Competenze digitali in Sanità: alla ricerca della e-Leadership

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S@lute 2016. Alla vigilia di quella che appare essere la svolta definitiva dell’Healthcare IT nel nostro Paese, occorre prendere consapevolezza del tema relativo alla crescita professionale in chiave digitale di tutti gli operatori sanitari. Altrimenti sarà l’ennesima replica di un film già visto: dispiegamenti tecnologici autoreferenziali, rigorosamente snobbati dagli utenti

17 Ottobre 2016

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Paolo Colli Franzone, Netics

Forse solamente la Difesa, in tutte le sue variegate accezioni, assomiglia alla Sanità dal punto di vista della diffusione capillare di alta tecnologia (sempre più digitale) che viene utilizzata quotidianamente da centinaia di migliaia di addetti ai lavori. In un ospedale anche piccolo a piacere, la quantità di oggetti (non solo computer!) il cui funzionamento è strettamente correlato col mondo degli zero e degli uno è impressionante: abbiamo già avuto modo di dirlo qualche settimana fa parlando di sicurezza, ma il discorso è valido anche volendo e dovendo parlare di competenze digitali.

Perché in fondo, pensandoci bene, stiamo parlando di due facce della stessa medaglia: un sistema sicuro è un sistema cui afferiscono operatori/utenti consapevoli del “cosa stanno facendo” e del “cosa potrebbe succedere se”.

Prima ancora, operatori/utenti sono in grado di migliorare sensibilmente le loro performance solamente se hanno contezza di quanto e come le tecnologie digitali (ripetiamo: non solo computer, hardware e software!) possono offrire loro una grossa mano nella routine quotidiana come nell’emergenza.

Superata l’era dell’informatica che automatizzava in formato binario processi e flussi di lavoro nati analogici, superato il tempo del “ma ‘sto computer non funziona, ma chi ha scritto questo programma così mal fatto”, siamo alle soglie della Digital Transformation: i processi si modificano plasmandosi rispetto alle opportunità offerte da tecnologie che soltanto i burocrati più ottusi continuano a chiamare “nuove” e da metafore e paradigmi mutuati da tutto quanto quelli che parlano difficile chiamano “modelli 2.0 o 3.0”.

Un intero pianeta ha cambiato il modo di acquistare un biglietto aereo, di prenotare un soggiorno in hotel, di ordinare un pollo tandoori, persino di trovare il/la compagno/a più o meno occasionale e/o stabile. Facciamo cose di sempre in maniera radicalmente trasformata dalle tecnologie digitali, figuriamoci se non finirà così anche per quanto riguarda l’ambito sanitario.

Ma non esiste Digital Transformation senza un enorme lavoro sugli skill, sulle competenze dei professional che quotidianamente lavorano in ospedale, in ambulatorio, in uno studio medico o in farmacia.

Così come non esiste innovazione in Sanità se non riusciamo ad immaginare e a progettare le professioni del futuro (quanti data scientist serviranno all’interno del Servizio Sanitario Nazionale da qui al 2030?) ma anche solo le professioni attuali trasformate dal digitale.

Attenzione: “competenza digitale”, in Sanità, è un’espressione che sottende un mondo molto più vasto del più o meno semplice bagaglio cognitivo occorrente al funzionario dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Roccacannuccia. Perché come si diceva in apertura, in ospedale gira tanta roba digitale non ricompresa nel perimetro abituale preso in considerazione da entità come l’AgID abituate a pensare ai server, ai personal computer e alle stampanti. E in molti casi, i dirigenti delle strutture ospedaliere di Ingegneria Clinica sono molto più “smart” dei loro colleghi CIO e molto più consapevoli della reale consistenza della mole enorme di bit che tutti i giorni girano fra corsie, laboratori, sale operatorie e strutture di pronto soccorso.

Un discorso a parte lo meritano le dinamiche di evoluzione del “mestiere” del CIO in Sanità, come ben ci racconta Giuliano Pozza di AISIS (l’associazione dei dirigenti dei sistemi informativi di ASL e Ospedali pubblici e privati italiani) nel suo articolo che parla della “morte” di questa figura controversa, perennemente a cavallo fra l’essere “il capo del data center” e un manager autorevole e solidamente insediato (e riconosciuto) dal top management aziendale.

Riassumendo: alla vigilia di quella che (finalmente) appare essere la svolta definitiva dell’Healthcare IT nel nostro Paese, occorre prendere consapevolezza del tema relativo alla crescita professionale in chiave digitale di tutti gli operatori sanitari. Altrimenti sarà l’ennesima replica di un film già visto: dispiegamenti tecnologici autoreferenziali, rigorosamente snobbati dagli utenti.

Coprogettazione e formazione/informazioni: queste sono le vere “armi” da mettere in mano a tutti i portatori di interesse che hanno a cuore l’innovazione tecnologica in sanità. Tutto il resto è noia, repliche e tempo perso.

E’ proprio per affrontare meglio questo periodo di grande e delicata trasformazione che è necessario un momento come quello di S@lute 2016, 10-11-12 settembre.

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