L’intervista di Gianni Dominici ad Andrea Borruso, presidente di OnData, sul tema dei dati come bene comune per la ripartenza del Paese. L’emergenza sanitaria ha creato un forte spirito di collaborazione tra amministrazione e cittadino, che ha portato tra le altre cose anche ad una maggiore condivisione e diffusione di dati utili alla causa del contenimento del contagio. È importante non sprecare questo momento e spingere per una sempre maggiore libera fruibilità dei dati, lavorando sulla loro qualità e mostrando i benefici in termini di policy-making da essi derivanti
3 Dicembre 2020
Redazione FPA
Tra i pochi aspetti positivi della crisi pandemica si può certamente annoverare la rinnovata collaborazione tra pubblico e privato nella condivisione dei dati sanitari che, sebbene abbia riguardato prevalentemente gli aspetti di gestione delle misure di contagio, sembrerebbe essere un ottimo punto di partenza verso un accesso libero di molti altri dati. Si sta iniziando a comprendere infatti il potenziale della divulgazione dei dati, anche se molto resta da fare in termini di formato, aggiornamento e qualità della raccolta.
In questa puntata Gianni Dominici intervista Andrea Borruso, presidente di OnData, associazione promotrice dell’apertura dei dati pubblici per renderli accessibili a tutta la cittadinanza. Da buon osservatore della PA, Borruso ha curato le linee guida Open Data del Comune di Palermo e insieme ad altre associazioni cura l’iniziativa Dati Bene Comune.
“Serve dare il giusto valore ad alcune pratiche”, spiega Borruso, sottolineando l’importanza di descrivere e aggiornare i dati e di documentare i processi, così da comunicare all’esterno le potenzialità della raccolta e la loro divulgazione. Questi mesi hanno anche portato numerosi giornalisti a parlare del ruolo dei dati nel prendere le decisioni in materia di limitazione del contagio e anche nel mondo della ricerca si è assistito ad una forte apertura alla condivisione. Rimane, dunque, importante l’obiettivo di migliorare il sistema di raccolta dei dati, che passa dalle competenze del personale e dalla conoscenza degli strumenti.
“L’iniziativa Dati Bene Comune nasce proprio da questi mesi”, continua Borruso, parlando di questa mobilitazione nata a margine del decreto che ha assegnato le varie zone di rischio alle regioni italiane e che ha visto per la prima volta concretizzarsi la relazione tra decisione e dato, come testimoniato dai 21 indicatori individuati dal governo. Il consenso dalla società civile sembra essere già elevato, a partire dalla scuola di periferia a finire alla società italiana di statistica
Per il futuro, è importante che le politiche di monitoraggio di accesso e pubblicazione dei dati siano viste come una formalità, mantenendo sempre la privacy e la sicurezza nazionale ma con l’obbiettivo in testa che si tratta di qualcosa ormai indispensabile e incredibilmente utile.