Blockchain e PA presto sposi: tutti i servizi supportati da questa nuova infrastruttura digitale

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Questa tecnologia interesserà gli ambiti della Smart City, ad esempio quello del controllo del traffico (impianti semaforici, telecamere di sicurezza, etc.) da parte dei Vigili Urbani e delle autorità di Polizia. Altre applicazioni abilitate dagli smart contract possono riguardare il settore dei servizi pubblici (acqua, gas, elettricità etc.). Ma ci sono già applicazioni blockchain per le funzioni in back-office della Pubblica Amministrazione

18 Novembre 2016

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Francesco Vatalaro e Alessandro Vizzarri, Università di Roma Tor Vergata

Quando si parla di Blockchain, spesso il pensiero va al fenomeno del Bitcoin o, al più, alle applicazioni in ambito FINTECH, ossia bancario e del credito. Occorre però sfatare questo luogo comune: la Blockchain è una nuova tecnologia destinata ad incidere su moltissimi settori del business e della vita quotidiana, tanto che in futuro le applicazioni su cui oggi si lavora saranno semplicemente delle “nicchie” di applicazione della Blockchain e delle sue varianti.

Oggi nel settore bancario si è ben compreso il vantaggio di questa tecnologia che tende alla disintermediazione sicura a vari livelli, consentendo riduzioni di costo e maggiore tempestività delle transazioni. Come le banche anche gli assicuratori sono intermediari e, di sicuro, anche per loro può essere opportuno utilizzare la tecnologia Blockchain per semplificare pagamenti di premi e di sinistri. Inoltre, questa tecnologia potrebbe sostenere la sostenuta trasformazione digitale in atto nel settore, giacché gran parte di questa trasformazione si basa sul trattamento dei dati (dal Cloud ai Big data & Analytics).

Per avere un’idea più chiara di quanto grande potrà essere l’impatto del Blockchain nel prossimo futuro ci si può affidare ad esempio al World Economic Forum che, nel “ Global Agenda Council on the Future of Software & Society – Deep Shift, Technology Tipping Points and Societal Impact ” del settembre 2015, identifica nelle tecnologie del “Distributed Trust” e, in particolare, nella Blockchain uno dei sei Megatrend che muteranno a livello mondiale la fisionomia della Società e dell’Economia nel decennio 2016-2025.

Fra i vari trend identificati sulla base di interviste a qualche migliaio di dirigenti d’azienda, il WEF sostiene che nel periodo esaminato “per la prima volta un governo avvierà la raccolta delle imposte tramite una Blockchain” (73,1% degli intervistati). Come si vede, la stessa struttura dei rapporti fra Stato e cittadini e fra Stato e imprese ne sarà interessata: la Blockchain a quel punto sarà uscita definitivamente dall’ambito ristretto e un po’ underground dei gruppi open source su Internet per divenire un fenomeno globale e mainstream.

Già oggi, però, sono numerosi i casi di impiego della tecnologia Blockchain, sia nella sua versione detta “ permissionless” – cioè aperta e basata sul Bitcoin – che su quella “ permissioned” che prevede l’identificazione certa dei membri della rete, che è chiusa e gestita da una o più autorità di controllo.

Infatti le sue applicazioni stanno interessando settori che solo fino a pochi anni fa avremmo ritenuto impermeabili a tecnologie così innovative. Chi mai avrebbe detto ad esempio che Nasdaq, la seconda più grande Borsa valori al mondo, potesse lanciare un servizio di voto elettronico in assemblea per le società quotate al proprio Stock Exchange presso Tallinn, gestendo anche con la e-Residency del governo estone e con la blockchain del Bitcoin la vendita di titoli azionari? Dal febbraio 2016 questi servizi sono già utilizzati e altri seguiranno di analoga portata mondiale.

A questo punto viene anche da chiedersi: che rapporto c’è tra la blockchain e alcuni fra i settori ad alto contenuto tecnologico e di innovazione?

Nell’ultimo anno, in particolare, l’interesse nei confronti della blockchain è aumentato notevolmente soprattutto per la possibilità di gestire in modo sicuro lo scambio di informazioni tra oggetti connessi in rete, incluse le loro rispettive identità. Viene immediato il collegamento con il mondo dei connected devices o dell’Internet of Things (IoT). Innumerevoli le potenziali applicazioni. La domotica è certamente uno dei principali settori a cui il binomio IoT e blockchain assicurerà importanti risultati. Ora grazie alla Blockchain è possibile avere la certezza di essere l’unica persona abilitata ad aprire la porta di casa o ad attivare l’impianto di videosorveglianza. Inoltre, la stessa Blockchain consente di potere legare la condizionalità di eventi o processi apparentemente diversi tra loro, attraverso i cosiddetti “smart contract” (inizialmente definiti per il settore FINTECH ma poi estesi anche ad altri). Basta disporre di dispositivi “connessi in rete”. Non stupirà quindi la previsione che questa tecnologia interesserà gli ambiti della Smart City, ad esempio quello del controllo del traffico (impianti semaforici, telecamere di sicurezza, etc.) da parte dei Vigili Urbani e delle autorità di Polizia.

Altre applicazioni abilitate dagli smart contract possono riguardare, ad esempio, il settore dei servizi pubblici (acqua, gas, elettricità etc.). In ambito energetico l’integrazione tra IoT e Blockchain può abilitare un mercato P2P in cui i device possono acquistare e vendere energia automaticamente, in base ai criteri definiti dall’utente. Ad esempio, una piccola startup, TransActive Grid, sta facendo esperimenti di questo tipo per le energie rinnovabili nel quartiere di Brooklyn a New York. I pannelli solari registrano la loro produzione in eccesso su Blockchain, e la vendono ai vicini attraverso smart contract.

Il settore automotive è quello tra i più promettenti per la consacrazione finale del legame IoT & Blockchain. Oggi giorno gli autoveicoli sono dotati di innumerevoli dispositivi, dall’apertura della portiera alla black box, dalla centralina di diagnostica dei guasti ai sensori dei freni o di posizione, tutti collegati tra loro e ad Internet. Da questo punto di vista, le “connected car” non sono altro che un particolare tipo di “connected device”. L’impiego della Blockchain in questo contesto consente un’interazione sicura del veicolo con il passeggero, con i sensori a bordo, con le infrastrutture (ad esempio strade e semafori): tutto questo a prova di hacker. Un esempio? La startup tedesca Slock.it ha sviluppato una soluzione basata su Blockchain che consente di verificare in modo sicuro l’identità del passeggero di un veicolo e di abilitarne quindi l’apertura della portiera. Ciò può essere esteso a qualsiasi altro sistema di apertura e chiusura di porte, finestre o varchi di accesso più in generale.

E per le funzioni in back-office della Pubblica Amministrazione? Anche in questo ambito, la Blockchain offre un’ampia varietà di possibili applicazioni. Un altro esempio di un servizio che si sta affermando, proprio nella Pubblica amministrazione è quello del supporto certificato al “versioning” ossia al tracciamento sicuro delle versioni di un dato documento in forma digitale.

In alcuni paesi, ove non esiste o è inefficiente il catasto immobiliare, la Blockchain offre la possibilità di accertare la proprietà dei beni, certificandone anche in modo trasparente e senza l’intermediazione di un notaio la compravendita. Secondo Hernando De Soto, famoso economista peruviano e attivista contro la povertà, ben cinque miliardi di persone vivono senza disporre di adeguata documentazione. Si trovano ad affrontare gravi sfide nel certificare le attività economiche, gli averi di cui dispongono e, persino, la loro stessa esistenza. Questa mancanza di documentazione non consente loro di possedere un conto in banca, impedisce di assumere prestiti fornendo a garanzia la casa di proprietà, nega loro l’accesso alle assicurazioni e ne indebolisce seriamente la posizione contrattuale nei confronti di tutti coloro la cui vita, le proprietà e le attività commerciali sono legalmente documentate. Per questo, De Soto sta lavorando da tempo con Bitfury, una startup americana del Bitcoin, per portare il servizio Blockchain nei paesi poveri, in particolare africani, e stima che in questo modo potrebbe farsi emergere una quota di un capitale “dormiente” che stima pari a circa $20 mila miliardi.

La Pubblica amministrazione italiana dovrebbe fin da subito guardare con molta attenzione a questa tecnologia, una vera e propria infrastruttura software di cui attrezzarsi, che potrebbe più rapidamente del previsto determinare importanti livelli di efficienza dei servizi, riduzione dei costi e semplificazione del rapporto con le imprese e con i cittadini.

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