Contratti ICT, perché la PA deve trasformare i Rup in project manager
Per qualificare la spesa pubblica finalizzata ad un incremento del “valore pubblico”, quello che la Gran Bretagna chiama value for money, il cammino da compiere è faticoso, ma tracciato. Le riflessioni sulle esperienze vissute nell’ICT e le sue prospettive, con l’ottica del project management e più in generale del monitoraggio dei contratti ICT
22 Luglio 2016
Federico Minelle, Consiglio scientifico e Franco Stolfi, Comitato Direttivo ISIPM Istituto Italiano di Project Management
Nell’articolo di Ezio Melzi, pubblicato su queste pagine si evidenziavano le attività ritenute fondamentali per la riqualificazione della spesa pubblica. Un approccio totalmente condivisibile e riprendendo quella classificazione e adottando il linguaggio specifico del project management e del monitoraggio dei contratti ICT, proviamo a spiegare cosa questo significhi in termini di incremento del valore pubblico:
- applicare le logiche di portfolio management, per selezionare solo le iniziative progettuali da mettere a gara che possano portare effettivi benefici (non solo monetari), secondo una conseguente scala di priorità;
- avere chiari i benefici attesi dal singolo progetto/contratto da mettere a gara e le oggettive modalità per definirli e misurarli;
- effettuare sistematicamente e con continuità il controllo/ripianificazione del progetto/contratto in corso d’opera, al fine di preservare tali benefici.
Ma, secondo le logiche più evolute della pianificazione, controllo e valutazione del “valore pubblico” [1], va inserita alla fine una quarta categoria di attività di fondamentale importanza (v. figura 1): misurare i benefici effettivi realizzati una volta concluso il contratto, avendo ormai in esercizio i beni, servizi e lavori contrattualmente realizzati. Ovvero raccogliere i valori consuntivi degli indicatori di successo, secondo criteri coerenti a quelli stabiliti in sede di approvazione ed avvio progetto/contratto.
Figura 1 – Il ciclo di pianificazione, controllo e valutazione sul progetto/contratto pubblico
Questa terminologia non è assolutamente una novità, essendo anche contenuta negli appositi Manuali CNIPA (ora AgID) sulla qualità delle forniture ICT per la PA [2],[3]: si tratta di applicarla ed eventualmente valutarne l’estensione anche ad altri contesti.
L’idea fondante è che il management ed il project manager del Committente, il Rup, deve considerare non solo la buona realizzazione del progetto/contratto, ma in una logica di portfolio management anche i benefici rivenienti (figura 2) e quindi, in considerazione dei costi del contratto, il valore aggiunto per la comunità degli stakeholder, ampliando così i consueti obiettivi di tempi, costi e qualità del progetto.
Figura 2 – I limiti di responsabilità sul progetto/contratto (fonte: Gary Lloyd “Business Leadership for IT Projects” © , Gower (UK) 2013 – riproduzione autorizzata)
In effetti, il monitoraggio in corso d’opera, previsto per i contratti ICT di grande rilievo, secondo il dlgs 39/’93 e le correlate circolari AIPA/CNIPA/AgID, rigorosamente svolto da parte di società specializzate o da gruppi interni alla PA (nati come indipendenti dallo specifico RUP), con il nuovo codice degli appalti potrebbe costituire lo strumento a disposizione dello stesso RUP e del Direttore Esecutivo del contratto per un efficace governo delle attività contrattuali, anche al di fuori dell’ambito ICT.
Ma, purtroppo l’esperienza del monitoraggio dei contratti di grande rilievo , pur avendo prodotto risultati positivi in oltre un ventennio di applicazione (v. le ormai storiche relazioni del CNIPA ed il nuovo impulso ora dato dall’AgID), invece di essere esteso agli altri settori di fornitura ha corso il rischio di essere abrogato , con tutto il dlgs 39/’93, nell’ambito delle modifiche introdotte dal nuovo CAD. Rispetto a questa dubbia intenzione, le perplessità sollevate della Commissione speciale del Consiglio di Stato [4] e le osservazioni della Commissione Parlamentare [5] formulate dal relatore on. Coppola hanno evitato che gli impatti dell’abrogazione del dlgs 39/’93 si estendessero anche al monitoraggio, almeno per l’ICT. Ma andando oltre le recriminazioni scongiurate (si può vedere nel testo conclusivo del nuovo CAD), e sarà necessario dotare il RUP , definito come un effettivo project manager nelle linee guida ANAC a corredo del nuovo Codice degli Appalti Pubblici, delle necessarie competenze (conoscenze, abilità e capacità personali e professionali) per svolgere tale funzione, se non si vuole che rimanga una vuota definizione di ruolo, alla quale non segue una corrispondente capacità e responsabilità.
> Leggi il dossier “Speciale Cad. Inizia la fase attuativa, l’analisi di FPA e dei nostri esperti”
Infatti, secondo l’opinione degli autori (e non solo), affinché possa svolgere adeguatamente il proprio ruolo, al RUP va associato a uno specifico percorso qualificatorio di abilitazione nel project e contract management: esiste ormai da tempo la norma ISO 21500:2013 sul project management e le conseguenti norme UNI, sulle quali si basa la certificazione di project manager secondo modalità più complete e probanti rispetto alle “qualificazioni”, pur sempre valide e propedeutiche, offerte dalle associazioni professionali nazionali e internazionali “custodi” della disciplina del project management.
Nelle più diffuse metodologie di portfolio/program/project management, come anche nel monitoraggio sopra richiamato, è ormai dato per scontato che la valutazione ex-ante dei benefici attesi includa necessariamente non solo quelli per la Amministrazione committente, ma anche per tutte le diverse famiglie di stakeholder, interni ed esterni alla stessa Amministrazione: p.e. cittadini, imprese, organizzazioni sociali ed altre PA. Questo “valore pubblico” atteso, definito attraverso indicatori non solo monetari, oltre a essere il fattore discriminante per l’approvazione del progetto ed il conseguente processo di procurement, rimane la “stella polare” per la esecuzione del contratto stesso, in presenza delle sue inevitabili varianti, e nella intera vita del progetto.
Il punto di riflessione, che sarà anche oggetto del convegno programmato da ISIPM in collaborazione con SNA il 29 settembre, è che il “ valore pubblico ” effettivamente realizzato, anche se spesso si materializza a contratto concluso (misurato nella cosiddetta “valutazione ex-post”, per ora prevista nell’ambito del monitoraggio dei contratti ICT di grande rilievo), rimane comunque una responsabilità del committente e non del fornitore , per la effettiva misurazione a regime degli stessi indicatori predefiniti ed il loro confronto con i valori attesi.
Tutto ciò potrebbe andare ad arricchire le c.d. lesson learned (secondo la nomenclatura del project management) che, se condivise, potrebbero diventare un patrimonio di conoscenza utile a tutti i RUP, almeno della stessa PA e, volendo, di tutto il settore pubblico.
Ma per avere effetto, le regole di comportamento e trasparenza del fornitore e del committente sul contratto devono essere incluse nelle clausole degli atti di gara, altrimenti il compito diventa molto arduo, se non addirittura impossibile. Anche quando previsto, secondo la esperienza degli autori, effettuare un buon monitoraggio è in ogni caso un compito impegnativo.
In conclusione, al di fuori dell’ICT la obbligatorietà o almeno opportunità del monitoraggio, e relative condizioni propedeutiche in sede di ideazione e gara, pur se diffusamente citato nel nuovo codice degli appalti, non è ancora citata nei contratti tipo finora emessi (salvo smentita): speriamo nel lavoro futuro.
[1] Deidda Gagliardo E. “Il valore pubblico. La nuova frontiera delle performance” – RIREA, 2015
[2] Analisi di Fattibilità per l’acquisizione delle forniture ICT http://www.agid.gov.it/node/881
[3] Verifica dei Risultati degli Interventi ICT di Innovazione http://www.agid.gov.it/node/885
[4] v. punto 4 a pag. 9 della commissione speciale, parere n. 00430/2016 dell’adunanza del 11/05/2016 del CdS
[5] v. punto ll a pag. 72 e punto mm a pag. 84 del parere della I^ commissione Affari Costituzionali, 3 agosto 2016