Corte dei conti, in smart working il 98 per cento del personale

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La Corte dei conti è passata nel giro di 48 ore da dieci a circa 3000 dipendenti (fra personale amministrativo e Magistrati) in smart working. Come è stato possibile? Grazie ad una strategia che ha ripensato ormai da anni i sistemi informativi in cloud

10 Aprile 2020

Cantieri PA

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Leandro Gelasi

dirigente Servizio per la gestione del centro unico dei servizi, Corte dei conti

Photo by Austin Distel on Unsplash - https://unsplash.com/photos/gUIJ0YszPig

“Si vis pacem, para bellum”. Dubito seriamente che Vegezio pensasse allo smart working e alla business continuity quando coniò questa espressione alla fine del quarto secolo. Ma trovo che si adatti benissimo a quanto in questi giorni la Corte dei conti sta facendo, fronteggiando le sfide organizzative tutt’altro che banali a cui la pandemia da COVID-19 sta sottoponendo la Pubblica Amministrazione.

Sgombriamo innanzitutto il campo: la guerra al virus, quella vera, la stanno combattendo altri settori della P.A.: gli ospedali, i centri di ricerca, la Protezione Civile, le Forze dell’ordine sono in prima linea e stanno dando tutto per fare uscire la Nazione dall’ora più buia in cui si sia trovata dopo la Seconda guerra mondiale, pagando con decine e decine di morti il proprio impegno. Ciò nonostante e a maggior ragione, il resto dell’organizzazione dello Stato ha il compito ineludibile di continuare a lavorare nel modo più “normale” possibile, in modo che, quando la crisi sarà terminata o quantomeno sotto controllo, il Paese possa ripartire il più velocemente possibile, senza lasciare indietro nessuno.

Lo smart working in Corte dei conti

Venendo al punto, in una sua lettera aperta pubblicata sul sito web della Corte dei conti il 23 marzo 2020, il Presidente Angelo Buscema ha fra l’altro scritto:

Alla prova concreta dei fatti, dall’avvio su larga scala dell’esperimento dello smart working in Corte, i dati relativi all’attività svolta sui nostri principali sistemi informativi risultano del tutto equiparabili a quelli ordinari, come se, in pratica, continuassimo a lavorare dai nostri uffici, confermando una resilienza e una vitalità di cui esseri davvero fieri.” In modo più colorito, il Cons. Gerardo de Marco, Magistrato referente per i sistemi informativi automatizzati ha detto “siamo riusciti a fare Taglia&Incolla della Corte dagli uffici alle case del personale.

Per comprendere meglio quanto sopra, manca un dato: la velocità. I vari provvedimenti del Governo che reagivano, giorno per giorno, all’evolversi della situazione epidemiologica e le conseguenti decisioni del vertice Amministrativo della Corte hanno costretto a passare da uno scenario in cui una decina di dipendenti operavano in telelavoro, ad uno in cui il 98% del personale (circa 3000 persone, fra personale amministrativo e Magistrati) è stato posto in smart working (termine qui usato in modo non del tutto aderente alla definizione) lavorando direttamente dalle proprie abitazioni cinque giorni su cinque. Tutto nel giro di 48 ore.

La scelta fatta da tempo: il cloud

Non è stato un caso e non è stata fortuna: è stato il risultato di anni di lavoro durissimo e investimenti importanti, anni in cui, grazie ad una strategia illuminata, i sistemi informativi della Corte sono stati in larghissima parte ripensati nell’ottica cloud first, puntando sul modello di erogazione del cloud pubblico. Una scelta che ha visto Corte fare da apripista e che è poi diventata lo standard raccomandato dal Piano Triennale per l’Informatica nella P.A.

Oggi le principali applicazioni che consentono il funzionamento del core business della Corte (che da dicembre 2016 non ha più datacenter di proprietà) sono ospitate in cloud pubblico, con un modello di accesso indipendente dalla posizione fisica dell’utente (pur mantenendo altissimi standard di sicurezza). A loro volta i sistemi legacy, non ancora migrati al modello cloud, sono accessibili tramite sistemi di VPN totalmente trasparenti per l’utenza o tramite un’infrastruttura di desktop virtuali in alta affidabilità. L’adozione di piattaforme SaaS (Software as a Service) per tutte le attività di collaborazione (posta elettronica, documentale, videoconferenza, ma anche protocollo, PEC e firma digitale) ha consentito alla generalità del personale di passare allo smart working in maniera totalmente fluida.

Quelle stesse piattaforme consentiranno a breve di riprendere l’attività giurisdizionale, permettendo di tenere le udienze in videoconferenza. Il 3 aprile 2020 sono infatti state pubblicate in Gazzetta Ufficiale le relative regole tecniche. Ovviamente non tutto è andato liscio e vorrei provare a riassumere quanto, come Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati, abbiamo imparato (e stiamo ancora imparando), nel bene e nel male.

Il fattore umano

Anche in condizioni normali, l’adozione in via generalizzata dello smart working è qualcosa che ha un impatto fortissimo sia sulle risorse umane coinvolte che sui vertici aziendali o istituzionali. È un cambio di paradigma, che ha bisogno di tempi lunghi e programmi strutturati di adozione. Trovarsi costretti ad adottarlo letteralmente dalla sera alla mattina poteva causare uno scollamento fra l’Amministrazione ed il personale. L’azione della task-force Covid-19 della Corte dei conti, coordinata dal Segretario Generale (e di cui faccio parte), ha fatto sì che questo non accadesse, dando indicazioni puntuali ed uniformi al personale delle varie sedi distribuite sul territorio nazionale. Ancora di più, l’indicazione di “non lasciare nessuno indietro” ha consentito di adottare scelte particolarmente aggressive per far sì che il personale potesse efficacemente lavorare da casa, partendo dall’estensione del supporto fornito dal nostro Customer Care anche a problematiche riguardanti i dispositivi e la connettività personali.

Il digital divide è anche dove non te lo immagini

Venendo agli aspetti più strettamente tecnici di questa “forzosa” adozione di massa dello smart working, dal punto di vista infrastrutturale tutto quello che serviva era già presente e ampiamente testato. Al netto di alcune configurazioni ed alcune verifiche puntuali, le cose sono andate sostanzialmente lisce.

I problemi principali li abbiamo avuti sul fronte degli utenti: il concetto di smart working prevede che il lavoratore utilizzi strumenti e connettività propri, ma in un buon 50% dei casi questo non è stato possibile. La criticità maggiore è stata riscontrata sulla disponibilità di un PC di livello adeguato presso le abitazioni, situazione resa più complessa dal fatto che l’unico PC di casa è stato spesso conteso da due genitori in smart working e uno o più figli alle prese con la formazione a distanza. Per sciogliere il nodo si è deciso di intervenire spedendo direttamente a casa degli utenti dei notebook già configurati per l’accesso sicuro ai nostri sistemi informativi.

Altra criticità, spesso sommatasi alla precedente, è stata la non piccola percentuale di utenti privi di connettività Internet flat presso la propria abitazione. Purtroppo, qui abbiamo potuto fare ben poco per alleviare il disagio. Corte aderisce alla Convenzione Mobile 7 di Consip e forniva già a tutti gli utenti una SIM 4G aziendale con 20 giga al mese di traffico compreso, ma abbiamo potuto verificare che si tratta di una quantità di dati sufficienti solo per un uso sporadico dello smart working (specie usando le videoconferenze in modo intensivo). Da notare che la convenzione Consip, a cui è vincolata la P.A., non prevede profili tariffari con dati illimitati.

Entrambe le criticità possono essere in gran parte ricondotte ad una generale scarsa consapevolezza di parte degli utenti in ambito digitale. Allo stesso modo in cui molti si sono meravigliati che un PC con Windows XP fosse inutilizzabile per accedere a sistemi informativi moderni, la consapevolezza che l’assenza di una linea fissa in casa fosse un serio limite è arrivata solo dopo qualche giorno di smart working. Su questo c’è ancora molto da lavorare, partendo da una più puntuale definizione delle configurazioni minime indispensabili per lo smart working fino ad arrivare a concetti più vicini alla cittadinanza digitale che alla competenza tecnica.

Il digitale come azione amministrativa

“Nulla sarà come prima” è una frase che ho sentito ripetere molto spesso in questi giorni. È difficile dire come il Paese si rapporterà con la fine dell’emergenza, non fosse altro perché ad oggi non è ragionevole stabilire un termine ad essa. La Corte dei conti nasce con l’Unità d’Italia ed è sopravvissuta a due Guerre Mondiali. Il suo ruolo e la sua struttura sono cambiati nei decenni per adeguarsi alla diversa realtà sociale e politica italiana e continueranno a farlo. Il distanziamento sociale ci sta facendo accelerare sulla via di una completa digitalizzazione dell’attività istituzionale, questo rappresenta una sfida tutt’altro che banale, ma anche un’occasione per dimostrare che “trasformazione digitale” non è solo uno slogan, ma la base dell’azione amministrativa del ventunesimo secolo.

Per chiudere, permettetemi di ringraziare il personale del Servizio per la Gestione del Centro Unico Servizi della Corte, che ho l’onore di dirigere da gennaio 2020 (sì, come battesimo del fuoco per un Dirigente IT una pandemia non è male). Tutti, dal primo all’ultimo, si sono messi a totale disposizione dell’Amministrazione e dei colleghi, garantendo il successo dei piani emergenziali e dimostrando un attaccamento al dovere, all’Amministrazione e all’Italia che va ben oltre il semplice rapporto di lavoro. Una squadra eccezionale.

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