La città che vogliamo. Prove di cittadinanza per spazi pubblici inclusivi
La seconda edizione della Biennale dello spazio pubblico si svolgerà a Roma dal 16 al 19 maggio negli spazi della Casa dell’Architettura e della Facoltà di Architettura Roma Tre (ex mattatoio). In questo appuntamento confluiscono varie iniziative che hanno coinvolto Amministrazioni comunali, Università, progettisti, studenti. Tra queste la più recente è una call per raccogliere adesioni al progetto “La città che vogliamo”. L’obiettivo del progetto, che prenderà forma nella settimana dal 5 al12 maggio è quello di sensibilizzare le Istituzioni e i cittadini sul diritto di fruire degli spazi pubblici da parte delle figure più “fragili” come bambini, anziani, migranti, homeless, persone con disabilità motorie, sensoriali o mentali.
17 Aprile 2013
Mario Spada
La seconda edizione della Biennale dello spazio pubblico si svolgerà a Roma dal 16 al 19 maggio negli spazi della Casa dell’Architettura e della Facoltà di Architettura Roma Tre (ex mattatoio). In questo appuntamento, che ha FORUM PA tra i suoi collaboratori, confluiscono varie iniziative che hanno coinvolto Amministrazioni comunali, Università, progettisti, studenti. Tra queste la più recente è una call per raccogliere adesioni al progetto “La città che vogliamo”, proposto dalla Commissione “Partecipazione” dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, con lo scopo di promuovere azioni di carattere inclusivo da svolgersi nella settimana compresa tra il 5 e il 12 maggio negli spazi pubblici più frequentati dai cittadini: parchi, giardini, piazze, strade, scuole, cortili. L’obiettivo del progetto è quello di sensibilizzare le Istituzioni e i cittadini sul diritto di fruire degli spazi pubblici da parte delle figure più “fragili” come bambini, anziani, migranti, homeless, persone con disabilità motorie, sensoriali o mentali.
La call nel mese di marzo ha ricevuto trenta proposte, provenienti da diverse città italiane, presentate da cittadini organizzati in associazioni di carattere territoriale. Sono giunte proposte da Adelfia( Bari), Barcellona (Spagna),Bologna, Cagliari, Canosa di Puglia, Capena (Roma), Firenze, Macerata, Napoli, Ortelle (Lecce), Roma, Rovigo, Sassari,Terni, Torino, Viareggio . Ben 11 iniziative di “riappropriazione” inclusiva di spazi pubblici sono previste a Roma.
Le proposte seguono le indicazioni suggerite dalla call, come l’uso di metodologie partecipative adatte a coinvolgere attivamente gli abitanti: passeggiate partecipate, performance inclusive, planning for real, raccolta di idee su poster e post-it, simulazioni con strutture provvisorie. E’ previsto il coinvolgimento di almeno una delle categorie “fragili” ed una sintesi di tutte le iniziative sarà presentata in un workshop che la Biennale dedica al progetto. Il workshop sarà strutturato come un muro delle idee sul quale saranno rappresentate in modo creativo alcune “parole chiave”, interviste raccolte e foto scattate durante lo svolgimento della settimana della partecipazione inclusiva.
Il progetto ha carattere nazionale e ambisce a diventare un appuntamento annuale con l’obiettivo di far emergere le potenzialità dei movimenti di base e di interagire positivamente con altri percorsi che confluiscono nelle giornate conclusive della Biennale .
“La città che vogliamo” raccoglie in forma emblematica il vastissimo movimento di cittadini che in ogni città si impegnano in una riqualificazione sostenibile ,sotto il profilo ambientale e sociale, dei quartieri nei quali vivono e lavorano.
Le azioni dei cittadini si inquadrano nella categoria della cosiddetta “sussidiarietà sociale” che non può essere intesa come sostitutiva dell’azione pubblica o come ombra di una pubblica amministrazione debole che declina le responsabilità. L’efficacia delle iniziative di base si misura sulla capacità dell’amministrazione locale di recepire i messaggi che provengono dal territorio e di trasformarli in percorsi amministrativi rapidi che mirano alla realizzazione degli obiettivi. Una pubblica amministrazione attenta, elastica e solida allo stesso tempo, capace di interpretare positivamente le spinte al rinnovamento che provengono dalla società, dev’essere in grado di trasformare la propria struttura operativa in funzione dei compiti di governance che le competono. Si sente spesso ripetere: “siamo stati lasciati soli. Quello che non fa il Comune ci arrangiamo a farlo noi” a riprova che le iniziative spontanee dei cittadini sono di norma direttamente proporzionali alla inefficienza della macchina amministrativa .
La sfida è quella di dare continuità all’azione, di strutturare e coordinare gli interventi delle realtà di base, e dare forma a nuovi organismi territoriali che sostengano un processo, non più prorogabile, di rinnovamento della pubblica amministrazione .