Data economy, il successo della strategia europea dipende dalla vitalità del mercato
Con la strategia europea in materia di dati, l’UE mira a creare uno spazio comune dei dati a beneficio delle imprese. Ma perché abbia successo c’è bisogno di un mercato vivo e una società civile altrettanto vivace
25 Febbraio 2020
Sergio Fumagalli
responsabile practice Data Protection, P4I
These trends indicate that the winners of today will not necessarily be the winners of tomorrow. But the sources of competitiveness for the next decades in the data economy are determined now. This is why the EU should act now
Queste parole, estratte dall’introduzione, riassumono bene le ragioni e gli obiettivi della comunicazione sulla politica europea sulla data economy, pubblicata dalla Commissione Europea il 19 febbraio scorso e sottoposta al dibattito delle istituzioni continentali.
La Commissione si è insediata, con qualche fatica, lo scorso dicembre e non è irrilevante che uno dei primi atti consista in un documento di indirizzo sulla data economy. E’ un segno dei tempi, così evidentemente dominati dalla trasformazione digitale degli stili di vita individuali, della politica, delle Istituzioni e dell’economia ma è anche segno della attenzione delle Istituzioni europee e spia della consapevolezza di un ritardo accumulato dalla EU e forse di una velocità insufficiente nel cambiamento.
Le persone al centro
L’essere umano con tutti suoi diritti è al centro della visione della Commissione e questo documento si inserisce in una progressione legislativa che ha affrontato i diversi aspetti della trasformazione digitale che incidono sui diritti e le libertà sanciti dai Trattati: dal GDPR al Regolamento sulla circolazione dei dati non personali, al Cybersecurity act fino alla Direttiva sugli Open Data, oltre a molti interventi settoriali molto rilevanti come quello sui pagamenti.
E’ indubbiamente un approccio diverso sia da quello americano, dove l’intervento legislativo è ridotto al minimo e tutto è lasciato al mercato e al suo dinamismo straordinario, sia da quello cinese dove il ruolo statale a supporto dei grandi operatori è evidente seppure non trasparente e i diritti individuali non appaiono essere una priorità.
La scommessa è appunto che questi valori europei costituiscano una base solida e attrattiva per l’economia digitale che entra nella fase della maturità, dopo un’adolescenza tumultuosa, garantendo la fiducia, la sicurezza e il bilanciamento dei diritti e dei doveri che sono essenziali per la sostenibilità degli investimenti.
E’ quello che è successo con il GDPR, così osteggiato dagli animal spirits del capitalismo digitale Usa in tutta la fase di gestazione per poi guadagnarsi le lodi di Zuckerberg e Tim Cook mentre la California lo prendeva a modello per la propria legge statale sulla privacy. Che succeda di nuovo, però, è tutto da dimostrare.
European data spaces
Nella visione della Commissione la costruzione di un Data Space europeo consentirà alle imprese di rivolgersi a un mercato europeo e non nazionale con i benefici di scala che ne derivano. In effetti, la diversa scala dei mercati domestici americano e cinese è una delle differenze strutturali con cui le imprese europee hanno dovuto fare i conti.
Le difficoltà sono molte e diverse: problemi per l’affermarsi della data economy in generale, come quelli legati agli standard per l’interoperabilità e la qualità dei dati e problemi specifici della realtà europea come il predominio attuale degli attori extra europei nell’infrastruttura cloud, nei servizi connessi e nel controllo che ne deriva sui dati stessi. Infine, la difficoltà concreta per le persone di far valere davvero i loro diritti e mantenere il controllo sui propri dati dovuta all’assenza di modelli e soluzioni in grado di consentirlo davvero.
I quattro pilastri della strategia europea
La strategia della commissione si basano su quattro pilastri, ciascuno ricondotto ad alcune azioni precise per le quali viene anche indicato il tempo di realizzazione:
- un framework trasversale a tutti i settori per il governo dell’uso e dell’accesso ai dati;
- investimenti nel rafforzamento delle infrastrutture e delle capacità europee per l’utilizzo, l’elaborazione e la conservazione dei dati e per l’interoperabilità;
- competenze: empowering degli individui e investimento negli skill e nelle PMI;
- data spaces europei in settori strategici e di pubblico interesse, corredati da legislazioni di settore che ne regolino l’utilizzo
A tutto questo si aggiunge lo sviluppo di un approccio aperto, ma assertivo nei confronti del resto del mondo, nella piena consapevolezza della dimensione globale del problema.
L’attuazione della strategia
La comunicazione della Commissione traccia un disegno articolato e testimonia, anche nei tempi, un’attenzione importante, ma il problema della EU non sta nella incapacità di formulare delle strategie quanto nella capacità di attuarle in tempi adeguati, considerando la complessità dell’architettura istituzionale dell’Unione e le tante spinte centrifughe dei governi nazionali da un lato e la velocità dell’evoluzione del contesto dall’altro.
La valorizzazione dei dati è certamente una sfida importante e forse il campo in cui si confronteranno tutte le tecnologie di punta ed emergenti. E’ un ambito con spazi ancora in parte inesplorati e questo costituisce effettivamente un’opportunità anche perché si tratta di spazi in cui la necessità di regolare di diritti e i doveri delle parti in gioco sarà evidente ed essenziale per la certezza operativa necessaria agli investimenti, che si tratti di tutela dei dati personali, della proprietà intellettuale o delle regole della concorrenza.
Il successo dipenderà da fattori che non sono solo riconducibili alla responsabilità della politica e delle istituzioni, ma anche dalla vitalità del sistema imprenditoriale e della società europea.