“Collaborare è Bologna”: ecco la nuova cultura della PA

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Ci sono rischi e conflitti non semplici da gestire per preparare al cambiamento sia pezzi di città che di Amministrazione. “Collaborare è Bologna” è una iniziativa che innesca un percorso di politica, pensiero, strumenti e progetti da cui partire

11 Maggio 2016

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Michele D'Alena, Comune di Bologna

“Collaborare è Bologna” è la politica del Comune di Bologna per favorire la collaborazione. Grazie ad un insieme di strumenti e progetti materiali e immateriali, l’amministrazione bolognese innova e rinnova l’identità della città sperimentando un nuovo modello di coinvolgimento dei cittadini. Un percorso di partecipazione nei quartieri, molteplici progetti diffusi sul territorio, una piattaforma digitale e una campagna di comunicazione che culmina con una festa annuale hanno l’obiettivo di migliorare le potenzialità del territorio mediante lo sviluppo di un nuovo modello di governo basata sull’apertura.

Dal punto di vista dell’architettura amministrativa e gestionale, il processo ha visto la collaborazione come metodo trasversale: spinto da Sindaco e Direttore Generale mediante un ampio e sistemico coinvolgimento delle diverse aree/dipartimenti/settori, è stato affiancato e accompagnato dall’Urban Center di Bologna che rappresenta enti e istituzioni attive nelle trasformazioni della città e del territorio, attirando risorse private che hanno sostenuto parti del progetto. L’adozione del regolamento per la cogestione dei beni comuni e il ridisegno della nuova rete civica bolognese possono individuare l’inizio del processo.

In applicazione del principio di sussidiarietà (art.118 della Costituzione), l’Amministrazione Comunale di Bologna assume il dovere di sostenere e valorizzare l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, volta al perseguimento di finalità di interesse generale dotandosi dal 19 maggio 2014, di un regolamento sulle forme di collaborazione tra cittadini e Amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani. Il regolamento offre una cornice di riferimento alle diverse occasioni in cui il Comune e i cittadini si alleano attraverso “Patti di collaborazione” per condividere la responsabilità di curare e rigenerare la città con interventi di cura o di rigenerazione proposti dai cittadini e co-progettati con il Comune. Proseguendo quanto avvenuto nel 1994 con la nascita della prima rete civica italiana e a supporto delle pratiche collaborative, a dicembre 2014 viene ridisegnata la nuova Iperbole con uno spazio digitale collettivo, in cui cittadini, imprese, comunità possono aprire un blog, proporre progetti, geolocalizzarli e mettersi in contatto con le altre persone per aree di interesse. Come infrastruttura abilitante alla collaborazione tra i cittadini (che possono scambiarsi idee, capacità e impegnarsi per progetti, adottare i beni comuni della città e partecipare a consultazioni pubbliche), la piattaforma è open source e rende concreta l’idea di spazio pubblico digitale, costruendo un nuovo modello oltre i social network come Facebook e Twitter. Da maggio 2015 inizia la campagna di comunicazione dedicata con una festa annuale, “la festa della collaborazione civica”, in cui vengono premiati simbolicamente i cittadini e le comunità firmatarie dei patti di collaborazione; nasce una mostra itinerante con un supporto cartaceo continuamente aggiornato e un sito web, finalizzato a diffondere i progetti e gli strumenti messi in campo.

Da ottobre 2015, “Collaborare è Bologna” diventa la chiave narrativa per raccontare un percorso collaborativo: attraverso una serie di incontri nei quartieri, cittadini e comunità hanno coprogettato la mappatura delle priorità da inserire nelle attività finanziabili dai fondi Europei, regionali e comunali.

Dal 22 ottobre al 3 dicembre, si sono tenuti sei incontri che hanno permesso di presentare i risultati delle politiche nei territori dei sei nuovi quartieri, di raccontare in modo accessibile i finanziamenti in arrivo e di far esprimere richieste e proposte legate ai bisogni del territorio. Circa 1200 persone hanno partecipato con 526 schede progettuali raccolte e successivamente mappate per essere analizzate. Anche le conversazioni digitali sono state oggetto di ascolto: grazie ad una sperimentazione a cavallo tra big data e design, il progetto HUB ha evidenziato che a Bologna ci 160mila persone attive sui social media (facebook, twitter, instagram) che ogni giorno generano circa 1482 messaggi che parlano di collaborazione (da chi chiede aiuto per supporto al chi esprime il desiderio di fare cose insieme) con un aumento sensibile nei weekend. Parchi, aeroporto e stazione dei treni sono i luoghi catalizzatori di conversazioni collaborative; 77.883 sono gli utenti che si sono espressi sulla collaborazione interagendo con altri cittadini con il 23% delle conversazioni attribuibili alle campagne di “Collaborare Bologna”; l’87% delle aree dove c’è stata un’alta intensità di conversazioni sono riconducibili ai Patti di Collaborazione e al 62% alla rete civica. Pubblicando in open data e quindi trasformando in bene comune tutti i dati pubblici generati dalla città e da chi la vive, normalmente in possesso di piattaforme private, HUB è un primo tentativo di utilizzare in maniera intelligente i dati delle conversazioni sui social media per capire come migliorare le politiche.

Successivamente a questa fase di ascolto e mappatura delle priorità, da inizio 2016, si è svolto il percorso di valutazione delle proposte da parte di tutte le strutture dell’Amministrazione, che ha permesso di individuare le possibili sinergie tra le proposte, le opportunità di finanziamento e i temi rilevanti sia nei singoli quartieri che in tutta la città. La fase di rendicontazione (altri sei incontri nei quartieri avvenuti tra marzo e aprile 2016), segna l’inizio che ha identificato cosa si farà: in ogni quartiere sono state indicate le priorità, i progetti da attivare e le aree territoriali su cui continuare a sperimentare, anche a partire dalla fine del 2016 con laboratori di co-progettazione, rendendo stabili prototipi e processi comunitari già attivi, CoBologna, per esempio.

Allineamento e coinvolgimento, emersione e analisi delle proposte, scelta delle priorità e avvio della sperimentazione con ulteriore fase di apertura con racconto, ascolto, facilitazione e abilitazione sono alcune delle diverse fasi di “Collaborare è Bologna” ma dopo due anni e quasi 200 patti di collaborazione e più di 7000 iscritti alla rete civica, rimane forte l’idea di sperimentare concretamente una nuova cultura della collaborazione, dentro e fuori l’Ammnistrazione, che prende forma abilitando le tante forme di attivismo che già esistono.

Se nelle città il cambiamento avviene più rapidamente che in altri contesti è chiaro che è urgente dotarsi di piattaforme per gestire in modo stabile le reti urbane, creando le premesse per nuove forme di localismo che ribaltino la piramide gerarchica del governo ai cittadini. Le persone al centro come soggetti attivi delle politiche pubbliche ma con forte governo specialmente verso i soggetti a rischio esclusione, le sperimentazioni e il monitoraggio continuo, la trasparenza e l’accessibilità delle informazioni e del racconto, l’aggregazione e l’indirizzo di risorse civiche e private sono alcuni degli ingredienti necessari per disegnare una nuova politica basata sull’apertura.

Ci sono rischi e conflitti non semplici da gestire per preparare al cambiamento sia pezzi di città che di Amministrazione, ma di fronte alla crisi dei modelli e ai dati sulla partecipazione e sulla disillusione verso la cosa pubblica, “Collaborare è Bologna” innesca un percorso fatto di politica, pensiero, strumenti e progetti da cui partire.

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