Con eIDAS cambia il valore legale della mail: ecco le prime sentenze
L’associazione dello user name e della password al dominio dell’account e-mail utilizzato consente di affermare che è stata “applicata” alla e-mail inviata una firma elettronica. Resta da verificare quali siano i limiti dalla “libera valutazione in giudizio sul piano probatorio” del documento informatico così “firmato elettronicamente”: ecco un criterio applicativo
21 Novembre 2016
Cesare C.M. Del Moro, avvocato, Università degli Studi di Milano
Con le sentenze n. 14716/2011 e n. 11402/2016, entrambe a firma Enrico Consolandi, il Tribunale di Milano affronta il tema della validità probatoria di una comunicazione e-mail semplice (non PEC) prima e dopo l’entrata in vigore, il 1° luglio 2016, del Regolamento UE n. 910/2014 eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature) e delle conseguenti modifiche, G.U. n. 214 del 13 settembre 2016, al D.lgs. n. 82/2005 CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale).
La prima sentenza prende in esame il caso di un’azienda che aveva confermato un ordine di materiale via e-mail, documento informatico poi disconosciuto in giudizio ex art. 2712 c.c., disconoscimento non ritenuto sufficiente per genericità e per giunta ritenuto non applicabile per la valutazione del valore delle comunicazioni di posta elettronica, da considerarsi invece ex art. 21 CAD. Già nel 2011 l’art. 21 del CAD, infatti, stabiliva che “1. Il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, sul piano probatorio è liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità.” .
Il Legislatore stabiliva che il documento informatico ( i.e. “il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” ) è liberamente valutabile sul piano probatorio se vi è apposta una firma elettronica, sicché in primis è da valutare se una e-mail semplice sia o meno, di per se, firmata elettronicamente.
Per fare ciò bisogna esaminare la definizione CAD di “firma elettronica: l’insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di identificazione informatica” .
Ebbene la citata sentenza, con applicazione della norma non censurabile a parere di chi scrive, afferma che “(…) l’utilizzo delle credenziali di accesso alla casella di posta elettronica vale a qualificare l’utente e costituisce pertanto una firma elettronica semplice, non avanzata né qualificata, ma comunque non giuridicamente irrilevante: secondo la norma ora citata sotto il profilo probatorio è liberamente valutabile in giudizio.” .
In altre parole l’associazione dello user name e della password al dominio dell’account e-mail utilizzato consente di affermare che è stata “applicata” alla e-mail inviata una firma elettronica.
Stabilito quanto sopra resta da verificare quali siano i limiti dalla “libera valutazione in giudizio sul piano probatorio” del documento informatico così firmato elettronicamente (anche se non con firma elettronica qualificata o digitale).
Anche su questo aspetto il provvedimento in parola offre un criterio applicativo utile laddove afferma che “Nel caso di specie vi è un messaggio proveniente dal dominio “XXX” e dunque si deve ritenere riconducibile il messaggio di conferma dell’ordine della merce dapprima rifiutata, alla “XXX” e alla persona menzionata nell’account di posta, identificabile con ogni probabilità con il nome e cognome indicato nell’account di posta, che si riferisce infatti a persona nota al teste“ .
Pertanto, si riconduce la provenienza della comunicazione in capo al fruitore del dominio e alla persona a cui è assegnata la casella di posta elettronica, sia per gli elementi oggettivi riscontrati (dominio aziendale, contenuto della comunicazione, etc.), sia per la corrispondenza, rectius compatibilità, tra quanto rinvenuto nel documento informatico e quanto emerso in sede di escussione testimoniale.
Resta ora da valutare la sentenza n. 11402/2016, che affronta il medesimo tema alla luce delle modifiche normative apportate al Regolamento eIDAS e al CAD, per capire se vi siano stati cambiamenti significativi.
Venendo all’esame della sentenza n. 11402/2016 questa considera positivamente come prova una ammissione di debito formulata attraverso comunicazione e-mail da account aziendale.
Dalla normativa richiamata in favore di tale tesi emerge l’impatto del cambiamento che si è avuto con le novelle sopra individuate.
In primis è confermato che la comunicazione e-mail semplice (non PEC) è documento con gli stessi effetti giuridici del corrispondente documento analogico, secondo quanto già argomentato nella sentenza n. 14716/2011 e quanto stabilito dall’articolo 46 del regolamento europeo eIDAS: “ a un documento elettronico non sono negati gli effetti giuridici e la ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica” (non discriminazione del documento elettronico).
Inoltre va rilevato che il CAD, all’art. 21, prescrive ora che “Il documento informatico, cui e’ apposta una firma elettronica, soddisfa il requisito della forma scritta e sul piano probatorio e’ liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualita’, sicurezza, integrita’ e immodificabilita’.”
Ulteriormente, sempre il regolamento eIDAS contiene un principio di non discriminazione della firma elettronica all’articolo 25 che recita : “a una firma elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziari per il solo motivo della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti delle firme elettroniche qualificate”.
Anche sui requisiti della firma elettronica l’art. 3, al punto 10 eIDAS conferma, come stabiliva l’ora abrogata definizione contenuta nel CAD, che questa è l’insieme dei “ dati in forma elettronica, acclusi oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici e utilizzati dal firmatario per firmare ”.
Resta così confermato che è ammissibile come prova il documento elettronico anche in assenza di firma elettronica qualificata e che, nel caso in esame: “ La spedizione da un indirizzo riferibile ad una certa società d’azienda deve essere ritenuto firma elettronica ai sensi delle definizioni contenute nell’articolo 3 del regolamento EIDAS stesso, precedentemente contenute nel codice dell’amministrazione digitale che oggi non le contiene più, proprio per la vigenza del regolamento europeo” .
Pertanto, l’utilizzo di una casella recante chiaramente il riferimento alla persona, unitamente al contenuto, indicano che quelle parole contenute nella e-mail sono riferibili al debitore.
Resta, sullo sfondo, l’incognita creata dalla libera valutazione del giudice sulla prova, che, a ben vedere, interessa l’intero Ordinamento e non tano questo specifico istituto.
Va infine rilevato, a parere di chi scrive, che la nuova formulazione dell’art. 21 CAD, stabilendo che il documento informatico, cui è apposta una firma elettronica, “soddisfa il requisito della forma scritta”, con i limiti stabiliti ex art. 1350 c.c., determina come conseguenza che non potrà più essere negata, per requisiti di forma, l’emissione di un decreto ingiuntivo per un ricorso che si fondi su una comunicazione e-mail che contenga una prova ex artt. 633 e 634 c.p.c..