Dalla presenza al dialogo, un passo indispensabile per una PA che vuole essere social e partecipata

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Le amministrazioni sono lontane dall’utilizzo dei social in funzione dell’interazione e dell’engagement dei cittadini. I cittadini sono il valore aggiunto di ogni ente; creano valore, competenze, soluzioni. I social network devono diventare uno strumento abilitante e facilitatore di un nuovo modo di essere pubblica amministrazione, nonché uno strumento di confronto

24 Gennaio 2018

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Daniele Rizzo

Le nuove tecnologie della comunicazione, oltre ad aprire dibattiti sociologici sull’utilizzo delle stesse, sollevano letture dibattimentali sul tema della partecipazione, che in questo periodo non può e non deve essere considerato distinto e distante da quello della cittadinanza digitale. E dunque il minimo comune multiplo tra partecipazione, cittadinanza digitale, democrazia e nuove tecnologie è certamente il mondo dei social network.

Appurata la necessità che le pubbliche amministrazioni hanno di presidiare la rete e assodate le tecnologie che hanno a disposizione, il passaggio successivo che va fatto è quello di capire che la sola presenza non basta, e che i social network sono lo strumento che più di ogni altro può rompere il muro che separa il diritto di cittadinanza dall’esercizio dello stesso. Partecipazione, cittadinanza e democrazia sono fenomeni connessi da sempre ma i cui legami sono andati allentandosi nel corso degli anni, anche a causa di cambiamenti socio-politici. Oggi questi legami hanno con internet la possibilità di rinsaldarsi, ma affinché ciò avvenga serve che chi utilizza questo strumento abbia le conoscenze e le capacità per farlo.

Con i social network le pubbliche amministrazioni possono finalmente riscoprire l’interazione con i cittadini che, seppur sotto la maschera di un username virtuale, possono tornare ad essere cittadini reali. La strada tracciata dalle nuove tecnologie è dunque finalizzata al dialogo. Alcune amministrazioni, così come si evince dal rapporto annuale ICity Rate 2017 (di cui si troverà un approfondimento nella sezione Focus On), hanno già colto l’importanza di questa strategia. Torino, Bologna e Ferrara sono le città che hanno attivato più canali social, Roma e Milano quelle con più fan e follower. Eppure, se rapportiamo il seguito virtuale alla popolazione reale, sembra che siano Venezia, Rimini e Firenze ad aver meglio compreso l’importanza di una comunicazione bidirezionale e relazionale.

Il basso rapporto tra following e follower su Twitter e il divario di numeri tra cittadini reali e virtuali indicano che le amministrazioni sono perlopiù lontane dall’utilizzo dei social in funzione dell’interazione e dell’engagement dei cittadini. La comunicazione pubblica digitale che utilizza i social network non può invece essere solamente unidirezionale e asincrona, ma è necessario che diventi quantomeno bidirezionale e sincrona. Per far ciò possono certamente aiutare le nuove tecnologie, ma non si può prescindere da un ulteriore passaggio, questa volta non tecnologico ma culturale.

Le amministrazioni devono essere consapevoli del fatto che i cittadini non sono solamente portatori di problemi o polemiche: i cittadini sono il valore aggiunto di ogni ente; i cittadini creano valore, competenze, soluzioni. Non bastano quindi gli strumenti a portare novità nelle PA, ma serve fare formazione affinché questa convinzione diventi il pane quotidiano degli amministratori.

I social network devono diventare uno strumento abilitante e facilitatore di un nuovo modo di essere pubblica amministrazione, nonché uno strumento di confronto. Le armi a disposizione per fare questo sono tre, e corrispondono a tre verbi, tre azioni fondamentali necessarie agli amministratori: ascoltare, rispondere, migliorarsi. Che siano domande a cui i cittadini non trovano risposta o proposte che vogliono sottoporre alle amministrazioni, l’ascolto è necessario in entrambi i casi: la PA deve dimostrarsi ricettiva. Alle domande bisogna poi rispondere, mentre le proposte vanno accolte e analizzate. A questo punto, se il processo si è svolto correttamente, le amministrazioni avranno tratto valore in entrambi i casi: rispondendo alle domande avranno creato conoscenza e forse risolto problematiche legate alla fruizione di queste soluzioni; accogliendo le idee dei cittadini potrebbero invece aver trovato delle straordinarie visioni alternative.

Detto questo resta però da chiedersi se i social network attuali e le soluzioni mediali disponibili costituiscano un terreno adatto alla partecipazione online. Come ha evidenziato Fiorella De Cindio, professoressa associata presso il Dipartimento di Informatica e Comunicazione dell’Università degli Studi di Milano, durante il webinar “PartecipaNet: prospettive e strumenti che favoriscono la partecipazione”, promosso da FPA lo scorso settembre, la semplice erogazione di un servizio attraverso la rete non diventa automaticamente sinonimo di partecipazione. Gli sviluppatori informatici che costruiscono piattaforme tendono infatti a considerare i cittadini come utenti, come navigatori, come clienti, e non come cittadini digitali possessori di diritti reali. Questo ha inevitabilmente influito sul comportamento degli enti utilizzatori di tali strumenti, che in alcuni casi hanno erroneamente inteso i social network come alternative al servizio di assistenza clienti o appendici digitali dell’Urp.

Oltretutto piattaforme come Facebook o Twitter rappresentano sì una grande possibilità per ciò che riguarda la promozione di iniziative partecipative, ma anche un grande pericolo: utilizzando questi strumenti si crede di poter contribuire non solo al dibattito pubblico ma anche ai processi decisionali, tuttavia questo rischia di generare false aspettative. Il ruolo del dialogo sui social network va sempre ricondotto nei giusti confini. Per sviluppare una partecipazione reale servono software specifici, spazi in cui sia possibile svolgere dialoghi democratici e consultazioni libere. Fermo restando che la rete e i social network, se orientati al dialogo, costituiscono un incredibile strumento per favorire la partecipazione e quindi la democrazia, basta avvicinarli nella maniera corretta, avendone chiare le potenzialità ma anche i limiti, e soprattutto evitando di mitizzare la democrazia elettronica.

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