Di chi ci possiamo fidare?
La fiducia è un bene prezioso, che non ammette pregiudizi né privilegi. In politica e nell’amministrazione della cosa pubblica la fiducia è poi ingrediente fondamentale per qualsiasi ricetta di innovazione e miglioramento. In generale quindi sono contento quando la fiducia della PA verso i cittadini e gli operatori aumenta… eppure questa volta sono perplesso.
17 Marzo 2009
Carlo Mochi Sismondi
La fiducia è un bene prezioso, che non ammette pregiudizi né privilegi. In politica e nell’amministrazione della cosa pubblica la fiducia è poi ingrediente fondamentale per qualsiasi ricetta di innovazione e miglioramento. In generale quindi sono contento quando la fiducia della PA verso i cittadini e gli operatori aumenta… eppure questa volta sono perplesso.
Il piano casa non è ancora divenuto decreto né è stato presentato compiutamente, eppure la grande fiducia che esso darebbe ai costruttori e ai loro professionisti, bypassando un classico della potestà autorizzativa della PA come la licenza edilizia, non mi lascia tranquillo.
Non ho né il ruolo né la competenza per giudicare il provvedimento dal lato della politica economica. Per altro ho già più volte parlato della mia totale contrarietà ai tentativi di uscire dalla crisi non con l’innovazione, ma in macchina o, peggio, costruendo ancora in un Paese già così a rischio. Qui mi interessa invece discutere di quale immagine della PA, soprattutto locale, c’è dietro ipotesi di provvedimenti del genere.
Salta agli occhi che se cresce così la fiducia (anche un po’ al buio: fidarsi del gusto estetico degli italiani come dichiarato dal Presidente del Consiglio mi pare leggermente azzardato) verso i cittadini, o meglio verso i costruttori, certo la fiducia verso le amministrazioni locali subisce un altro crollo.
Vediamo in sequenza provvedimenti che, cominciando dalla controversa abolizione dell’ICI sulla prima casa, in realtà tolgono l’uno dopo l’altro autonomia alle amministrazioni locali. I comuni e le province, strette da un patto di stabilità che più instabile non si può (è cambiato ogni anno da dieci anni!!), non possono investire neanche i loro risparmi o i proventi dello loro dismissioni, non possono contare su entrate certe, non possono assumere esperti in forma temporanea neanche per esigenze temporanee, sono guardate con sospetto se danno incarichi di consulenza, infine, ora, hanno anche le armi spuntate verso possibili abusi edilizi che potranno (forse) sanzionare solo ex-post ( e sappiamo che usare le ruspe è un mestiere difficile da noi!). Insomma mentre aumenta la fiducia nei professionisti e nei costruttori sembra diminuire la fiducia verso l’amministrazione, soprattutto locale, che viene comunque considerata “di default” un impiccio, un ritardo, un laccio alla crescita dello spirito imprenditoriale. Certo è buffo questo richiamo agli spiriti animali dell’imprenditoria in un momento in cui l’economia mondiale è costretta a “statalizzarsi” in campi chiave come le banche o le assicurazioni e da noi si parla di controlli prefettizi sul credito, ma tant’è… torniamo alla fiducia.
Se la fiducia è la base di un rapporto corretto tra cittadini e istituzioni, essa non può che essere a fondamento anche dei rapporti tra politica e amministrazione: siamo certi che questi provvedimenti vadano in questo senso? Che così stimoliamo un’amministrazione più efficiente, veloce, vicina ai cittadini o piuttosto non la saltiamo a piè pari? Che rispettiamo così l’impegno a potenziare le funzioni di indirizzo e controllo e la capacità di “policy making” delle amministrazioni e dei loro dirigenti?
Certo non sono cieco (ogni tanto guardo anche la televisione e quasi sempre la domenica sera) e so che non tutti i Comuni hanno meritato fiducia, che molti hanno sperperato soldi pubblici a più non posso e senza controllo: ma ho il sospetto che il fatto che gli amministratori di tali comuni non siano stati costretti a portare i libri in tribunale né al “fallimento politico” (di cui pur ha parlato Brunetta più volte) sia stata una potente aggravante di questo stato sospeso di incertezza e sfiducia che aleggia nel Paese.
Insomma vorrei una PA che si fida sino in fondo, ma intelligentemente, con il candore della colomba e la furbizia del serpente, dei cittadini e delle imprese, ma vorrei anche vedere una politica di governo che si fida, intelligentemente e non abdicando ai controlli e alle sanzioni, delle amministrazioni locali e non le considera ostacoli. E’ lì che si esplica la democrazia: depotenziare comuni e province vuol dire farle correre seri pericoli.