Deposito atti giudiziari, ecco perché Spid sarebbe meglio della Pec

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Il modello di accesso e deposito degli atti si basa su
applicativi e servizi acquistabili sul “non
proprio libero mercato” e sulla PEC, rispetto alla quale
restano ancora irrisolti i problemi di conservazione ultra quinquennali e la
limitata capacità di
depositare o trasmettere atti, che a volte si configurano come
big data Nani

30 Maggio 2016

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Michele Gorga, avvocato

In occasione del convegno relativo alla Giustizia Digitale, che si è tenuto a FORUM PA 2016, per le analisi, proposte e valutazione ai fini di un reale cambiamento nella giustizia digitale, le relazioni sul Processo Civile Telematico e sull’avvio del Processo Amministrativo Telematico hanno fatto segnare interessanti sinergie di vedute tra tutti i relatori tanto diversi tra loro per estrazione e responsabilità.

Dall’insieme delle relazioni è emerso che per il PCT è cruciale la problematica dell’infrastruttura che proprio perché prima in Italia ed in Europa, quale informatizzazione di un ramo importante dell’amministrazione pubblica qual è la giustizia, non solo è la più grande esperienza di telelavoro pubblico-privato mai realizzato in Italia , ma è anche uno degli aspetti più critici per la vetustà dell’architettura dell’attuale modello del PCT che comporta il mancato utilizzo delle nuove opportunità tecnologiche, come SPID, dei nuovi applicativi e dei nuovi modelli che già fanno ritenere quelli attuali del PCT del PAT, del PTT e del PT Contabile, appartenenti all’archeologia tecnologica.

Ben poche, ma significative, sono state infatti le variazione dell’architettura iniziale del PCT che dall’originario sistema ad intranet (rete dedicata e sicura; punti di accesso certificati tramite quella che era la PECPT, ossia dedicata per il solo Processo telematico) con la PEC e il libero accesso mediante internet, con gli applicativi di accesso e deposito quali: la firma digitale; atti in PDF nativi, ha spostato l’onere dei costi di accesso, di un servizio fondamentale di uno dei poteri costitutivi dello Stato, dal Ministero della Giustizia sull’avvocatura.

Questo modello che oggi si basa su applicativi e servizi acquistabili sul “non proprio libero mercato”, sull’ inadeguata PEC rispetto alla quale restano ancora irrisolti i problemi di conservazione ultra quinquennali e la limitata capacità rispetto agli atti da depositare o trasmettere che a volte si configurano come big data Nani.

Questo quadro di accertate criticità del PCT non vede, però, nessun colpo di reni da parte del Ministero e ciò nonostante questo sia una fase di piena attività dell’azione di digitalizzazione della P.A., essendo già adesso tecnologicamente e giuridicamente utilizzabile l’accesso tramite SPID, uno dei pilastri di Italia login, sul quale ben lavora l’Agenzia per l’Italia Digitale ed in capo al quale in Ministro potrebbe acquisirne buone pratiche.

Le ID di SPID sono già oggi molto più sicure di tutto gli attuali applicativi e processi di sicurezza in uso per il PCT e con un PIN unico, di terzo livello, ossia del dispositivo contenente tutti gli attributi (Ordine di appartenenza; iscrizione; Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), indirizzo PEC, firma digitale; espansione automatica con acquisizione del numero di ruolo del fascicolo in cui si è costituiti), consentire tramite il semplice l’Upload il deposito di atti anche complessi e Big Data Nani nello spazio claud e quindi l’accesso, il deposito e lo scambio degli atti (con avviso alle altre parti costituite in tempo reale mediante sms o email) e dell’accesso al fascicolo e delle attività compiuta senza gli assurdi della busta telematica e del relativo documento da allegare e delle altre incombenze volte a trasformare l’avvocato, nelle attività di accesso al processo, a mero esecutore di funzioni segretariali.

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