Cad, la nuova vita dell’epayment pubblico

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Il nuovo CAD apre ad una maggiore inclusione degli strumenti di incasso per la Pubblica Amministrazione alternativi al contante, introducendo il concetto di neutralità degli strumenti di pagamento digitale. Quali sono le novità, i dubbi e il cammino da percorrere ai fini di una concreta attuazione delle disposizioni

20 Settembre 2016

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Roberto Garavaglia, Management Consultant & Innovative Payments Strategy Advisor

È di pochi giorni la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale [1] del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179, che riforma il Codice dell’amministrazione digitale.

L’art. 5 del nuovo CAD, in vigore dal 14 settembre 2016, individua nei pagamenti digitali i principali strumenti di incasso delle pubbliche amministrazioni, le quali sono tenute ad accettare, tramite – anche – il Nodo dei Pagamenti-SPC, i pagamenti spettanti a qualsiasi titolo attraverso sistemi di pagamento elettronico.

Vediamo in questo breve articolo le principali novità, le attese e i prossimi passi che si potranno (o dovranno) compiere al fine di dare attuazione a quanto disposto in riforma.

Maggiore neutralità nella scelta degli strumenti di pagamento

Rispetto al testo precedentemente vigente, viene previsto l’obbligo da parte delle amministrazioni pubbliche di accettare un più ampio ventaglio di strumenti di pagamento digitali, che ricomprende non solo i sistemi basati su OBeP ( On-line banking e-payment), bonifico bancario ( SCT – SEPA Credit Transfer), bollettino di conto corrente postale e carta di credito, ma che può includere anche le carte di debito, prepagate e il credito telefonico (quest’ultimo per i micropagamenti).

In proposito, la riformulazione dell’Art.5 comma 1 del novellato Codice è piuttosto chiara, laddove rafforza il tenore della disposizione mediante l’uso del termine “obbligo”, in luogo della precedente formulazione, in ordine alla quale la P.A. era semplicemente “tenuta”, nei rapporti con l’utenza, “[…] ad accettare i pagamenti ad essi spettanti, a qualsiasi titolo dovuti, anche con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione [2].

Ma veniamo ai nuovi strumenti di pagamento abilitati, concentrandoci in particolare su credito telefonico e carte di pagamento.

L’impiego del credito telefonico come mezzo di pagamento

La possibilità di adozione del credito telefonico per il pagamento di piccoli importi era già previsto nella Legge 7 agosto 2015, n. 124 (c.d. “Riforma Madia” in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), laddove all’articolo 1 lettera q se ne indicava espressamente l’utilizzo, alla pari di qualsiasi altro strumento di pagamento, “ […] nei confronti della pubblica amministrazione e degli esercenti servizi di pubblica utilità

Orbene, una disamina in dettaglio di tale previsione richiamata nel nuovo CAD, induce a considerare quale debba (o possa) essere lo status dell’operatore di rete, intenzionato ad offrire questo servizio al cittadino, nel rispetto di quanto prevede la nuova direttiva europea sui servizi di pagamento – la c.d. “PSD2” [3] – che deve essere recepita dagli Stati membri entro gennaio 2018 (si veda qui l’approfondimento per la trasposizione in Italia, a seguito dell’emanazione della Legge di delegazione Legge di delegazione europea 2015).

Nel nuovo perimetro di deroghe per l’impiego del credito telefonico, la direttiva include (solamente …) i biglietti elettronici e le donazioni, acquistati ed eseguite con lo stesso mezzo, definendo, al tempo stesso, un limite massimo agli importi che possono essere gestiti per l’acquisto di qualsiasi bene o servizio digitale. In particolare si tratta di valori che sono fissati in 50 euro per singola transazione e in 300 euro mensili, da considerarsi come operazioni di pagamento che il fornitore di servizi di telecomunicazione mette a disposizione insieme ai servizi di comunicazione del proprio abbonato.

> Questo articolo è parte del dossier “Speciale Cad. Inizia la fase attuativa, l’analisi di FPA e dei nostri esperti”

L’operatore di rete, dunque, laddove rispetti tali limiti e comprovi la reale sussistenza delle condizioni di applicabilità di almeno una delle dispense suddette, non è obbligato ad acquisire alcuna licenza d’intermediario del pagamento, né ad agire in partenariato con uno di essi.

Nell’attesa di un’indicazione più chiara, che si avrà (auspicabilmente) con la trasposizione in normativa primaria della PSD2 e successive misure attuative, pare legittimo chiedersi a quale categoria possano ascriversi i micropagamenti verso la P.A. effettuati tramite il credito telefonico, in relazione alle deroghe previste dal dispositivo comunitario.

Difficile poterli considerare – tutti – alla stregua di un biglietto per il trasporto pubblico (almeno di non ritenere un titolo di legittimazione, per esempio, il ticket sanitario …), altrettanto improbabile è ricondurre tale micropagamento ad un’operazione di pagamento, da parte di un operatore di rete, effettuata da (o tramite) il telefono e addebitata al proprio abbonato “ mediante la relativa fattura nel quadro di un’attività di beneficenza ” (per citare la nuova norma comunitaria).

Ai fini del corretto inquadramento giuridico, se quanto osservato fosse vero (o anche solo verosimile), nulla toglie tuttavia che, sul piano prettamente tecnologico ed operativo, i fornitori di servizi di telecomunicazione possano adottare le stesse soluzioni (o piattaforme) usate, già oggi, per le attività di addebito sul conto prepagato o in bolletta. In questo caso, però, sarà necessario prevedere l’integrazione con il Nodo dei Pagamenti di AgID .

I pagamenti con carta e il problema dei costi

Veniamo ora all’impiego delle carte di pagamento ed al sottostante, annoso, problema dei costi.

Secondo gli ultimi dati di Banca d’Italia[4], nel 2015 i pagamenti digitali con carta a livello nazionale hanno rag­giunto quasi i 175 miliardi di euro (+12,2% rispetto al 2014), pari ad oltre il 22% dei consu­mi delle famiglie. Il Politecnico di Milano [5] stima nei cc.dd. “New Digital Payment”[6] una quota rappresentativa della crescita pari al 12% del transato con carta complessivo, con un incremento del 22% rispetto al 2014, corrispondente a un valore di 21,5 miliardi di euro nel 2015.

Ciò premesso, al fine di contribuire ulteriormente lo sviluppo dei servizi di pagamento digitale in Italia, la P.A. potrebbe giocare un ruolo determinante ed esserne un volano , sebbene moltissime amministrazioni pubbliche non abbiano ancora aderito al Pago la PA.

Senza entrare nel merito delle complessità operative che possono aver determinato tale ritardo, è utile soffermarsi su una semplice considerazione di taglio economico.

È noto come il mercato dei pagamenti elettronici sia un mercato c.d. “two-sided”, in presenza, quindi, di esternalità i cui effetti devono essere sapientemente previsti e presi in considerazione. La possibilità di accettare anche altre forme di pagamento elettronico basate su carta, senza discriminazione in relazione allo schema di pagamento (debito, credito e prepagato), deve debitamente tener conto dei costi (in particolare le Merchant Fee) che la P.A., alla stessa stregua di un esercizio commerciale, è chiamata ad onorare, ma che, a differenza invece di qualsiasi esercente, oggi ribalta sul cittadino [7].

Se da un lato si plaude all’apertura che il nuovo CAD rivolge ai pagamenti con carta, dall’altro, l’attesa di un intervento normativo e politico che tenga conto anche dei problemi di finanza pubblica è particolarmente sentita. Laddove si riuscisse ad evitare il “Surcharging” (la sovratassazione del servizio di pagamento non induce certo il cittadino ad usare strumenti digitali per il pagamento delle pubbliche amministrazioni) la digitalizzazione dei pagamenti verso la P.A, potrebbe davvero costituire una spinta per la diffusione (e l’uso) di strumenti elettronici, nel contempo permettendo alla P.A. stessa di raggiungere obiettivi di maggiore efficienza (in definitiva, il contante è sempre un costo per tutti).



[1] G.U. n.214 del 13/9/2016

[2] Art. 1 comma 1 del vecchio CAD

[3] Direttiva UE 2015/2366 del 25 novembre 2015

[4] Relazione annuale della Banca d’Italia sul 2015

[5] Report “I Pagamenti Digitali in Italia” – Osservatorio Mobile Payment & Commerce – luglio 2016

[6] Si considerano New Digital Payment i pagamenti attraver­so canali online (Pc e tablet, Mobile) e i pagamenti in punto vendita attraverso carte contactless o su Mobile POS

[7] Questa procedura è detta “Surcharging” ed è oggetto precipuo sia della PSD2 sia del nuovo regolamento sulle Interchange Fee dei pagamenti con carta (regolamento UE 2015/751 del 29 aprile 2015). Nei casi in cui l’esercente orientasse (con ciò escludendo l’imposizione) l’acquirente pagatore verso l’uso di uno specifico strumento di pagamento, non può applicare alcuna sovrattassa nei confronti del pagatore, solamente per l’uso di quegli strumenti di pagamento ai quali si applicano le commissioni d’Interchange regolamentate dal regolamento UE 2015/751

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