Viabilità data driven: da Bergamo lezioni di politiche urbane attraverso i dati

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In occasione di una delle nostre tavole rotonde digitali del ciclo A colazione con…, abbiamo conosciuto Isaia Invernizzi, giornalista de L’Eco di Bergamo, e il suo lavoro di data journalism. Il suo progetto in collaborazione con il Comune di Bergamo dimostra che le politiche urbane data driven esistono e portano a risultati concreti in termini di governance e collaborazione territoriale

3 Marzo 2020

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Marina Bassi

Project Officer Area Ricerca, Advisory e Formazione FPA

Photo by Ryoji Iwata on Unsplash - https://unsplash.com/photos/IBaVuZsJJTo

La tecnologia non è il fine, è il mezzo. E il lavoro di Isaia Invernizzi, giornalista de L’Eco di Bergamo, ne è un esempio. Il Comune di Bergamo si è dotato da tempo di un portale dati all’avanguardia, usabile e aggiornato nei dataset. Tuttavia, è il lavoro di collaborazione tra Isaia e l’amministrazione comunale che ha permesso di abbassare da 70 a zero, in un solo anno, il numero degli incidenti a danno di pedoni e feriti in uno specifico incrocio stradale. Questo attraverso l’analisi dei dati aperti della stessa amministrazione bergamasca, resi disponibili e riusati come strumento di creazione di politiche urbane, nel caso di specie in merito ai tempi semaforici.

“Lavoravo da tempo con i dati, cercavo di fornire le informazioni più dettagliate possibili – spiega Isaia –. Ho cominciato a pubblicare in una rubrica a puntate i dati sul numero di incidenti divisi per incroci, riuscendo a individuare gli incroci più pericolosi a Bergamo. L’amministrazione ha raccolto queste informazioni, le ha arricchite con altri dati e studi, e in pochi mesi ha approntato gli aggiornamenti utili ai tempi semaforici per risolvere il problema”.

A settembre dello scorso anno si è chiusa la prima rubrica di data journalism, che ha avuto come riscontro positivo, da un lato, l’attivazione di una buona prassi tra amministrazione e giornale sullo scambio continuo di informazioni in tempo reale, suggerimenti e suggestioni di utilizzo dei dati per fini urbani; inoltre, gli articoli divisi in “puntate” hanno favorito l’azione di accountability dell’amministrazione, che dati alla mano ha potuto comunicare più facilmente ai cittadini le intenzioni di governance, spiegando i rallentamenti semaforici implementati e le motivazioni del prolungamento dell’attesa.

“Quello che è successo da settembre in poi – continua Isaia – è l’innesco di un ulteriore progetto in collaborazione con l’amministrazione comunale che ha come denominatore comune l’utilizzo del dataset, dimostrando così che le politiche urbane data driven esistono e portano a risultati concreti in termini di governance e collaborazione territoriale”. Quanto innescato a Bergamo acquisisce ancora più valore se lo si legge in combinato disposto con quanto messo a punto dalla Regione Lombardia con la definizione di standard per il paniere regionale, che a partire dal 2018 fornisce il giusto coordinamento intermedio tra azioni territoriali.

A partire da quanto premesso, e facendo tesoro dell’esperienza di Isaia e del Comune di Bergamo, sono due le considerazioni che possiamo trarre: da un lato, è il momento di portare all’attenzione dei gruppi deputati la necessità di vera formazione per i giornalisti e i professionisti che possono trarre vantaggio dall’utilizzo dei dati (un caso virtuoso in questo senso è stato, ad aprile 2019, il corso di data journalism promosso dall’Ordine dei Giornalisti di Regione Campania nell’ambito di Open Data Campania); in secondo luogo, è il momento di agganciare queste buone pratiche a prospettive di governance chiare, ricordando che il coordinamento nazionale è l’unica strada percorribile per la sostenibilità nel tempo della pratica del riuso dati, a pena di perdere – passata la necessità puntuale – la visione strategica.

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