Conservatori sospesi in Agid, quali danni per il mercato digitale
Le PA per poter espletare in outsourcing la propria obbligatoria attività di conservazione di documenti informatici possono servirsi solo di soggetti accreditati da AgID. Ad oggi se ne contano solo 69 per un’attività necessaria che riguarda tutte le PA italiane e che rischia di essere bloccata non si sa per quanti mesi
7 Novembre 2016
Andrea Lisi, presidente Anorc Professioni e coordinatore D&L Department
La recente decisione dell’Agenzia per l’Italia Digitale di sospendere, a partire dal 14 settembre 2016, l’accreditamento dei conservatori di documenti informatici prevista dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) ha lasciato molti operatori ed esperti del settore (me per primo) a dir poco sbigottiti.
Allo stupore si affianca la preoccupazione per quelle che potrebbero essere concretamente le conseguenze di questo provvedimento, il quale rischia di alterare pesantemente gli equilibri di un mercato in pieno sviluppo, quello dei servizi digitali, che svolge un ruolo chiave nell’iter di innovazione delle nostre aziende e pubbliche amministrazioni, introducendo al suo interno delle ingiuste e immotivate sperequazioni che non possono che danneggiarlo. Ottenere l’accreditamento dall’AgID è, infatti, condizione necessaria perché un’azienda possa conservare, in outsourcing, i documenti informatici della pubblica amministrazione, ruolo questo estremamente delicato, dal momento che in essi è depositata la nostra memoria comune: proprio per questo le aziende che svolgono tale servizio devono garantire alti livelli di qualità e sicurezza “certificati” dall’accreditamento.
Attualmente le aziende accreditate sono solo 69, un numero dopotutto esiguo per fare fronte alle esigenze conservative di tutte le numerosissime PA italiane e che per il momento, purtroppo, non è destinato a crescere. Questa situazione di stallo potrebbe durare, non sappiamo quanto a lungo. La nuova richiesta che si fa alle aziende conservatrici per essere accreditate da AgID è infatti quella di ottenere una valutazione di conformità da parte di un organismo di valutazione a sua volta accreditato da Accredia (presupposto che, in verità, in base alla nuova normativa dovrebbe essere valido per tutte le imprese che forniscono servizi di conservazione digitale dei documenti per le pubbliche amministrazioni, anche quelle già accreditate).
Ma il fatto incredibile è che non ci sono, ad oggi, organismi accreditati in grado di rilasciare questa valutazione: il risultato di tale stallo è che, in assenza di un soggetto che fornisca la valutazione di conformità, le imprese che hanno presentato recentemente domanda di accreditamento all’AgID non possono ottenerlo, mentre le imprese che hanno già presentato e ottenuto l’accreditamento non possono comunque considerarsi in linea con le nuove disposizioni.
Il discutibile provvedimento di AgID traccia così una linea arbitraria tra chi si è accreditato entro il 14 settembre e chi ha inoltrato la domanda successivamente, svantaggiando di fatto questi ultimi soggetti che potrebbero, nell’attesa che la situazione si sblocchi, poter perdere importanti occasioni di partecipare a bandi di gara, con i danni economici che ne seguono. Anzi peggio, oggi qualsiasi bando di gara su servizi di conservazione dei documenti informatici rischia di essere considerato non legittimo, dal momento che questo provvedimento di AgID evidentemente rappresenta, pure agli occhi dei meno esperti, una chiara violazione delle regole della concorrenza, dal momento che crea un’ingiustificata disparità di trattamento: una situazione questa che potrebbe meritare un giusto intervento da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Né AgID ha deciso con coraggio, come sarebbe stato auspicabile (e in assenza purtroppo di una scelta legislativa più ragionevole che pensasse a questo aspetto), di concedere un periodo transitorio per tutti (accreditati e accreditandi) in cui potesse ritenersi ancora sufficiente una semplice autocertificazione per essere in linea con ciò che la normativa attualmente prevede (in attesa – si ripete – che ci sia almeno un organismo in grado di rilasciarla). Se il legislatore non ha previsto a monte tale fase transitoria è pur vero, infatti, che AgID potrebbe prendere l’iniziativa, dal momento che gode di ampia discrezionalità nel suo settore di competenza.
Intanto i giorni passano, e la situazione non si sblocca. Anorc e Assoprovider sono intervenute duramente con una lettera formale chiedendo tempestivamente ad AgID di ritirare il provvedimento. Ma ci si augura che, oltre alle associazioni di categoria, prendano posizione netta sulla vicenda anche le altre autorità coinvolte, oltre ad AgID: penso al Ministero dei Beni Culturali, al Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, al neoeletto Commissario straordinario per il digitale. Che la conservazione digitale dei documenti della PA si svolga correttamente e in sicurezza, grazie a un iter di accreditamento equo e trasparente, e che il mercato dei servizi digitali alla PA sia gestito all’insegna di una leale concorrenza è nell’interesse di tutti, perché, lo ricordiamo, in quei documenti è depositata la nostra memoria, che va difesa con attenzione da ogni possibile rischio di alterazione e oblio.