Comuni e ICT nelle Regioni: una elaborazione statistica dei dati ISTAT
Dal nostro Forum on line emerge una istanza chiara: basta con i processi alle intenzioni, avanti con l’analisi dei dati a partire da numeri congrui. Un esempio da Carlo Tasciotti – Presidente Emerito Associazione Nazionale Statistici e nostro lettore – che, elaborando i dati ISTAT 2007 sulle ICT nelle amministrazioni locali, classifica le Regioni in tema di ICT nei Comuni, assemblando 26 indicatori attraverso il Classification Method. Sul podio: Emilia-Romagna, Toscana, Veneto. In coda: Sicilia, Molise e Calabria.
1 Ottobre 2008
Dal nostro Forum on line emerge una istanza chiara: basta con i processi alle intenzioni, avanti con l’analisi dei dati a partire da numeri congrui. Un esempio da Carlo Tasciotti – Presidente Emerito Associazione Nazionale Statistici e nostro lettore – che, elaborando i dati ISTAT 2007 sulle ICT nelle amministrazioni locali, classifica le Regioni in tema di ICT nei Comuni, assemblando 26 indicatori attraverso il Classification Method. Sul podio: Emilia-Romagna, Toscana, Veneto. In coda: Sicilia, Molise e Calabria.
La classifica delle Regioni
Il punto di partenza sono i dati ISTAT 2007 relativi alle ICT nelle amministrazioni locali, presentati nel marzo 2008. In particolare si fa riferimento ai dati percentuali relativi ai Comuni raggruppati per Regione sulla base di 26 indicatori.
Il primo passo, spiega Tasciotti, è stato assemblare in un’unica tavola i 26 indicatori dalla fonte ISTAT, espressi in percentuale e riferibili in alcuni casi alla percentuale di Comuni in altri alla percentuale di dipendenti, ad esempio: Comuni con uffici /servizi di informatica autonomi; Dipendenti ICT o Comuni che hanno organizzato corsi di formazione ICT; Dipendenti che hanno seguito corsi di formazione ICT o ancora Comuni con Intranet, Dipendenti con accesso ad Intranet.
"Attraverso l’utilizzo del Classification Method – va avanti Tasciotti – si definisce una misura unica e composita attraverso un Sistema di Benchmarking, che non ha punti di riferimento ipotizzati o prefissati a priori, ma quelli di fatto verificatisi, ossia i valori migliori presenti in ogni indicatore, dai quali misurare la distanza ed effettuare la classifica. Per cui la misura unica e composita ottenuta va da 0 (zero), che è considerato il valore migliore, a 1 (uno), ovvero il valore peggiore. Concludendo, si ottiene una classifica espressa in “per mille”, con valore vicino a 0,000 (migliore) e a 0,999 (peggiore)".
Su queste basi metodologiche la classifica è quella che segue: al primo posto Emilia-Romagna con un valore di 0,3836, a seguire Toscana 0,4488; Veneto 0,5066; Umbria 0,5298; Marche 0,6395; Friuli-Venezia Giulia 0,6542; Provincia Autonoma di Bolzano 0,6596; Lombardia 0,6645; Puglia 0,6664; Basilicata 0,7119; Provincia Autonoma di Trento 0,7469; Sardegna 0,7539; Lazio 0,7902; Abruzzo 0,8069; Piemonte 0,8083; Valle d’Aosta 0,8092; Campania 0,8114; Liguria 0,8302; Sicilia 0,8594; Molise 0,8858; Calabria 0,955.
La questione: applicare la statistica per un analisi globale dei dati
Questo esercizio statistico – dal valore esemplificativo a sostegno della richiesta di maggiore e più accurata elaborazione statistica di dati nella PA – parte dalla constatazione che "la presentazione di tabelle con dati, relative percentuali e grafici è possibile a tutti; ma, a fronte di una moltitudine di indicatori statistici, una analisi globale può risultare problematica".
Come spiega meglio e più tecnicamente Tasciotti "molte volte si dispone di indicatori relativi a differenti entità nel contesto di variabili per un dato fenomeno in un medesimo tempo oppure di uno stesso indicatore relativo a diverse entità in tempi differenti (es. performance delle entità nel passare del tempo). Detto in termini statistici, si dispone di una tabella a doppia entrata formata da varie colonne di numeri, che possono avere un significato analogo, oppure diverso. Se le colonne sono indicatori statistici si riesce a capire chi è primo e chi è ultimo all’interno di ciascuna colonna di dati; però risulta problematico ottenere una misura unica e composita, considerando tutte le colonne “schiacciate” insieme ed avere, al tempo stesso, una classifica del tipo di quella espressa da una percentuale".
A questo punto interviene il Classification Method, che ha permesso in questo caso la classifica delle Regioni attraverso un indicatore composito. Spiega ancora Tasciotti "si tratta di un genere di Messa in Ordine (Array) e di Classificazione (Cluster Analysis), che fornisce una misura unica e composita partendo da una eterogeneità di dati statistici. Oltre a una classifica vera e propria dei valori, si possono rilevare le similitudini esistenti nelle “distanze” delle entità messe a confronto tra loro, ottenendo un possibile secondo risultato, quello delle aggregazioni delle dette entità ossia i Gruppi Omogenei (Cluster)".
Una curiosità. "Questo Metodo – ricorda Tasciotti – è stato sviluppato da un gruppo di matematici polacchi nel 1952. Portato all’UNESCO nel 1967, usato dalla Princeton University nel 1970, fu adottato dalla FAO nel 1971 per definire le Agricultural policies at different level of development".
Per visionare i dati statistici elaborati da Carlo Tasciotti