un tale cambiamento e garantirne la riuscita. In questo nuovo contesto "il comune da unico decisore diventa arbitro di un’arena", ha spiegato Paolo Testa. Tutto ciò esiste già: diverse città europee usufruiscono dei vantaggi che i nuovi strumenti offrono, anche nel contribuire a migliorare la qualità della vita dei cittadini. Helsinski è un esempio eccellente, basti pensare a iniziative virtuose come Forum Virium Helsinki e Helsinki Region Infoshare che oggi conta 1111 dataset.

La trasformazione è lenta ma è ormai avviata anche da noi. L’Italia non sarà più solo il Paese dei mille campanili ma "l’Italia delle città", ha sottolineato Paolo Testa. Il modo in cui gli ambienti metropolitani sapranno evolvere, anche comunicando e raccontandosi, rappresenterà la base del futuro, non soltanto economico, di tutto il territorio italiano.



[1] Dal 1990 un’intensa produzione legislativa è stata attivata in materia di città metropolitane. Nel corso degli anni, dopo la prima legge 142 del 1990 ne sono susseguite altre quattro (la 463 del 1993, la 265 del 1999, la 42 del 2009 e la 135 del 2012) e una riforma istituzionale del 2001.

 

 

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