Data Governance: la condivisione dei dati in un contesto Business to Government
Tra i vantaggi di un corretto uso e riuso dei dati, una maggiore produttività, mercati competitivi, miglioramenti in termini di salute e benessere, ambiente, energia e trasporti. Ma quali sono le politiche da mettere in atto perché questo diventi realtà? Ciò che non può mancare, in primis, è la definizione di una politica trasparente sulla titolarità dei dati e sull’uso che ne viene fatto
18 Marzo 2020
Eleonora Sisci
I dati personali sono di fondamentale importanza per il bene comune. Un’affermazione ormai assodata e che si evince anche dalla nuova Comunicazione COM(2020)66 della Commissione europea, che inaugura una strategia decennale per l’innovazione data-driven.
Data Governance: da dove partire
Tra i vantaggi di un corretto uso e riuso dei dati, una maggiore produttività, mercati competitivi, miglioramenti in termini di salute e benessere, ambiente, energia e trasporti.
Ma quali sono le politiche da mettere in atto perché questo diventi finalmente realtà?
Ciò che non può mancare, in primis, è la definizione di una politica trasparente sulla titolarità dei dati e sull’uso che ne viene fatto: «poiché l’importanza dei dati personali nella società continua ad espandersi, diventa sempre più urgente assicurarsi che le persone siano in grado di conoscere e controllare i propri dati personali, ma anche di acquisirne conoscenza personale e rivendicarne i benefici» (Dichiarazione dei princìpi mydata). In breve, un modello di governance che supporti i cittadini, senza però dimenticare gli ostacoli che i fornitori di servizi basati quasi nella loro totalità sull’impiego di dati si trovano davanti. Un modello, quindi, che offra soluzioni per la conservazione e l’aggregazione dei dati nel rispetto ovviamente del General Data Protection Regulation.
Come si sta muovendo l’Europa
La Comunicazione COM(2020)66 della Commissione europea già citata, dedica qualche riga al tema Data Governance, affermando che si sente sempre più la necessità di rafforzare la gestione dell’uso dei dati in campo sociale ed economico e che sono pertanto necessari approcci organizzativi (sia pubblici che privati) che rendano possibile l’innovazione data-driven sulla base del quadro giuridico esistente.
In particolare, la Comunicazione rimanda al documento Guidance on private sector data sharing che definisce i dati «a non-rivalrous resource», volendo sottolineare che gli stessi dati generano e assicurano la creazione di prodotti sempre nuovi, servizi e metodi di produzione. Ciò consente a qualsiasi azienda di interagire con gli stessi dati mediante accordi di condivisione con altre realtà private (business-to-business) o con il settore pubblico (business-to-government).
E proprio in questo secondo caso i dati in possesso delle aziende diventano l’ingrediente fondamentale per migliorare i servizi pubblici e dare senso alle parole “interesse pubblico”. Il dato infatti può dare risposte più mirate in caso di epidemie, può giovare a una migliore politica per la pianificazione urbana o, ancora, a una strategia per la salvaguardia ambientale, e tanto altro.
Tenendo conto quindi dell’esperienza che l’UE sta acquisendo in ambito data-driven innovation e alla luce della necessità di avere una governance sulla condivisione dei dati, la Commissione ha organizzato una tavola rotonda composta da un gruppo di esperti sull’accesso e il riutilizzo dei dati del settore privato da parte di enti pubblici.
Tra i compiti assegnati al gruppo di esperti:
- la valutazione degli ostacoli economici e tecnici che impediscono la condivisione dei dati B2G e relativi consigli su azioni da intraprendere;
- fornire raccomandazioni alla Commissione su come sviluppare ulteriormente la sua politica di condivisione dei dati B2G, raccolte in un apposito report;
- identificare le buone pratiche in materia di condivisione dei dati B2G al fine di contribuire a un’erogazione del servizio pubblico più efficiente.
Le buone pratiche in materia data-sharing B2G
Il gruppo di esperti, nel rilevare una mancanza generale di cultura della condivisione del dato, segnala una serie di interessanti esempi di “buone pratiche” messe in atto da diverse città europee, dei quali riportiamo due modelli come spunto di riflessione.
Il primo coinvolge il centro forestale finlandese. L’ente pubblico, che opera sotto la guida del Ministero dell’Agricoltura e Silvicoltura, ha lanciato nel 2018 un sistema di dati forestali aperti con l’obiettivo di sviluppare soluzioni innovative per la silvicoltura in Finlandia. L’ente raccoglie i dati acquistandoli da Società private, o acquisendone la responsabilità mediante accordi prestabiliti per legge o ancora direttamente da privati mediante un sistema di crowdsourcing.
Anche il Regno Unito sta sviluppando soluzioni innovative per la pianificazione urbana, in particolare per garantire la sicurezza, la manutenzione e l’affidabilità delle autostrade inglesi.
La Highways England, attraverso un appalto pubblico vinto da Telefónica, ha ottenuto l’accesso 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ai dati anonimi, raccogliendo così informazioni dalla rete mobile dei clienti, migliorando sostanzialmente la propria efficienza. Inoltre, la condivisione di questi dati ha portato ad un notevole risparmio economico e di tempo.
In sostanza, stimolanti esempi di come le città si stiano muovendo anche in mancanza di una omogenea politica per la condivisione dei dati B2G.
Ciò che ci si augura, come raccomanda anche il gruppo di esperti, è che gli accordi di collaborazione sui dati tra imprese e governo siano sì reciprocamente vantaggiosi, ma che non perdano mai di vista l’obiettivo primario dell’interesse pubblico.
Italia: la “Strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese 2025”
L’Italia non è da meno. Tra i documenti presentati nel dicembre scorso dal Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione, Paola Pisano, troviamo il Piano nazionale innovazione 2025, che fonda la sua Strategia su tre principali sfide:
- la digitalizzazione della società;
- l’innovazione del Paese;
- lo sviluppo sostenibile ed etico della società nel suo complesso.
Il documento si compone di 20 piani d’azione che rappresentano un kick off per la pianificazione del «processo di trasformazione strutturale e radicale del nostro Paese» e che richiederanno il lavoro coordinato di Comuni, Regioni, enti, agenzie centrali, locali e soggetti privati.
È bene soffermare l’attenzione sul piano d’azione A-09 – dati per le città del futuro, che potremmo ricondurre alla prima delle sfide poste dal Piano, ossia la digitalizzazione della società. Tra gli obiettivi alla base di questa sfida, c’è proprio un’attenzione alla collaborazione tra enti pubblici e fornitori di servizi: «attraverso una efficace integrazione dei servizi pubblici con i servizi privati, il miglioramento del procurement e le politiche di open innovation, la Pubblica Amministrazione diventa un elemento abilitante della crescita dei servizi digitali del mondo privato».
Il piano d’azione A-09 infatti, si concentra sul patrimonio inestimabile che i fornitori di servizi pubblici possiedono mediante la raccolta di enormi quantità di dati, sottolineando la necessità di una regolamentazione che consenta il riuso per interesse pubblico.
In particolare, si sta lavorando alla predisposizione di un unico accordo quadro per la condivisione dei dati, per mezzo del quale le amministrazioni avranno a disposizione, in formato aperto, i dati generati e raccolti nell’ambito dell’esercizio delle attività dei fornitori di servizi. Un accordo, quindi, che sarà formalizzato nell’interesse di tutti, per la sempre centrale valorizzazione del patrimonio informativo pubblico.