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Maurizio Napolitano “Dati come beni comuni digitali per la società”

Maurizio Napolitano “Dati come beni comuni digitali per la società”
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Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA, e Maurizio Napolitano, Ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, parlano delle tre fasi dell’open data, partendo da Cesare Battisti, passando per Obama e arrivando alle pagelle dell’open gov. Un’intervista in avvicinamento al prossimo FORUM PA 2022

3 Giugno 2022

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Redazione FPA

Maurizio Napolitano “Dati come beni comuni digitali per la società”

Nel percorso di interviste con testimonial importanti sui temi di approfondimento del FORUM PA 2022 che si terrà dal 14 al 17 giugno all’Auditorium della Tecnica di Roma, Gianni Dominici, Direttore Generale di FPA, ha incontrato Maurizio Napolitano, Ricercatore alla Fondazione Bruno Kessler.

Si è parlato di dati come “beni comuni digitali” e Napolitano ha aperto la conversazione facendo un’interessante citazione di Cesare Battisti che nel 1898 scriveva: “Molto di più avrei potuto dire specialmente nel campo statistico se non ci fosse nel nostro Paese, negli enti morali e privati, una tal resistenza a rilasciare al pubblico dominio informazioni, dati e notizie”.

“Il tema bene comune – ha detto Napolitano – è una parola abusata, come resilienza. Spesso dico, ironicamente, che i beni comuni sono atti di non belligeranza, perché nel momento in cui abbiamo finito di farci la guerra per qualcosa, abbiamo capito che quella cosa è accessibile a tutti. E’ quello che è successo con gli open data. Quando nel 2010 Obama ha pronunciato la parola open goverment, trasparenza, ha toccato un tema molto forte che in quella prima fase era l’accesso all’informazione, ma in realtà è un tema molto più grande che comprende parole chiave come collaborazione e partecipazione”.

Poi ci sono state una seconda e una terza fase di approccio agli open data, come ha spiegato Napolitano, che sono risorsa immateriale e al contempo materiale: “Si è iniziato a capire che il dato è qualcosa che mi serve, serve al mio ufficio, serve agli altri uffici e serve nel rapporto con le altre pubbliche amministrazioni e serve anche ai privati. E quello che abbiamo scoperto è che i “dati più sexy” non sono in mano alla PA, ma ai grandi privati e alle multiutily. La terza fase dei dati che stiamo vivendo consiste nel mettere i dati al centro e creare i data space, come definisce un documento strategico dell’Unione Europea. Non si parla di open data, ma si parla in termini di spazio”.

“I dati – ha proseguito Napolitano – diventano strumenti di collaborazione e di condivisione e bisogna creare questi spazi di dati…data space della PA, delle competenze, della mobilità, dell’industria, dell’economia”.

E se in fatto di trasparenza le PA hanno capito che il dato non è di loro proprietà, ma è libero e può creare valore, a che punto sono le altre tre gambe dell’open goverment? La risposta, in chiusura di intervista, è arrivata sotto forma di pagelle dell’open gov. Per scoprirle, ascolta l’intervista!

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