L’intervista di Gianni Dominici ad Alfonso Fuggetta, docente del Politecnico di Milano e CEO di Cefriel. La pandemia ha certamente messo in evidenza la centralità del digitale, ma non si tratta solo di una questione infrastrutturale. Garantire una connessione di qualità a tutti è sicuramente un ottimo punto di partenza, ma per innovare in questo campo serve comprendere la complessità dei processi legati alla transizione digitale
15 Febbraio 2021
Redazione FPA
L’emergenza sanitaria ha definitivamente sdoganato il tema del digitale, a partire dalle questioni legate all’infrastruttura fino alla gestione dei sistemi informativi nella sanità e della DAD nel mondo dell’istruzione. Si è capito, dunque, che il digitale non è solo uno strumento importantissimo, ma anche un vero volano di innovazione dei processi per cui è necessario prepararsi sia dal punto di vista organizzativo che delle competenze.
Gianni Dominici intervista Alfonso Fuggetta, docente del Politecnico di Milano e CEO di Cefriel, realtà nata nel 1988 dalla collaborazione proprio del PoliMi e di Assolombarda, con l’intento di favorire il rapporto tra accademia e mondo dell’impresa. Oggi svolge anche consulenza riguardo progetti di innovazione per le industrie che decidono di investire sul settore delle tecnologie digitali.
“Lavorare attraverso la rete non è semplice”, esordisce Fuggetta parlando dell’impatto dello Smart Working e della DAD, specialmente quando si ha a che fare con i più giovani che vengono spesso banalmente abbinati allo stereotipo del nativo digitale. “In realtà questo concetto è stato banalizzato”, spiega il professore, sottolineando il fatto che essere connessi non significa per forza essere in grado di dominare le complessità del digitale.
Parlando poi sia di PA che di PMI, Fuggetta rimarca la necessità che vi sia una coprogettazione con quei privati in grado di realizzare effettivamente i progetti. “Economisti e politici dovrebbero ragionare su quali strumenti mettere in campo per spingere le aziende ad innovare” continua Fuggetta, rimarcando parte della tesi del suo ultimo libro “Lo stato innovatore”.
“È interessante la questione della regolamentazione dei social network” continua Fuggetta, ricordando la recente disputa tra Twitter e il presidente americano uscente Trump. Resta infatti ancora da capire fino a che punto i social media siano assimilabili a delle vere e proprie testate editoriali o se sia necessario mantenerne l’autonomia e puntare su meccanismi di controllo e trasparenza alternativi.
“L’innovazione non deve basarsi sul supporto all’offerta ma sul supporto alla domanda”, conclude infine Fuggetta, con l’augurio che i principi generici del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) vengano declinati in strumenti operativi efficaci.