Dal protocollo informatico a eIDAS, tutti gli obblighi per le PA

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Molte PA non sembrano prossime alla metamorfosi digitale: protocollo informatico, conservazione sostitutiva, fatturazione elettronica e l’adeguamento al regolamento eIDAS solo alcune delle tappe di un percoso sfidante che ha scadenze chiare e precise. Quindi cosa manca a questa grande rivoluzione per la PA digitale? Si direbbe che manchi la PA. Indagheremo a #forumpa2016

12 Maggio 2016

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Paolo Catti, associate partner P4I, Partners4Innovation

La rivoluzione digitale nella PA è ormai alle porte. Un eccesso di ottimismo? No, un dato di fatto: almeno secondo il legislatore, che ha dettato tempi precisi e scadenze chiare, ormai davvero prossime.

Formalmente il protocollo informatico ha aperto le danze: scattato lo scorso 11 ottobre 2015 (come previsto nel DPCM 2013) ha attribuito al Manuale della Gestione Documentale, che dettaglia le regole, le procedure e le modalità per la gestione dei dati digitali nelle PA, una sorta di ruolo da “libro sacro del digitale nella PA”. Alle PA sono stati concessi 18 mesi di tempo ( fino ad agosto 2016… ehi, ma ormai ci siamo!) per adeguarsi: dopo la scadenza saranno obbligate a completare il loro percorso verso la dematerializzazione e dovranno gestire i documenti in formato esclusivamente elettronico. Altrimenti? Altrimenti ai dirigenti non ligi all’obbligo, saranno applicate sanzioni. E il 12 gennaio scorso sono arrivate anche le regole tecniche sui documenti informatici, che abilitano la gestione dei documenti in digitale prevista dal Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD).

Tutto questo accade mentre una serie di tasselli importanti vengono anch’essi messi al loro posto, per definire un intero ecosistema normativo di opportunità digitali: la Conservazione Digitale, la Fatturazione Elettronica , la Ricetta medica Digitale, più recentemente lo SPID – un modello per l’identificazione e l’accesso ai servizi digitali – e il regolamento europeo EIDAS – insieme di importanti “paletti”, oggi a livello infrastrutturale ma che non tarderà a riflettersi anche sul piano applicativo.

Su questi temi si discuterà al convegno in programma a FORUM PA 2016 del 24 maggio pomeriggio “Documenti digitali e firma elettronica alla luce del regolamento eIDAS” . Le iscrizioni sonoaperte.

Tra le basi di questa rivoluzione, un posto d’onore spetta alla Conservazione Digitale a norma: la possibilità di eliminare gli archivi fiscali è stata una tra le più intriganti opportunità offerte dal nostro legislatore a imprese e PA nella direzione della digitalizzazione. Ciò che era necessario, consigliato, opportuno e consolidata prassi conservare in carta, a un certo punto è stato possibile anche mettere in archivi digitali. Potrebbe sembrare un impatto da poco: si liberano alcuni sottoscala e forse si riduce un po’ il costo della carta. E invece l’impatto sostanziale, quello importante, è un altro e va letto “sul processo”: si può finalmente scegliere di gestire l’intero ciclo di vita di un qualsiasi documento in digitale, poiché non serve più stamparlo per conservarlo. Questa apparentemente banale epifania è lì davanti ai nostri occhi: immensa nella sua portata ma difficile da vedere, abituati come siamo ai rassicuranti documenti cartacei. Non ricorda un po’ la rivoluzione Copernicana? Dominante sul vecchio sistema Tolemaico ma davvero difficile da ammettere. Eppure la Conservazione Digitale rappresenta ormai un po’ la “chiave di volta” del cammino verso il digitale di PA e imprese. E proprio con questa consapevolezza, a FORUM PA 2016 verrà affrontato il tema della Conservazione Digitale, all’interno del focus “Conservazionee archiviazione a norma: chiave di volta per una PA senza carta”, previsto mattina del 24 maggio.

Quando un documento comincia a essere gestito in digitale nel suo ciclo di vita, che succede? Succede che può anche cominciare ad assumere forme “eccezionali”. Perché non serve più che “assomigli” a un foglio di carta scritto, anzi: basta che sia leggibile, su uno schermo, come lo è un foglio di carta scritto. E quindi spazio ai formati elettronici strutturati, basati su standard, che consentono interoperabilità tra sistemi diversi perché allineano le regole con cui i sistemi si possono parlare. E consentono di mandare in soffitta diverse attività a nessun valore aggiunto – in particolare quelle di Data Entry. L’esempio più evidente in questa direzione è quello della Fatturazione Elettronica, che avrebbe dovuto stimolare tutte le PA a dotarsi di sistemi informatici per gestire la Fatturazione Elettronica in digitale: workflow approvativi e sistemi di conservazione compresi. Per la verità alcune PA hanno seguito questa strada, preparandosi alla trasformazione digitale, mentre altre, non poche, hanno adattato i processi del mondo cartaceo alla Fattura elettronica, finendo così con il costruire improbabili procedure degeneri, fatte di carta, stampe e frustrazioni. In effetti su questo fronte si può ancora da lavorare.

Obbligata verso la PA, la Fatturazione Elettronica ha anche costretto un numero decisamente considerevole di imprese (i fornitori della PA) a mettere mano al proprio ciclo attivo e introdurre la Fatturazione in formato elettronico strutturato (XML Fattura PA). Molte di queste imprese hanno semplicemente risposto a un obbligo, trovando la soluzione più veloce e meno impegnativa possibile. E tante di queste imprese, va detto, hanno colto pochissimi benefici per ora, e hanno percepito soprattutto i costi che hanno dovuto sostenere. Alcune imprese, invece, hanno rivisto il loro ciclo attivo, lo hanno digitalizzato e unificato, portandolo in conservazione digitale e cogliendo molti benefici, in particolare rispetto alla precedente gestione cartacea. Poche imprese, infine, già da prima della Fatturazione Elettronica verso la PA, avevano processi digitali per la produzione, l’invio e la conservazione del ciclo attivo: in questi casi, l’impatto è stato molto limitato. Tuttavia, proprio tra queste imprese è cominciata a crescere la curiosità su come affrontare in digitale anche il ciclo passivo: intrigante opportunità di efficienza, ora che in circolazione è lecito aspettarsi un crescente numero di Fatture in formato elettronico strutturato (proprio quelle in XML PA). Proprio a sostegno di queste dinamiche, ecco profilarsi all’orizzonte anche gli incentivi improntati alla sburocratizzazione per facilitare la diffusione della Fatturazione Elettronica nel B2b : saranno sufficienti per portare anche le imprese verso relazioni B2b digitali? Ne parleremo sempre a FORUM PA2016 con il focus “La Fatturazione Elettronica B2B” nella mattinata del 24 maggio.

E’ opinione corrente che tutte queste innovazioni potessero essere introdotte anche evitando processi complessi, firme digitali, marche temporali, XML_PA, ecc. E’ una delle critiche che sono state avanzate, anche perché il mondo digitale vive e si nutre di semplicità. E in effetti le procedure digitali introdotte non sono semplicissime. Tuttavia, va detto, stiamo riferendoci a dati che compongono documenti per cui sono in vigore leggi e regole, italiane ed europee, difficili da cancellare con la spugna e riscrivere con la tecnologia (anche se, lo ammetto, a volte sarebbe bellissimo anche solo provarci). Pertanto per rispettare alcuni requisiti fondanti e fondamentali è necessario adottare determinate accortezze. La semplicità, in fondo, non è nelle cose che si fanno ma nel modo in cui si fanno: spetta pertanto ai sistemi cercare di rendere eventuali complessità il più trasparenti possibili agli utenti (i motori di ricerca cercano parole su Internet ed è tutt’altro che semplice farlo; eppure sono facilissimi da usare). Oggi, alcuni sistemi riescono in questo intento, altri meno, altri ancora per nulla. D’accordo, i sistemi più efficaci vanno un po’ cercati per trovare quelli adeguati alle proprie esigenze; ma se accettiamo serenamente che questo approccio del cercare la soluzione più adatta valga già per tante cose – a cominciare dalle più semplici, compresi gli acquisti di commodity – perché scandalizzarsi per applicarlo alla scelta di soluzioni e servizi che abilitano la più grande rivoluzione post-industriale dopo la lampadina, ovvero il digitale? Certo, servono cultura e competenze sul digitale: che se non ci sono è opportuno, utile e doveroso cercare e trovare (e non trascurare).

In estrema sintesi e guardando alla situazione nel suo complesso – regole e tecnologie – lo scenario da tempo annunciato – e quindi previsto – si sta ormai manifestando:

  • il quadro normativo ha prima equiparato il digitale al cartaceo e, da lì in poi, ha cominciato in modo serio a disincentivare il formato cartaceo a favore di quello digitale;
  • i documenti, anche nella PA, dal punto di vista normativo hanno ormai terminato la loro metamorfosi, si sono liberati completamente dal vincolo della carta e oggi richiedono l’adozione di modelli di gestione totalmente digitali;
  • con l’evoluzione delle regole giuridiche è cresciuto anche il ruolo della normazione tecnica, che negli anni in cui si guardava ingenuamente al digitale come a un fenomeno “in procinto di arrivare”, ha lavorato sugli standard utili per garantire interoperabilità e servizi allineati in tutta Europa;
  • la tecnologia è oggi sempre più disponibile, consolidata, affidabile, evoluta e persino “economica”
  • l’atto di moto nel suo complesso risulta obiettivamente orientato alla costruzione di modelli efficienti, funzionali e in grado di abilitare il Mercato Unico Europeo, naturalmente in Digitale.

Non poche di queste importanti evoluzioni digitali erano davvero semplici da prevedere: c’erano leggi che dettavano i tempi e i tempi sono arrivati – a volte con un po’ di ritardo.

Tuttavia, nonostante le evoluzioni tecnologiche e normative a guardare le PA, e provando a farlo un po’ da vicino, ma anche cercando una lettura d’insieme, sembra mancare ancora qualcosa: molte PA – forse la maggioranza – non sembrano prossime alla metamorfosi digitale. Che cosa manca, quindi, a questa grande rivoluzione per la PA digitale? Si direbbe che manchi la PA. Non tutta, capiamoci; ma tanta, tantissima PA sembra ancora lontana dall’essere in procinto di diventare digitale. Quante PA hanno seriamente adattato o meglio ancora ridisegnato i propri processi per introdurre la digitalizzazione dei loro documenti? Quante sanno che questo percorso, tutt’altro che banale, ha scadenze chiare e sfidanti? Quante stanno già usando bene il protocollo informatico? Nel cambio in atto di alcune regole del gioco, per esempio quelle ridefinite dal regolamento europeo eIDAS – che sovrasta le norme nazionali – che cosa è destinato a cambiare, rispetto a oggi? Se regole e tecnologia ormai “ci sono”, che cosa manca?

Alla fine, dopo tanto lavoro per digitalizzare, ora che le scadenze cominciano a essere dietro l’angolo, siamo pronti? In effetti tecnologia e norme, da sole, non possono bastare. Occorre anche che vi sia una maggiore cultura digitale. E serve che questa cultura digitale sia più diffusa e pervasiva, una sorta di forma mentis che non ha bisogno di particolari modelli di governance per attecchire (digitalizzare è un problema della politica? O è un problema delle istituzioni?) ma guarda in modo naturale al digitale come a un modello dominante per ridefinire processi e gestire informazioni: e sarà subito trasformazione.

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