E’ tempo di una grande alleanza pubblico-privata per guidare l’innovazione in Italia

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E’ evidente la necessità per i diversi operatori, dentro e fuori il
settore ICT, di proporsi in forti gruppi per riuscire a riprendere i
fondi dedicati al nostro Paese, fondi a cui, negli ultimi anni, non
riusciamo ad accedere adeguatamente

11 Gennaio 2016

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Mario Frullone, Direttore delle Ricerche presso Fondazione Ugo Bordoni

Ci sono oggi nel mondo tre formidabili spinte industriali che modificheranno in pochi anni il nostro stile di vita e molti degli attuali modelli di business. Internet delle Cose, i Big Data e l’evoluzione delle architetture delle reti, includendo in quest’ultima anche il concetto del 5G, che non è solamente una tecnologia più veloce delle precedenti, ma pone la propria sfida più complessa nella “latenza di un millisecondo”. E per capire a fondo queste tre spinte bisognerebbe analizzare anche le relative mutue interazioni tra loro: si pensi, ad esempio, a come Internet delle cose e Big Data si alimentino mutuamente, amplificando reciprocamente le proprie potenzialità dirompenti.

Gli effetti si ripercuoteranno su tutti i settori industriali, sarà un cambiamento formidabile e rapido, analogo a quello che abbiamo vissuto negli anni ’90 con l’introduzione della telefonia cellulare e del paradigma di Internet.

Ci stiamo preparando adeguatamente, come Paese, a reggere a queste spinte?

La Fondazione Ugo Bordoni prova a svolgere un difficile ruolo di stimolo ed indirizzo, costituendo ormai uno dei pochi enti di ricerca, studio e approfondimento scientifico di alto livello in Italia, specializzati nel settore delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni.

Il modello operativo è nuovo e in fase di consolidamento. E’ dal 2008, infatti, che la Fondazione non si giova più di contributi pubblici strutturali, traendo le proprie risorse economiche da specifiche commesse, a fronte di collaborazioni e prestazioni tecnico-scientifiche commissionate, prevalentemente, da istituzioni pubbliche.

Secondo questo modello operativo, la Fondazione sviluppa la propria mission secondo due linee: da un lato, le attività di ricerca nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, dall’altro attività operative finalizzate a specifiche commesse. La ricerca ha un’importanza decisiva per il mantenimento e l’aggiornamento costante di un livello di competenza atto a garantire le caratteristiche di alto riferimento scientifico e di multidisciplinarietà su cui si fonda ogni attività su commessa. Per questo modello è fondamentale il capitale umano, vero asset della fondazione.

Un esempio di stretta attualità può chiarire meglio il concetto. La Fondazione ha svolto negli ultimi anni il ruolo di advisor per le aste sulle frequenze – come quelle del 4G, del WLL o della banda L – e nel frattempo ha approfondito le tematiche dell’uso condiviso dello spettro radioelettrico, in stretto contatto con Ministero dello Sviluppo economico, Autorità per le Comunicazioni e Unione Europea. Ciò ha contribuito a preparare la strada per un uso più efficiente delle frequenze come quello previsto dalla innovativa, recente delibera sulla banda 3.6-3.8 GHz, che pone l’Italia come primo paese a realizzare concretamente uno schema di condivisione dello spettro radioelettrico.

In aggiunta alle competenze relative alla gestione dello spettro la Fondazione studia l’evoluzione delle Reti di Nuova Generazione, i processi di digitalizzazione in atto nel Paese, l’analisi delle problematiche inerenti i temi delle Smart Grid, dei Big Data, del Cloud, dell’efficienza e della sicurezza delle reti, comprese quelle di distribuzione.

Ma ritorniamo alla domanda iniziale. Il paese si sta preparando adeguatamente alle trasformazioni tecnologiche in arrivo? Si può fare di meglio. Occorre certamente tendere ad un quadro nazionale più unitario. In Horizon 2020, il programma di ricerca finanziato dalla Unione Europea, abbiamo assistito finora ad una partecipazione frammentaria ai diversi progetti, con una conseguente riduzione delle statistiche di successo rispetto al Settimo Programma Quadro. Questo è un errore che dovremmo cercare di non ripetere nei confronti dei nuovi progetti pilota che l’UE lancerà sull’Internet delle Cose. E’ evidente la necessità per i diversi operatori, dentro e fuori il settore ICT, di proporsi in forti gruppi per riuscire a riprendere i fondi dedicati al nostro Paese, fondi a cui, negli ultimi anni, non riusciamo ad accedere adeguatamente.

In questo senso, la Fondazione vorrebbe promuovere iniziative in partnership tra pubblico e privato, come l’accordo multilaterale firmato proprio pochi giorni fa in Spagna tra il principale operatore tlc, alcune industrie, associazioni industriali e i Ministeri dell’Industria e dell’Educazione spagnoli per supportare lo sviluppo di tecnologie 5G. In questo caso ci hanno preceduto, cogliendo l’importanza delle iniziative nazionali, seppure nel contesto ovviamente globale. E in quest’ottica, la Fondazione ritiene che l’Italia debba favorire maggiori collegamenti tra i nostri operatori ICT e fra questi ed altri settori industriali, ognuno con le proprie peculiarità nazionali, e in particolare con quelli caratterizzati dal maggior tasso di creatività e di valori immateriali.

La Fondazione intende perciò lavorare all’idea di un 5G Lab italiano, in assonanza con le analoghe iniziative intraprese da altri paesi europei, quali, oltre alla già citata Spagna, la Germania, con il 5Glab di Dresda, e soprattutto l’Inghilterra, con il 5G Innovation Center. L’iniziativa vuole incoraggiare al coordinamento tutti i soggetti istituzionali, industriali ed accademici al fine di esporre le competenze e le capacità italiane nel più ampio contesto europeo, disponendo di una massa critica e di una strategia per quanto possibile comune. Inoltre, il 5G Lab potrebbe porsi, in modo più preciso rispetto alle analoghe iniziative europee, come punto di raccordo, all’interno di diverse filiere industriali, fra i corrispondenti attori a livello nazionale di quel settore e quelli del mondo ICT, al fine di elaborare soluzioni innovative e d’avanguardia che trovino nel 5G una piena potenzialità di realizzazione ed al contempo offrano lo spunto alla creatività italiana per fecondare mercati verticali con competenze scientifiche e tecniche di elevato livello.

Non sarà facile, ma vale la pena tentare.

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