Alla ricerca del cittadino digitale
Non esiste tout court un cittadino digitale, quanto piuttosto cittadini che usano di volta in volta canali diversi per interloquire con la PA. Grande attenzione va quindi impiegata nel definire i punti di contatto, senza demonizzare l’analogico e sapendo che la partecipazione attiva dei cittadini è indispensabile
13 Aprile 2016
Carlo Mochi Sismondi, presidente Fpa
La cittadinanza digitale, che è al centro del nostro “cantiere”, che ha visto la settimana scorsa la prima riunione, si basa sul cittadino digitale, ma la nostra riflessione è partita dalla constatazione che non esiste tout court un cittadino digitale, quanto piuttosto cittadini che usano di volta in volta, a seconda di come conviene loro, canali diversi per interloquire con la PA. Grande attenzione va quindi impiegata nel definire i punti di contatto. Al centro c’è sempre la “catena del valore”, la qualità del servizio e il livello di “valore pubblico” che ad esso viene attribuito. Lo strumento per la sua delivery è funzione del target, del tipo di servizio, delle opzioni possibili.
La prima conseguenza di questo assunto è la necessità di impostare sempre strategie multicanale e di non demonizzare l’analogico, non sempre infatti il digitale e lo strumento online è il canale più adeguato per tutti.
La seconda conseguenza è che se vogliamo che i cittadini usino i servizi digitali, e ricordiamo che l’Italia è il paese europeo in cui il gap tra disponibilità di servizi ed effettivo uso è il più grande, è fondamentale che il cittadino sia in condizione di usare lo stesso sistema di infrastrutture immateriali (dato da SPID, domicilio digitale, pagamenti elettronici, notifiche e documenti, servizi online, ecc. ) sia nei suoi rapporti con la PA sia in quelli con i privati e il mondo dei servizi (finanziari, assicurativi, notarili, ecc.). Per far questo è necessario definire con chiarezza standard validi per tutti, impostare un dialogo continuo con il mondo dei professionisti e degli intermediari sulla base di una reale collaborazione.
Il cittadino digitale si costruisce poi attraverso una doppia azione: da una parte è necessaria un’opera di avvicinamento per le fasce deboli della popolazione che ancora hanno un contatto molto marginale con le tecnologie o non l’hanno affatto (si tratta soprattutto di divide culturali derivati dalla posizione marginale o geografica o, soprattutto, nei confronti della posizione nel mondo del lavoro). Dall’altra rendendo effettivi e fruibili i diritti fondamentali e rendendo i nuovi servizi effettivamente “convenienti” si crea un’azione positiva che permette una maggiore diffusione degli strumenti e, con essi, della cultura del digitale.
La cittadinanza digitale non è per altro possibile senza la partecipazione attiva dei cittadini. I nuovi modelli di amministrazione devono considerare i cittadini e le imprese come co-designer dei servizi e istituire quindi strumenti e luoghi della partecipazione e dell’ascolto. Mettere al centro il cittadino non è possibile se lo si considera solo “consumatore” di servizi. E’ necessaria una maggiore cura nel design dei servizi per uscire dalla logica degli adempimenti e dei procedimenti formali. Occorre quindi accompagnare le scelte più importanti in tema di cittadinanza digitale con vere consultazioni e momenti strutturati di partecipazione e di ascolto, dando conto con trasparenza dei passi fatti.