L’intervista di Gianni Dominici a Sergio Talamo, Direttore dell’Area Comunicazione, Editoria, Trasparenza e Relazioni esterne e Responsabile privacy di Formez PA, sul tema dell’innovazione nella pubblica amministrazione. Dopo aver capito l’importanza della digitalizzazione, che ha permesso la continuità dei servizi nel corso dell’emergenza sanitaria, è arrivato il momento di mettere a sistema tutte le buone pratiche emerse e contrastare le resistenze al cambiamento che esistono nella PA. Questo dovrà avvenire valorizzando la cultura del risultato e puntando con forza sull’interazione con il cittadino grazie ad una strategia di comunicazione chiara e volta alla trasparenza
23 Novembre 2020
Redazione FPA
L’emergenza sanitaria ha accelerato il processo di digitalizzazione nella PA, valorizzando il lavoro messo in atto dalla Ministra Dadone che sicuramente necessita di ulteriori sforzi per trasformare in concretezza le opportunità emerse in questa crisi. Uno dei principali problemi da affrontare in questo senso è la resistenza al cambiamento presente nella struttura dirigenziale della PA italiana, che crede ancora erroneamente nel lavoro di ufficio quale unica via per l’erogazione dei servizi. La chiave sembrerebbe essere un sistema in cui alle decisioni centralizzate vengano affiancate una partecipazione collettiva nel processo di creazione ed innovazione dei servizi oltre ad una strategia di comunicazione volta alla trasparenza.
In questa puntata Gianni Dominici intervista Sergio Talamo, Direttore dell’Area Comunicazione, Editoria, Trasparenza e Relazioni esterne e Responsabile privacy di Formez PA e attualmente Coordinatore del Gruppo di lavoro sulla “Riforma della comunicazione pubblica e Social Media Policy di indirizzo nazionale”, istituito nel dicembre 2019 presso il Ministero della PA e incardinato nel IV Piano d’azione per l’Open Government Partnership.
“La PA ha pagato molto il blocco del turnover” dice Talamo, richiamando il problema dell’invecchiamento del personale e della conseguente incapacità di sfruttare le opportunità date dall’innovazione tecnologica. Nonostante tutto questo il sistema pubblico italiano ha retto lo scossone della crisi, evidenziando quanto sia necessario avere una struttura duttile e come pratiche tipo lo smart working possano fare la differenza sia per i lavoratori che per l’efficienza dei servizi.
“Non servono nuove leggi ma nuovi modi d’uso” continua Talamo, sottolineando il fatto che esperienze pubbliche eccellenti esistono e vanno prese e messe a sistema, costruendo portali open e strutturando i lavori di contrattazione tramite strategie di comunicazione che facciano della trasparenza il suo cardine. Serve inoltre smontare quella retorica che vede al centro del processo di innovazione l’idea che un’impalcatura digitale si raggiunga con un software, quando invece c’è bisogno di un processo di accompagnamento al cambiamento.
“In questo senso abbiamo avviato il processo di riforma della legge sulla comunicazione pubblica” conclude Talamo, ricordando che la legge 150 del 2000 fu fatta quando ancora non c’era il web, ed è basata su un’idea scolastica di comunicazione, legata alla distinzione netta tra il lavoro degli uffici classici e l’ufficio stampa. La riforma è stata avviata con un documento di indirizzo, alla cui stesura hanno collaborato associazioni di giornalismo, università, regioni e associazioni civiche e ha portato alla creazione del progetto di una sorta di social media policy nazionale, che sia una specie di carta dei servizi dal punto di vista normativo. La formula vincente risulta essere quindi quella che unisce gli investimenti nelle nuove assunzioni, indirizzandole verso i ruoli dei comunicatori e giornalisti per creare un ponte con il cittadino, e il monitoraggio dell’operato civico tramite gli strumenti di cittadinanza attiva.