Cosa è successo al Barcamp 2010: tavolo sul marketplace per le applicazioni per la PA

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Lo scorso 19 maggio a FORUM PA si è svolta la seconda edizione del Barcamp InnovatoriPA la community dedicata all’innovazione animata e supportata da Formez e FORUM PA. La discussione della giornata è stata animata in otto tavoli, ognuno dei quali focalizzato su un tema ben preciso, ed è poi continuata on line sulle pagine della community. Gianfranco Andriola, animatore del tavolo dedicato al "marketplace per le applicazioni per la pa" ci presenta un’efficace sintesi dei lavori, e dal suo racconto emerge la voglia di considerare il Barcamp come punto di partenza di un percorso lungo ed articolato.

7 Giugno 2010

G

Gianfranco Andriola*

Articolo FPA

Lo scorso 19 maggio a FORUM PA si è svolta la seconda edizione del Barcamp InnovatoriPA la community dedicata all’innovazione animata e supportata da Formez e FORUM PA. La discussione della giornata è stata animata in otto tavoli, ognuno dei quali focalizzato su un tema ben preciso, ed è poi continuata on line sulle pagine della community. Gianfranco Andriola, animatore del tavolo dedicato al "marketplace per le applicazioni per la pa" ci presenta un’efficace sintesi dei lavori, e dal suo racconto emerge la voglia di considerare il Barcamp come punto di partenza di un percorso lungo ed articolato.

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Fiori colorati e scatole di cartone

Più di un anno fa Tim Berners-Lee apriva quello che sarebbe diventato uno dei più importanti e discussi dibattiti sulla trasparenza dei dati governativi con un’ormai celebre speech al TED mostrando un immagine particolarmente evocativa: fiori colorati e diversi tra loro che affondano le loro radici in scatole marroni e monotone. Nella metafora di Berners-Lee le scatole rappresentano i dati grezzi, di fatto “noiosi” e inutili se presi da soli, mentre i fiori ritraggono le applicazioni interessanti e produttive che solo attraverso quei dati possono “germogliare”, gli uni servono a poco senza le altre e viceversa. Di frequente nel dibattito sull’open data l’importanza delle applicazioni, necessarie alla valorizzazione dei dati, spesso passa in secondo piano per questioni di pragmatismo, “liberiamo i dati e le applicazioni verranno da se” si è spesso portati a pensare. Proprio come nella dicotomia rappresentata dall’immagine di Berners-Lee nel Barcamp Innovatori di quest’anno, accanto a discussioni dedicate più strettamente ai modi per “liberare i dati” e ai requisiti che gli stessi dovranno avere per poter essere considerati aperti, ne è nata un ulteriore, incentrata proprio su come valorizzare quei dati una volta resi open, cioè attraverso un Marketplace per le applicazioni per la pubblica amministrazione.

Modelli di riferimento

Aprendo il tavolo di discussione il modello di riferimento a cui si è iniziato a guardare non poteva che essere Apps.gov, il portale americano, attraverso cui viene messo a disposizione delle pubbliche amministrazioni un catalogo di app basate sul cloud computing, alcune free altre a pagamento, selezionate e certificate dal governo federale, con un modello gestionale del tutto simile a quello già adottato con successo da alcune piattaforme mobile (in questo senso Apps Store di Apple e Android Market di Google sono solo due degli esempi più celebri). Discutendo sulla replicabilità di un modello simile però ci si è resi subito conto che apps.gov che è nata come azione di sistema di livello centrale, per quanto resti imprescindibile come riferimento, come ambizione a cui ispirarsi, sarebbe estremamente complessa da riadattare al contesto italiano. La discussione si è quindi orientata verso una serie di proposte che, partendo dal basso, siano capaci di produrre in tempi brevi e con costi bassi applicazioni immediatamente usabili sia dalle PA e che dai cittadini.

Proposte operative

Di seguito una serie di spunti emersi durante la discussione iniziata al tavolo del barcamp e proseguita su InnovatoriPA.it:

  • la proposta che è emersa per “aggirare” la complessità che si avrebbe con un unico marketpalce delle app gestito a livello centrale è un contest: cioè una sorta di “competizione a somma positiva”, che veda coinvolte da un lato le pubbliche amministrazioni, con il ruolo di individuare necessità e bisogni degli utenti, e dall’altra sviluppatori software, che propongono applicazioni immediatamente usabili in cambio di un premio in denaro messo in palio dalla dall’ente organizzatore dell’evento. Quindi il modello di riferimento si riorienta, passando dal già citato Apps.gov americano a Rewired State inglese, in una logica più vicina al concetto di Innovation without permission discusso da David Osimo proprio durante il FORUM PA di quest’anno.
  • tra le esperienze già avviate da cui è possibile trarre ispirazione per l’avvio di una iniziativa simile va segnalato il concorso di idee promosso dal city council di New York: BigApps. Dove la città di New York mette in palio una retribuzione in denaro attraverso una competition che premia l’applicazione che meglio riusa, in maniera creativa e utile, i data stets aperti messi a disposizione dalla città stessa nel portale New York City Data Mine. Inoltre viene dato ampio spazio ai suggerimenti e alle posposte di sviluppo provenienti dalle esigenze dei cittadini.
  • Alcune delle caratteristiche delle applicazioni da cui partire per il design del contest:
    • siano esse API web based o wiget, app per iPhone o per altre piattaforme mobile o applicativi desk dovranno essere “opere calde”, cioè applicazioni immediatamente usabili e appetibili per il target di riferimento;
    • bisogna pensare sin da subito sia ad applicazione free, capaci di diffondersi in fretta tra gli utenti, che a pagamento, capaci invece di garantire la sostenibilità di lungo periodo del sistema. E qui il modello di riferimento non può che essere l’App Store di Apple;
  • liberare i dati, dando modo agli sviluppatori di crearvi applicazioni, modifica radicalmente la catena del valore generata dalla gestione e dalla diffusione degli stessi. Così si eliminerebbero rendite di posizione e si darebbero opportunità di crescita a professioni della "società della conoscenza". Liberare i dati non solo produce trasparenza e democrazia, ma sopratutto genera "valore". Di seguito alcuni esempi che possono essere utili a mettere a fuoco la questione:
    • la diffusione dei dati statici su web e in forma libera elimina i costi di stampa e distribuzione (e più in generale di intermediazione). Analizzando i bilanci degli uffici statici dei comuni e si fa presto a comprenderne l’impatto di iniziative simili;
    • la raccolta e la pubblicazione in forma aperta dei dati modifica radicalmente la catena del valore o dei costi del Censimento decennale;
    • la messa a disposizione (limitata, anche, solo agli aventi interesse) dei dati delle proprietà mezzi (auto, moto, barche) elimina la necessità di pagare le visure all’ACI e/o alla motorizzazione
  • Infine, è emersa al tavolo la proposta operativa da parte della Fondazione Scuole Civiche Milano, con la collaborazione del Formez, di lanciare a breve un incontro fra aziende e "portatori d’interesse" per lanciare una "competizione" di questo tipo, volta allo sviluppo di alcune prime applicazioni.

Il ruolo del decisore pubblico

Traendo una conclusione generale dai discorsi e dalle proposte fatte a questo tavolo del BarCamp Innovatori si può dire che la divulgazione dei dati in formato aperto da parte delle pubbliche amministrazioni sia un passaggio indispensabile, ma che da solo non possa bastare: è necessario far nascere una comunità di sviluppo intorno ai dati e animarla attraverso un canale di comunicazione in grado di creare un dialogo con gli utenti. Cioè una sorta di incrocio tra domanda e offerta, dove il decisore pubblico, oltre a metterci la materia prima (i dati in formato aperto), assume anche il ruolo di facilitatore/garante del processo di innovazione.  


*Gianfranco Andriola è consulente del Formez per l’area knowledge management.

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