Dinosauri e pragmatici: chi è l’avvocato nell’era digitale

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L’inserimento di studenti, come stagisti, negli studi legali al fine di diffondere proattivamente la cultura digitale e colmare il digital divide è una delle possibilità valutate dagli ordini professionali. Ma può bastare? Alcune considerazioni su come gli avvocati vivono il passaggio al digitale

11 Aprile 2016

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Filippo Papparlardo, Referente Informatico ULOF e membro della Commissione Informatica dell'Ordine degli Avvocati di Milano e Andrea Rossetti, Università degli Studi di Milano-Bicocca

L’efficientamento della giustizia non può prescindere da una struttura al passo con i tempi. La Corte dei Conti ha investito molto nella modernizzazione dei propri sistemi operativi. Con l’emanazione, lo scorso anno, del decreto presidenziale in tema di regole per l’utilizzo delle tecnologie informatizzate, è stato avviato il processo contabile “telematico”, volto ad accelerare i tempi di resa della giustizia e a razionalizzare gli adempimenti procedurali delle parti.

Anche sul versante del controllo, risultano significativi i passi in avanti compiuti: l’attivazione di uno specifico progetto di rimodulazione del sistema informatico del controllo sugli Enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, potrà favorire una più efficiente attività istituzionale della relativa Sezione, attraverso l’acquisizione, per via telematica, dei dati di bilancio degli Enti controllati e di tutta la documentazione correlata.

E’, inoltre, in via di definizione l’adeguamento ai principi dell’armonizzazione contabile dei sistemi informativi che supportano il controllo-referto per la finanza territoriale. Rappresenta, questa, una fase importante del più ampio progetto SMART (Sistema Monitoraggio ARmonizzazione Territoriale), che costituisce una delle prime esperienze di questo tipo a livello europeo e apre nuove prospettive per la semplificazione della trasmissione di dati contabili da parte degli Enti territoriali.

Lo scenario non è però prino di ombre. Normal 0 14 false false false IT /* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name:”Tabella normale”; mso-tstyle-rowband-size:0; mso-tstyle-colband-size:0; mso-style-noshow:yes; mso-style-priority:99; mso-style-parent:””; mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-para-margin:0cm; mso-para-margin-bottom:.0001pt; line-height:115%; mso-pagination:widow-orphan; font-size:10.0pt; mso-bidi-font-size:11.0pt; font-family:”Calibri”,sans-serif; mso-ascii-font-family:Calibri; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Calibri; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-fareast-language:EN-US;}Ecco alcune delle considerazioni e degli spunti di riflessione, dal punto di vista degli utenti-avvocati:

Il ruolo dei collaboratori

Non sono rari i casi in cui gli avvocati non si aggiornano sui sistemi e le modalità d’uso del PCT e utilizzano collaboratori per usare gli strumenti telematici. In alcuni casi gli avvocati non sono più in grado di comprendere cosa fanno e come operano i propri collaboratori.

La favola del tempo

L’avvocato è disilluso sui vantaggi in termini di tempo che il processo telematico può comportare. In realtà, l’automazione dei flussi incide in minima parte sui tempi della procedura con l’unica parziale eccezione dei processi monitori, come il decreto ingiuntivo. Capita che le innegabili difficoltà lato interno Giustizia, comportino la necessità di rinviare le udienze per maggiore approfondimento o, contra legem, per prendere visione di atti pervenuti non corredati della copia di cortesia.

La copia di cortesia

Molti ne parlano, quasi tutti le preparano con grande senso del “dovere”, per poi lamentarsi dell’ulteriore dispendio di energie che bisogna sopportare a fronte di un deposito di atti e documenti che, atto introduttivo a parte, è obbligatorio e valido a tutti gli effetti di legge esclusivamente se presentato telematicamente in formato digitale. Capita spesso di fare una copia per il collega o per il giudice perché, comunque, dal punto di vista culturale, il supporto cartaceo “di cortesia”, è ancora lo strumento per eccellenza tra gli avvocati che hanno superato la gioventù.

La standardizzazione degli atti

E’ ormai diventato consueto studiare, insieme ai magistrati dei diversi Tribunali, metodi di redazione degli atti maggiormente rispondenti alle necessità attuali della procedura e in grado di sfruttare il più possibile i lati positivi che la digitalizzazione della procedure porta con sé. Queste pratiche di razionalizzazione e standardizzazione vengono vissuti dagli avvocati in tre modi diversi: (i) alcuni avvocati, i dinosauri, considerano queste pratiche come una diminutio della professione; (ii) altri avvocati, i pragmatici, sono indifferenti: l’importante è scrivere velocemente un atto che sia corretto, completo ed efficace (iii) altri ancora, emigranti digitali, mettono hyperlink interni all’atto e che puntano ai documenti allegati facilitando in questo modo il lavoro del Giudice.

Il digital divide forense

L’avvocatura, ancora oggi, ha un gap importante da colmare in materia di cultura delle nuove tecnologie, molto di più rispetto ad altri professionisti, da tempo ormai abituati ad utilizzare, spesso de iure, strumenti digitali. Quando si tratta di utilizzare computer, tablet e smartphone insorgono problemi derivanti dalla scarsa conoscenza dei meccanismi e dei concetti di base sul loro funzionamento. L’assistenza tecnica e giuridica fornita dagli Ordini più evoluti o anche quella di base di un singolo fornitore non può colmare questo digital divide: il concetto e il funzionamento del PIN non non sono tipici della firma digitale!

Last but not least: le prassi locali

Questo problema è probabilmente la prima causa di percezione negativa del PCT da parte degli avvocati. Tutti apprezzano la semplicità d’uso degli strumenti, grazie a software sempre più evoluti e collaboratori sempre più efficienti; tutti hanno capito che è l’utilizzo degli strumenti è obbligatorio e lo fanno volentieri, ma nessuno vive con tranquillità un deposito telematico, soprattutto “fuori Foro”, perché sembra di entrare in un campo in cui domina un’aleatorietà che stride con la certezza che l’avvocato deve garantire al suo cliente: in passato, un timbro di “Depositato” apposto con inchiostro indelebile su di un solido pezzo di carta dava prova inoppugnabile di aver fatto tutto ciò che era formalmente necessario alla felicità dell’atto. Lo sappiamo che sui grandi numeri il processo telematico ha dato ormai prova di reggere, generalmente, ritmi molto sostenuti; insomma solitamente va tutto bene. Ma la legge di Murphy è sempre in agguato: è il deposito dell’atto per il cliente più importante (solo uno dei moltissimi prodotti ogni anno), quello la cui accettazione non avviene tempestivamente; o forse, se il Foro non è uno di quelli che frequentiamo abitualmente, si è incappati in una prassi locale che non si conosce. Infatti se da una parte le prassi locali, generate dal confronto avvocati, cancellieri e magistrati di un singolo Foro, sono strumenti che rendono fluido il percorso degli atti per coloro che non le conoscono sono fonte di legittima preoccupazione.

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