Sant Cugat Smart City: il grande esempio di una piccola città
L’iniziativa smart city descritta in questo articolo è stata proposta da Sant Cugat del Vallés, una piccola cittadina spagnola con una popolazione di circa 80.000 abitanti collocata nell’area metropolitana di Barcellona, città da cui dista appena 15 chilometri. L’interesse che rivolgo a questo caso è dovuto principalmente a due aspetti. Il primo è quasi scontato: non parleremmo di Sant Cugat se non ci trovassimo di fronte ad una strategia di smart city ben definita che merita di essere osservata in dettaglio.
25 Ottobre 2013
Luca Mora
L’iniziativa smart city descritta in questo articolo è stata proposta da Sant Cugat del Vallés, una piccola cittadina spagnola con una popolazione di circa 80.000 abitanti collocata nell’area metropolitana di Barcellona, città da cui dista appena 15 chilometri. L’interesse che rivolgo a questo caso è dovuto principalmente a due aspetti. Il primo è quasi scontato: non parleremmo di Sant Cugat se non ci trovassimo di fronte ad una strategia di smart city ben definita che merita di essere osservata in dettaglio. Questa cittadina ha sviluppato un progetto notevole, caratterizzato da un approccio basato principalmente su fattori ormai ben noti in questo ambito: la tecnologia come strumento per portare benessere e sostenibilità in termini sociali, ambientali ed economici, ma soprattutto, la collaborazione. Ecco il secondo importante aspetto che caratterizza questo caso. Nonostante le sue dimensioni ridotte, la capacità collaborativa di Sant Cugat è stata espressa sia con soggetti privati che con altri soggetti pubblici, riuscendo ad infrangere le rigide barriere dei confini comunali nel tentativo di partecipare a una realtà progettuale e a una visione ancora più complessa che prende il nome di smart region.
Alla fine del 2010 l’amministrazione comunale di Sant Cugat decide di stabilire un accordo con due delle più importanti aziende spagnole che operano nel settore delle tecnologie per l’informazione e la comunicazione. L’obiettivo era produrre insieme un piano strategico per permettere alla città di avvicinare il concetto di smart city nel migliore dei modi. Questa collaborazione fra Albertis Telecom, Indra e il Dipartimento di Telecomunicazioni e Sistemi Informativi della municipalità ha permesso di strutturare questo documento in pochissimo tempo e presentarlo pubblicamente nei primi mesi del 2011. La visione di smart city in esso contenuta è al tempo stesso semplice e completa, chiara anche nei tempi di realizzazione proiettati al 2020, e in linea con l’interpretazione fornita da moltissime altre città: migliorare l’efficienza delle proprie infrastrutture e ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili, integrando all’interno della città nuovi servizi abilitati dalla tecnologia e dalla sinergia tra pubblico e privato. Una sinergia interessante soprattutto a livello economico: le aziende coprono tutti i costi associati a ciascun progetto pilota dell’iniziativa smart city della città, ma possono testare e mettere in mostra le loro tecnologie e applicazioni in un ambiente complesso di vita reale; invece, l’amministrazione comunale mette a disposizione specifiche aree urbane e la forza lavoro che deriva dal suo personale tecnico, acquisendo così nuovi servizi per migliorare le possibilità dei cittadini di fruire della loro città. Inoltre, a differenza di molte altre città, la strategia di Sang Cugat per il momento non prevede l’integrazione del mondo della ricerca accademica nel suo sviluppo, ma soltanto della conoscenza e della tecnologia offerte da aziende prevalentemente locali.
Anche se sembra un approccio di difficile applicazione, passando dalla teoria alla pratica, questo modello di collaborazione ha permesso all’amministrazione comunale di Sant Cugat di sviluppare il primo progetto pilota della sua iniziativa smart city. Un’azione complessa chiamata ‘Smart street’, che ha consentito di lavorare contemporaneamente su più settori: gestione degli spazi pubblici, energia, rifiuti e mobilità. Per la realizzazione del progetto hanno partecipato sei diverse aziende e tutte le soluzioni tecnologiche proposte sono state concentrate all’interno di aree di progetto collocate in prossimità di un’unica strada del centro urbano. Oggi, lungo questo percorso, diverse reti di sensori e dispositivi elettronici permettono di facilitare e combinare fra loro la gestione dell’illuminazione pubblica, dell’irrigazione delle aree verdi, della mobilità e degli spazi per la sosta delle auto. Tutti i dati recuperati dai sensori vengono accumulati ed elaborati in tempo reale da un’unica piattaforma. I primi risultati ottenuti dimostrano l’efficacia dell’intervento in termini di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e di riduzione degli sprechi, mettendo in evidenza un ulteriore punto di forza del progetto: la misurabilità dei risultati conseguiti e la convinzione che il monitoraggio sia l’elemento di base per poter migliorare continuamente.
Efficienza, tecnologia, visione integrata e interoperabilità dei sistemi sono le parole chiave di questo primo approccio applicativo di successo dove però è mancato il concetto di partecipazione. Se come suggerito dal vicesindaco Jordi Pulgnero, spesso i cittadini sono disorientati di fronte al cambiamento tecnologico, un loro maggiore coinvolgimento nelle fasi di definizione del progetto poteva rappresentare una soluzione adeguata per agevolare l’accettazione delle nuove tecnologie in uno spazio di vita reale da loro vissuto quotidianamente.
Complessivamente San Cugat può essere considerato come un caso eccellente di piccola città che può ispirare le aree urbane più grandi. Anche Barcellona, con cui ha sottoscritto un accordo per lo scambio di buone pratiche e lo sviluppo di progetti comuni. Questa collaborazione intercomunale rappresenta un primo importante passo verso un progetto di vasta scala fortemente voluto dall’amministrazione provinciale di Barcellona, la cui visione inizia a prendere vita. In questo caso l’interesse si sposta dalla città al territorio, dove più aree urbane limitrofi condividono obiettivi e risorse al fine di sviluppare un’iniziativa smart city non a livello urbano, ma alla scala territoriale, rompendo i rigidi limiti imposti dai confini comunali e sviluppando una smart region. Terrassa, Viladecans e Sabadell sono alcune delle altre municipalità del contesto provinciale di Barcellona che hanno iniziato a rivolgere attenzione nei confronti del concetto di smart city e che permetteranno di alimentare questo progetto di vasta scala a cui l’Italia dovrebbe guardare con forte interesse.
Alcuni passi in questa nuova e più complessa direzione sono stati fatti anche nel nostro territorio, dove si lavora molto in ambito smart city, sia a livello teorico che pratico. Il dibattito su questo tema è continuo e sono davvero molte le città che stanno raggiungendo risultati di alto livello. Tuttavia, si tratta soprattutto di città di grandi dimensioni in un Paese che per il 70.0% è costituito da piccoli comuni con una popolazione di appena 5.000 abitanti. Comuni che fino ad oggi sono rimasti all’esterno di questo importante processo di trasformazione delle aree urbanizzate. La stessa situazione che caratterizza la provincia di Barcellona.
Come appena osservato, in Spagna la risposta a questa conformazione frammentata è stata stimolare la crescita del livello di collaborazione oltre i confini comunali da parte di un importante attore pubblico rappresentato dall’amministrazione provinciale. Tutto questo con l’obiettivo di favorire la costruzione e la crescita di una rete di polarità urbane attigue che collaborano; una rete caratterizzata dal coinvolgimento di città e comuni di dimensioni ridotte, i quali sono spesso frenati dall’idea che la complessità del concetto di smart city e la richiesta di risorse per lo sviluppo di queste iniziative sia troppo lontana dalle loro realtà e più vicina alle possibilità delle metropoli. Al contrario, il viaggio e il passaggio verso questo nuovo modello di città deve essere pianificato e portato avanti in modo congiunto, insieme, in modo da evitare di accrescere ulteriormente il divario fra piccoli comuni e grandi città, in termini di capacità attrattiva, di competitività, di qualità e quantità dei servizi offerti, e naturalmente, di popolazione residente.
Probabilmente è questo l’orizzonte verso cui dobbiamo procedere da qui al 2020, se veramente vogliamo costruire un progetto Paese per le smart cities and communities fondato sui caratteri identitari del nostro territorio. Un progetto in grado di rispondere alle caratteristiche di un contesto diviso dalla conformazione della struttura urbana territoriale, ma che deve essere unito dalla volontà di raggiungere un fondamentale obiettivo comune che non può rimanere incompiuto: costruire le aree urbane del prossimo futuro, sia grandi che piccole.
Luca Mora è dottorando in Progetto e Tecnologie per la Valorizzazione dei Beni Culturali presso il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruito del Politecnico di Milano e dottorando di alta qualificazione in Gestione dell’Innovazione e Sviluppo del Prodotto della Scuola Interpolitecnica di Dottorato fondata dai tre Politecnici italiani (Torino, Milano e Bari). Dopo aver conseguito la laurea triennale in Scienze dell’Architettura e la laurea magistrale in Architettura, entrambe al Politecnico di Milano e con lode, Luca ha deciso di dedicare la propria attività di ricerca allo studio dei sistemi di integrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione all’interno dei sistemi urbani, con particolare riferimento ai processi di gestione e sviluppo delle strategie smart city. Inoltre, collabora con il Laboratorio di Ricerca Mantova – Unità di ricerca T.E.MA. (Technology, Environment and Management) del Politecnico di Milano – Polo Territoriale di Mantova e con l’Urban and Regional Innovation Reserach Unit (URENIO) dell’Artistotle University of Thessaloniki.