Appalti, ecco gli impatti delle linee guida Anac sugli affidamenti sotto soglia
Le Linee Guida ANAC, supporto alle stazioni appaltanti nella gestione delle procedure di affidamento sotto-soglia e punto di riferimento per il formarsi di “buone pratiche”, sono state definitivamente approvate recependo, in buona parte, le osservazioni formulate dal Consiglio di Stato nel parere reso a metà settembre. Queste rappresentano indicazioni e indirizzi non vincolanti per le stazioni appaltanti, che ben potrebbero discostarsene motivando adeguatamente
17 Novembre 2016
Paola Conio, Senior Partner Studio Legale Leone
L’affidamento degli appalti di importo inferiore alla soglia di interesse europeo potrebbe sembrare un tema minore nel complesso panorama della contrattualistica pubblica. In realtà moltissimi affidamenti – soprattutto delle stazioni appaltanti di dimensioni più contenute – si collocano in quest’ambito.
Le Linee Guida ANAC, previste dal comma 7 dell’art. 36 come supporto alle stazioni appaltanti nella gestione delle procedure di affidamento sotto-soglia e punto di riferimento per il formarsi di “buone pratiche”, sono state definitivamente approvate – seppure con qualche mese di ritardo – recependo, in buona parte, le osservazioni formulate dal Consiglio di Stato nel parere reso a metà settembre.
Secondo il Consiglio, ancorché previste espressamente dalla norma, le linee guida sugli affidamenti sotto soglia non appartengono al novero degli atti cogenti adottati dall’ANAC quale Autorità indipendente di regolazione del settore, ma rappresentano indicazioni e indirizzi non vincolanti per le stazioni appaltanti, che ben potrebbero discostarsene motivando adeguatamente.
Le linee guida forniscono, tra l’altro, indicazioni per lo svolgimento delle indagini di mercato e per la formazione dell’elenco dei fornitori, suggerendo alle stazioni appaltanti l’adozione di un apposito regolamento che, seppur non previsto obbligatoriamente, può rappresentare una cornice di riferimento per l’azione amministrativa.
Per quanto concerne l’utilizzo del criterio di aggiudicazione, le linee guida precisano che gli affidamenti di servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35 del Codice ed i lavori di importo pari o inferiore a 1.000.000 di euro “possono essere aggiudicati, ai sensi dell’art. 95, comma 4, del Codice, con il criterio del minor prezzo, purché ricorrano le condizioni ivi disposte”, rimandando poi alle Linee guida n. 2 in materia di “Offerta economicamente più vantaggiosa”. Resta tuttavia non espressamente chiarito il rapporto tra il comma 4 e il comma 3 della disposizione citata che, invece, obbliga l’utilizzo del rapporto qualità/prezzo negli affidamenti relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera assistenziale e scolastica nonché per i servizi “labour intensive”, ovvero con costo della manodopera superiore al 50%.
Difatti, la Linea Guida n. 4, nel fare riferimento alle “condizioni ivi disposte” sembrerebbe alludere esclusivamente alla casistica contenuta nel quarto comma dell’art. 95 (servizi e forniture standardizzate o con condizioni definite dal mercato; servizi e forniture sotto soglia caratterizzati da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o carattere innovativo) e dunque voler dire che in tutti i casi in cui si versi in una delle ipotesi predette si possa affidare con il criterio del prezzo più basso. La Linea Guida n. 2, invece, relativamente agli affidamenti “labour intensive” e alle altre casistiche predette, afferma che gli stessi “devono sempre essere aggiudicati sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 3” e dunque – almeno sembrerebbe – prescindendo dal fatto che per ripetitività e importo gli stessi possano astrattamente rientrare anche nella classificazione del comma 4. Quid iuris, dunque, nel caso in cui un servizio sia, al contempo, di importo inferiore alla soglia, ripetitivo e scarsamente tecnologico ma anche ad alto impatto di manodopera o ad esempio concernente la ristorazione scolastica? In effetti, per come l’art. 95 è scritto e, soprattutto, per la logica che lo ha ispirato non dovrebbe dubitarsi che prevalga la regola dell’affidamento al miglior rapporto qualità/prezzo piuttosto che l’eccezione del prezzo più basso. Si tenga presente che la soglia dei servizi sociali e di quelli di ristorazione, ad esempio, è di 750.000 euro per i settori ordinari e di 1.000.000 di euro per quelli speciali e un’interpretazione che vedesse prevalere il comma 4 sul comma 3 dell’art. 95 rischierebbe di vedere attirati nell’area dell’affidamento al prezzo più basso affidamenti molto consistenti. Tuttavia, poiché (presumibilmente anche per venire incontro alle istanze di semplificazione della procedura portate avanti dalle stazioni appaltanti) non mancano i commentatori che sposano proprio questa tesi, sarebbe stato opportuno che le Linee Guida si esprimessero meno cripticamente a riguardo.
Le linee guida sono state, altresì, corrette per tener conto del parere del Consiglio di Stato relativamente all’opportunità – anche per non appesantire eccessivamente gli oneri in capo alle stazioni appaltanti – di concentrare l’onere motivazionale sulla scelta dell’affidatario più che sulla scelta della procedura, onere che per l’affidamento diretto “può essere soddisfatto mediante la valutazione comparativa dei preventivi di spesa forniti da due o più operatori” ma non deve necessariamente essere assolto in questo modo. La Linea Guida non suggerisce modalità differenti, ma in teoria vi sono molte possibili strade per valutare l’economicità di una prestazione e, d’altro canto, la comparazione con una sola o con un numero molto ristretto di alternative di per se stessa non da alcuna certezza in ordine all’effettiva economicità perché, ovviamente, a propria volta dipende dall’economicità o meno del termine di paragone utilizzato. Ad esempio, un utile riferimento potrebbe derivare dalla comparazione – opportunamente riproporzionata – con i corrispettivi pagati per prestazioni simili negli anni precedenti, dall’osservazione di dati di mercato ove disponibili, dagli esiti di “appalto aggiudicato” di altre stazioni appaltanti per prestazioni similari nello stesso ambito geografico, da prezzari di riferimento e dai ribassi medi registrati o da una combinazione dei criteri precedenti. L’importante è che si tratti di valutazioni logiche, non contraddittorie, possibilmente oggettive e riportate nelle motivazioni negli atti.
Meno “talebana” di quanto aveva richiesto il Consiglio di Stato è l’applicazione del principio di rotazione in relazione al contraente uscente. Difatti, sebbene ANAC, seguendo le indicazioni del CDS, affermi il carattere eccezionale dell’affidamento diretto e/o dell’invito al confronto competitivo rivolto all’appaltatore uscente, di fatto ribadisce la possibilità di considerare adeguata anche la motivazione che faccia riferimento non solo all’assenza di alternative, ma anche al grado di soddisfazione maturato per la prestazione esattamente adempiuta nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti e con il livello qualitativo atteso.
In effetti, escludere sia dall’affidamento diretto che dalla possibilità di confronto con altre alternative l’appaltatore uscente che abbia bene e correttamente operato, non appare un principio di grande efficienza.
Il rischio purtroppo, come già avvenuto ai tempi di tangentopoli, è quello di normare attraverso la lente deformante della cronaca, dando sempre per presupposti e scontati i fenomeni corruttivi che, seppure purtroppo esistenti e certamente da combattere e scardinare, non possono rappresentare il contesto di riferimento unico con il quale le disposizioni in materia di appalti pubblici ritengono di doversi rapportare.
E’ auspicabile che le stazioni appaltanti, anche grazie alla bussola fornita dalla Linea Guida di ANAC, riescano ad orientarsi in modo equilibrato tra le diverse alternative, contemperando al meglio efficacia e trasparenza dell’azione amministrativa.