Ecco il CAD 2.0. Pubblicate in Gazzetta Ufficiale le nuove norme per la digitalizzazione della PA italiana.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 6 del 10 gennaio 2011 è stato pubblicato il Decreto Legislativo 30 dicembre 2010, n. 235; si tratta del provvedimento che ha concluso il travagliato iter di riforma del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), modificando il testo vigente del Decreto Legislativo n. 82/2005.
11 Gennaio 2011
Ernesto Belisario*
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 6 del 10 gennaio 2011 è stato pubblicato il Decreto Legislativo 30 dicembre 2010, n. 235; si tratta del provvedimento che ha concluso il travagliato iter di riforma del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), modificando il testo vigente del Decreto Legislativo n. 82/2005.
Perché servivano nuove norme? Le ragioni della riforma
Il CAD rappresentò il tentativo di dotare l’Italia di strumenti giuridici all’avanguardia rispetto a quelli vigenti negli altri Paesi; il Legislatore decise, infatti, di imporre normativamente l’innovazione, rendendo obbligatorio l’uso delle nuove tecnologie negli Uffici Pubblici, riconoscendo a cittadini e imprese alcuni importantissimi diritti (come quello di usare la posta elettronica nelle comunicazioni con la PA) ed introducendo alcuni principi assai innovativi (come quello di rendere disponibili tutti i dati pubblici in modalità digitale).
Tuttavia, questa “magna charta dell’Amministrazione Digitale” è stata sostanzialmente disapplicata da gran parte delle Amministrazioni (soprattutto locali) che, quindi, non ha saputo cogliere le incredibili opportunità in termini di aumento di efficienza e migliore allocazione delle risorse; neanche i cittadini (probabilmente perché inconsapevoli) si sono attivati per far rispettare i nuovi diritti che, se effettivi, avrebbero potuto migliorare la loro qualità della vita.
A ciò si aggiunga la rapidissima evoluzione delle tecnologie che ha fatto si che il Codice divenisse obsoleto senza essere stato davvero applicato.
Per questo motivo, appare particolarmente giusta ed azzeccata la scelta del Governo di mettere mano al quadro normativo in materia di e-government: senza nuove regole non è pensabile una (nuova) Amministrazione Digitale.
Cosa cambierà? I principi della riforma
Le parole-chiave delle nuove norme sono le stesse del piano e-Government 2012 e della c.d. “riforma Brunetta” (D. Lgs. n. 150/2009): efficienza, trasparenza, controllo dei risultati, abbandono del cartaceo per il digitale.
La riforma del CAD ha l’obiettivo di assicurare che, questa volta, le disposizioni in materia di PA digitale siano effettive e che vengano assicurati i vantaggi:
- a) ai cittadini e alle imprese: attraverso la semplificazione delle relazioni con gli Uffici e la riduzione dei tempi dei procedimenti;
- b) agli Enti: grazie alla maggiore efficacia dell’azione amministrativa e alla riduzione dei costi determinata dall’uso delle tecnologie.
Si tratta di traguardi di lungo periodo che la riforma del Codice dell’Amministrazione Digitale cerca di perseguire attraverso una rivisitazione delle norme in materia di firma digitale e documento informatico ed enfatizzando maggiormente alcuni obblighi già presenti nel D. Lgs. n. 82/2005.
La riforma, attesa da tempo, è un passaggio di decisiva importanza per l’innovazione del nostro Paese e nelle prossime settimane le Amministrazioni, gli addetti ai lavori – ma anche semplici cittadini e imprese – saranno chiamati a confrontarsi con i ben 57 articoli del Decreto Legislativo n. 235/2010 per comprendere la reale portata delle nuove disposizioni.
Tra le tante novità introdotte dal D. Lgs. n. 235/2010 si ritiene opportuno evidenziare:
- 1) ORGANIZZAZIONE INTERNA – Non può esservi vera innovazione senza reingegnerizzazione dei processi; per questo le PA centrali saranno obbligate ad istituire un ufficio unico responsabile delle attività ICT e tutti gli Enti dovranno inserire la digitalizzazione e l’attuazione del CAD tra gli obiettivi per la valutazione dei risultati.
L’introduzione delle nuove tecnologie diventa poi obbligatoria nella gestione dei procedimenti amministrativi (con l’espresso obbligo di protocollare la posta elettronica certificata e di creare il fascicolo elettronico del procedimento). - 2) RAPPORTI CON CITTADINI E IMPRESE – Gli Enti dovranno utilizzare le comunicazioni cartacee solo quando sia impossibile utilizzare quelle telematiche (soprattutto via Posta Elettronica Certificata); ogni Amministrazione dovrà poi consentire a cittadini ed imprese i pagamenti informatici e l’inoltro di istanze per via telematica.
Gli Enti dovranno curare maggiormente i contenuti dei propri siti Web, che diventano sempre più il vero front-office; molto importante, a riguardo, la disposizione che prevede che le PA promuovano progetti volti alla diffusione e al riutilizzo dei dati pubblici: si tratta della prima norma nazionale in materia di Open Data. - 3) SICUREZZA INFORMATICA – Alla luce delle previsioni appena illustrate, il digitale diventerà la regola ed il cartaceo l’eccezione; di conseguenza, le Amministrazioni dovranno – necessariamente – dedicare sempre maggiore attenzione alla sicurezza dei dati e alla privacy dei cittadini (ad esempio, predisponendo piani per garantire la continuità operativa anche in caso di disastri).
- 4) FIRME ELETTRONICHE E CONSERVAZIONE DOCUMENTALE – E’ previsto un incremento delle tipologie di firma, che passano da tre a quattro con l’introduzione dell’istituto della firma elettronica avanzata; viene poi effettuata la distinzione tra copia informatica e duplicato informatico e viene introdotta la figura dei Conservatori (pubblici e privati) accreditati presso DigitPA.
Nuove norme, vecchi errori? Le criticità della riforma
Nonostante le finalità perseguite dal Governo siano pienamente condivisibili ed encomiabili, le soluzioni appaiono spesso timide (è il caso del nuovo art. 52, comma 1-bis in materia di Open Data) e contraddittorie (come il regime parzialmente derogatorio previsto per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Amministrazione finanziaria dal nuovo art. 2, comma 6).
Altra grave pecca del provvedimento in esame è rappresentata dal fatto che l’attuazione delle disposizioni introdotte non dovrebbe generare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; tale previsione potrebbe minare l’intera riforma: non può esistere vera innovazione senza investimenti (in tecnologie e in formazione soprattutto)! Non bisogna, infine, sottovalutare la circostanza per cui l’operatività di molte norme è rinviata all’adozione delle apposite regole tecniche; troppo spesso, infatti, il termine per l’adozione di queste non viene rispettato, paralizzando – di fatto – l’entrata a regime della rivoluzione telematica (basti pensare a quanto già accaduto con le regole tecniche del CAD del 2005, oppure al caso delle regole in materia di fatturazione elettronica).
La pubblicazione del nuovo CAD, quindi, rappresenta l’inizio di una nuova sfida:
- per il Governo, chiamato alla tempestiva adozione delle regole tecniche ed alla vigilanza sull’effettiva attuazione del CAD;
- per le Amministrazioni, che dovranno confrontarsi con obblighi vecchi e nuovi per evitare sanzioni e responsabilità ed essere più efficienti nell’erogazione dei servizi;
- per cittadini e imprese, chiamati a prendere consapevolezza dei propri diritti digitali.
* Ernesto Belisario è avvocato ed esperto di diritto delle nuove tecnologie http://blog.ernestobelisario.eu