Rafforzare la comunicazione pubblica: gli strumenti a disposizione, tra PNRR e Politica di coesione

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La comunicazione pubblica continua ad essere sottovalutata e sottoutilizzata come strumento di realizzazione degli obiettivi di governance: a sottolinearlo è l’OCSE, che ha di recente pubblicato il suo primo Rapporto dedicato al tema. Servono riforme e investimenti per rafforzare la funzione del comunicatore pubblico. Ma quali sono gli strumenti a disposizione per sostenere un percorso così impegnativo?

28 Aprile 2022

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Claudia Onnis

Formez PA

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Secondo il primo rapporto dell’OCSE sulla comunicazione pubblica, raramente l’importanza della comunicazione è apparsa tanto evidente come negli ultimi anni, in cui i cambiamenti rivoluzionari nell’ecosistema dell’informazione, parallelamente a una serie di crisi internazionali, hanno avuto conseguenze dirette sulla fiducia nelle istituzioni e nella loro capacità di proteggere e garantire il benessere dei propri cittadini. Eppure, sempre secondo l’OCSE, che ne ha analizzato l’assetto in 46 paesi, questa funzione chiave della pubblica amministrazione continua ad essere sottovalutata e sottoutilizzata come strumento di realizzazione degli obiettivi di governance.

“Serve un cambiamento culturale per raggiungere i cittadini e riconquistarne la fiducia, attraverso i canali tradizionali e i nuovi strumenti, come i social media”, come ha sottolineato il Commissario UE per il Bilancio e l’Amministrazione, Johannes Hahn, in occasione della Conferenza dei Ministri europei della Pubblica Amministrazione del 16 e 17 marzo scorsi.

Un simile cambiamento richiede riforme e investimenti che consentano un’evoluzione lungo le cinque principali direttrici individuate nel Rapporto dell’OCSE:

  1. Rafforzare la funzione della comunicazione pubblica al servizio delle politiche pubbliche e dei principi del governo aperto.
  2. Istituzionalizzare e professionalizzare le unità di comunicazione, rendendole adeguate alla rapida trasformazione del settore e garantendo adeguate risorse umane e finanziarie.
  3. Assicurare la transizione verso una comunicazione più informata, fondata sull’analisi di comportamenti, percezioni e preferenze dei diversi pubblici e sulla valutazione delle attività e degli impatti.
  4. Cogliere il potenziale della tecnologia digitale ma in modo responsabile, etico e nel rispetto della privacy.
  5. Combattere la disinformazione attraverso pratiche operative e linee guida chiare.

È all’interno di questa cornice, straordinariamente ricca di stimoli, che i comunicatori pubblici italiani dovrebbero dimostrarsi capaci di sostenere una proposta immediatamente operativa per il rafforzamento della funzione, in grado, per dirla con l’OCSE, di “articolare e professionalizzare ulteriormente le unità organizzative dedicate, incorporando le competenze e le specializzazioni necessarie”.

Ma quali sono gli strumenti a disposizione per sostenere un percorso così impegnativo?

Un primo straordinario strumento è sicuramente rappresentato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il Piano, infatti, finanzia nell’ambito della Missione 1 “Digitalizzazione, Innovazione e Sicurezza nella PA”, la Componente 1.2 “Modernizzazione della Pubblica Amministrazione” che prevede lo sviluppo dei sistemi organizzativi e di recruiting e l’empowerment delle competenze della PA secondo un approccio basato su un mix di interventi: normativi (legislazione primaria e secondaria), di indirizzo (linee guida, circolari, pareri, ecc.), organizzativi (implementazione di nuove tecnologie, formazione, ecc.) e contrattuali (CCNL).

È proprio all’interno di questa componente che potrebbe finalmente collocarsi quel grande rinnovamento della comunicazione pubblica proposto e condiviso dal Gruppo di Lavoro istituito dal Dipartimento della Funzione Pubblica per l’aggiornamento della legge 150/2000, i cui lavori sono ormai fermi da oltre un anno.

D’altra parte, lo stesso Ministro per la Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, nella sua “Relazione sull’attuazione del PNRR al dicembre 2021” ha in più punti sottolineato come le amministrazioni italiane, centrali e locali, riflettano oggi, con poche eccezioni, “l’immagine, non più contemporanea, di enti in cui la dimensione procedimentale ed erogativa prevale sulla dimensione della programmazione, del controllo e della regolamentazione” e in cui “restano del tutto estranei, rispetto ai sistemi attuali di classificazione, profili e funzioni fondanti lo sviluppo di qualunque sistema organizzativo (comunicazione, IT, project management, fund raising, analisti di processo, auditing, qualità, ecc.).”

Ma il PNRR non è l’unico strumento a disposizione per agire in ottica di sistema sulla funzione della comunicazione nella PA italiana. Una grande opportunità si apre in prospettiva anche nell’ambito della programmazione 2021-2027 della Politica di Coesione, e in particolare nell’ambito della strategia per il rafforzamento della capacità amministrativa della PA e dei relativi strumenti: il Programma nazionale di assistenza tecnica “Capacità per la coesione” e i Piani di rigenerazione amministrativa (PRigA).

Secondo la proposta italiana di Accordo di Partenariato 2021-2027, trasmessa dal Dipartimento per le politiche di coesione alla Commissione europea il 17 gennaio scorso, si tratta di strumenti volti a colmare i deficit di capacità nella gestione degli interventi finanziati dalle politiche di coesione. Deficit che, si legge, “derivano largamente dalle generali restrizioni normative alle assunzioni protrattesi per due decenni e dalle complessità del quadro regolamentare e procedurale nell’attuazione degli interventi cofinanziati con i fondi ESIF”.

Le linee strategiche lungo le quali gli Stati membri dovrebbero sviluppare i propri piani di rafforzamento della capacità amministrativa, peraltro, sono state tracciate a più riprese dalla Commissione europea, attraverso documenti e tabelle di marcia definite anche insieme all’OCSE.

In particolare, secondo l’OCSE, “per colmare le lacune informative, migliorare la condivisione delle conoscenze e ampliare la comunicazione, le autorità di gestione dei programmi 2021-2027 potrebbero:

  • garantire una comunicazione regolare e ben strutturata con i beneficiari, anche comunicando attivamente i benefici che i fondi offrono ai beneficiari per la realizzazione dei loro obiettivi di sviluppo;
  • fornire ai cittadini l’opportunità di esprimere le loro opinioni e la loro comprensione delle esigenze di investimento locali, dei risultati dei progetti proposti o dei fondi UE in generale.”

D’altra parte, come si legge nella guida “Comunicare la politica di coesione nel periodo 2021-2027”, pubblicata dalla DG Regio della Commissione europea, il miglioramento del livello di visibilità della politica di coesione è diventato una delle priorità degli ultimi anni. Per assicurare un coordinamento efficace della comunicazione sugli interventi  finanziati, l’articolo 48 del regolamento (UE) 2021/1060  sui Fondi SIE 2021-2027 prevede che ciascuno Stato membro individui un coordinatore nazionale per le attività di comunicazione sui fondi (in Italia, la nomina spetta al Dipartimento per le politiche di coesione) e che ogni autorità di gestione individui un responsabile della comunicazione per ciascun programma.

Secondo la Commissione europea, rispetto alle previsioni dell’articolo 48, è essenziale creare una rete nazionale che comprenda i responsabili della comunicazione di tutti i programmi – compresi anche i responsabili della comunicazione individuati nell’ambito del PNRR – e fornisca una piattaforma per lo scambio di know-how e lo sviluppo di approcci comuni. Sempre nella visione della Commissione, il coordinatore nazionale della comunicazione e i responsabili della comunicazione dei programmi dovrebbero essere posizioni a tempo pieno coperte da persone dotate di comprovata esperienza nel campo della comunicazione della politica di coesione.

Dal quadro appena tracciato sembra evidente la necessità e l’opportunità di promuovere, anche e soprattutto attraverso gli strumenti previsti a sostegno del rafforzamento della capacità amministrativa, una grande azione di sistema che consenta di sostenere quella che si configura sia normativamente che operativamente come una vera e propria comunità professionale della comunicazione sulla politica di coesione.

Queste due grandi azioni parallele (la riforma della comunicazione pubblica nell’ambito della componente 1.2. del PNRR e la costruzione effettiva di una comunità professionale dei comunicatori nell’ambito della Politica di coesione) potrebbero poi fornire uno stimolo ad allargare a livello internazionale il confronto sul rafforzamento della comunicazione pubblica.  

Anche a questo livello non mancherebbe lo strumento di sostegno, che in questo caso potrebbe essere il Technical Support Instrument, creato nel 2020 dalla Commissione europea per fornire agli Stati membri UE competenze tecniche su misura per le riforme in una serie di settori strategici per la ripresa e la resilienza, tra i quali anche la governance e la pubblica amministrazione. Gli Stati membri hanno la possibilità di indicare le proprie esigenze di sostegno fino alla fine del mese di ottobre di ogni anno. La Commissione analizza le richieste pervenute e avvia un dialogo con le autorità nazionali di coordinamento per valutare le esigenze specifiche del paese e le opzioni per sostenere la progettazione e l’attuazione delle riforme. In Italia, l’autorità preposta alla selezione dei Progetti sostenuti dal TSI è, ancora una volta, il Dipartimento delle politiche di coesione.

Appare evidente che ciascuna di queste possibili proposte dovrà avere il sostegno dei due Dipartimenti coinvolti nella programmazione dei piani e degli strumenti fin qui richiamati: il Dipartimento della Funzione Pubblica e il Dipartimento delle Politiche di coesione. Allo stesso modo il supporto operativo alla fase di attuazione delle proposte dovrà chiamare in campo le due rispettive agenzie, Formez PA per il DFP e l’Agenzia per la Coesione Territoriale per il DPCOE, entrambe attive da tempo nel sostegno alle PA per una migliore comunicazione e trasparenza degli investimenti sui territori.

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