Cosa ha prodotto questa legislatura? I dati del rapporto Camere Aperte 2013

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Oggi l’Associazione Openpolis ha presentato il rapporto “Camere Aperte 2013“, terza edizione della rilevazione che punta a monitorare e valutare l’attività di Deputati e Senatori attraverso lo studio di dati e statistiche. Diverse le considerazioni che si possono trarre dalla lettura dei dati "grezzi" messi a disposizione dall’attività di "scraping" (ossia l’estrazione dei dati a partire da fonti non del tutto aperte) di Openpolis: dall’aumento della contrapposizione tra Parlamento e Governo, alla (tragica) constatazione che l’attuale legge elettorale non permetterà di far scegliere ai cittadini chi premiare e chi punire alle prossime votazioni.

5 Febbraio 2013

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Redazione FORUM PA

Oggi l’Associazione Openpolis ha presentato il rapporto “Camere Aperte 2013“, terza edizione della rilevazione che punta a monitorare e valutare l’attività di Deputati e Senatori attraverso lo studio di dati e statistiche. Diverse le considerazioni che si possono trarre dalla lettura dei dati "grezzi" messi a disposizione dall’attività di "scraping" (ossia l’estrazione dei dati a partire da fonti non del tutto aperte) di Openpolis: dall’aumento della contrapposizione tra Parlamento e Governo, alla (tragica) constatazione che l’attuale legge elettorale non permetterà di far scegliere ai cittadini chi premiare e chi punire alle prossime votazioni.

Cala il sipario sulla XVI Legislatura della Repubblica. E alla fine di questo caotico e tumultuoso quinquennio cosa resta?  Cosa hanno prodotto i circa mille tra Deputati e Senatori in questi anni e come ciascuno di essi ha interpretato il proprio ruolo? Sono queste le domande a cui ha cercato di rispondere la terza edizione di Camere Aperte attraverso l’analisi dei dati raccolti da Openpolis sulla vita parlamenare, le sue dinamiche e i suoi attori.

L’analisi "quantitativa" della Legislatura permette così di valutare i comportmenti dei parlamentari nel corso dei due Governi che hanno caratterizzato l’utimo quinquennio: Berlusconi prima e Monti dopo.

La lettura generale è che entrambi i Governi si inseriscono in un percorso politico-istituzionale che, negli ultimi vent’anni, ha visto crescere sempre più il peso degli Esecutivi e l’importanza del loro ruolo rispetto i poteri e le funzioni del Parlamento. A tal punto che è lecito domandarsi se quella italiana sia ancora un Repubblica parlamentare.
Una tendenza che è diventata sempre più marcata con Berlusconi fino ad imporsi definitivamente con Monti, che lanciando l’appello “a far presto” ha chiesto ed ottenuto margini di manovra immensi, impensabili per i suoi predecessori.

La misura di tutto questo viene resa immediatamente dai dati sul procedimento legislativo, ovvero sulle leggi fatte. Delle 387 leggi approvate ben 297 sono di origine governativa (e con un iter di 130 giorni) e solo 90 quelle parlamentari (il cui iter però ha richiesto più di 600 giorni).

Il Governo Monti ha poi utilizzato in maniera sistematica lo strumento del voto di fiducia, percentualmente triplicandone la frequenza rispetto l’Esecutivo Berlusconi.

Ad un parlamento defraudato del suo potere legislativo non è stata neppure riconosciuta la sua funzione di controllo sull’operato del Governo. Interrogazioni e interpellanze di deputati e senatori sono state per lo più ignorate, se il Governo Berlusconi ha risposto poco (39%) il Governo Monti ha fatto decisamente peggio (29%).

Confrontare Berlusconi e Monti vuol dire anche rifarsi alle loro agende politiche e alle priorità che hanno dato ai lavori parlamentari.
Se la cifra riassuntiva può essere “Giustizia” per il primo e “Imprese” per il secondo, possiamo inoltre individuare alcuni argomenti su cui si è registrata in particolare la maggior differenza di interesse fra i due. Mentre Berlusconi ha un saldo positivo su “testamento biologico“, “istruzione” e “immigrazione“, Monti ha invece preferito altri temi, come “rifiuti“, “casa” e “pensioni“.

Al centro del rapporto come, da tradizione, la classifica, ovvero l’elenco dei parlamentari ordinati secondo l’indice di produttività (presenza in aula, presenza alle votazioni, interventi durante l’iter legislativo di ciascun provvedimento), secondo il grado di ribellione (voto in contrasto con l’indicazione del gruppo), secondo la loro propensione a cambiare gruppo o addirittura schieramento, secondo la loro anzianità parlamentare e così via.

Ma non è tutto. Interessante anche l’ogettività del dato che – se c’è volontà politica –  l’iter parlamentare di una legge non è necessariamente lungo, come dimostrano le "leggi lepre" alcune delle quali hanno impiegato poco meno di una settimana per essere proposte ed approvate (la legge "sui referendum" del 2009, o quella "salva liste" nelle regionali 2010).
O ancora da non tralasciare il peso delle assenze al momento del voto in aula. Il Governo Berlusconi, ad esempio, si è "salvato" (ovvero non è andato sotto) in 3.356 casi (una votazione su tre) solo grazie alle assenze tra i parlamentari di opposizione, mentre è stato battuto 95 volte a causa delle assenze dei parlamentari della maggioranza.

Ma al di là di tutto Camere aperte è soprattutto uno strumento per far riflettere sull’importanza dei dati pubblici. "I dati  – si legge nell’introduzione – sono importanti per la democrazia. La loro quantità, qualità, facilità di accesso e diffusione forniscono una misura dell’apertura democratica di una società e la possibilità per i cittadini di esercitare un controllo sul potere, senza il quale non potrà esserci possibilità di recupero di quel minimo di fiducia indispensabile per contrastare la crisi devastante della politica. Ai cittadini spetta usare i dati e le informazioni per chiedere conto, per esercitare un contropotere in grado di limitare la fatale attrazione del potere per l’abuso e la violazione delle regole".

Il rapporto è disponibile qui

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